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Normativa e prassi

Da Cipro a Dubai, il tragitto porta dritto in "paradiso"

Negata la disapplicazione della disciplina cfc a una società in relazione a una sua collegata con sede legale nell'isola del mediterraneo e stabile organizzazione negli Emirati Arabi Uniti

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Nel caso di un soggetto residente che detiene una partecipazione in una società che ha sia la sede legale sia la stabile organizzazione localizzate in un Paese a fiscalità privilegiata, la disapplicazione della normativa cfc in base alla prima esimente può essere concessa solo se è dimostrato che entrambe le strutture svolgono un'effettiva attività commerciale o industriale nel luogo in cui sono localizzate. Il principio, affermato con la risoluzione 388/2002, è estendibile anche alle ipotesi di collegamento. Lo ha precisato l'agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 187/E del 5 maggio.
Il documento con il quale l'Amministrazione ha negato, al contempo, a un società, in relazione a una sua collegata con sede legale a Cipro e stabile organizzazione a Dubai, la possibilità di far ricorso alla lettera b) dell'articolo 167, comma 5, del Tuir (la cosiddetta "seconda esimente"), in una fattispecie, quella esaminata, non direttamente riconducibile né a quelle elencate espressamente dal Dm 7 ottobre 2006, n. 268, né a quelle ulteriori ammesse, in linea di principio, dalla risoluzione 63/2007.

La fattispecie
La società istante fa parte, assieme a una società svizzera e a una francese, della joint venture che si è aggiudicata un contratto di appalto per la costruzione di parte della nuova metropolitana sopraelevata di Dubai.
Conformemente al contratto di joint venture e a quello di appalto, i tre membri della joint venture hanno costituito una società ad hoc, alla quale partecipano in maniera paritaria e il cui oggetto sociale consiste esclusivamente nello svolgimento dei lavori necessari al fine di completare la commessa. Il contratto di appalto, in particolare, richiedeva che lo svolgimento dei lavori fosse affidato a un'autonoma società costituita secondo il diritto degli Emirati Arabi Uniti, oppure a una "branch" di una società estera, ma dotata di tutti i permessi necessari all'effettuazione dei lavori a Dubai. Poiché la legislazione degli Emirati non consente la costituzione di società interamente partecipate da stranieri, i soci hanno optato per la costituzione di una società estera, con branch registrata a Dubai. La sede legale della società è stata fissata, nonostante l'opposizione del socio italiano, a Cipro, a causa dei legami che l'isola presenta tanto con la Ue quanto con i Paesi arabi.

Il problema fiscale
Sia Cipro sia gli Emirati Arabi Uniti sono Stati considerati a fiscalità privilegiata, perlomeno relativamente al tipo di società alle quali fa riferimento la fattispecie.
In capo al socio italiano, titolare del 33,33% del diritto agli utili prodotti dalla società cipriota, risulta dunque applicabile la disciplina cfc e, in particolare, la disciplina prevista dall'articolo 168 del Tuir per le società estere collegate.
Di conseguenza, l'istante ha presentato istanza di interpello per ottenere la disapplicazione della normativa cfc, che, a suo avviso, era possibile sia in base alla "prima esimente", sia in base alla "seconda esimente".

L'insussistenza delle condizioni per la "prima esimente"
In base alla lettera a) dell'articolo 167, comma 5, del Tuir, la disciplina cfc può essere disapplicata quando il soggetto residente dimostri che la partecipata estera svolge, in via principale, un'effettiva attività industriale o commerciale nel luogo in cui ha sede (cosiddetta "prima esimente").
In passato, tuttavia, l'Amministrazione finanziaria ha precisato che, nel caso in cui il soggetto residente detiene una partecipazione in una società che ha sia la sede legale sia la stabile organizzazione localizzate in un Paese a fiscalità privilegiata, la disapplicazione della normativa cfc in base alla prima esimente può essere concessa solo a condizione che l'istante dimostri che entrambe le strutture svolgono un'effettiva attività commerciale o industriale nel luogo in cui sono localizzate (risoluzione 388/2002).

Nel caso di specie, l'Amministrazione non ha avuto difficoltà a riconoscere, sulla base della documentazione presentata, che la branch di Dubai svolge, come attività principale, un'effettiva attività economica negli Emirati Arabi Uniti. La branch, infatti, gestisce attivamente il cantiere per la costruzione delle strutture portanti della metropolitana leggera.
La struttura organizzativa presente a Cipro, tuttavia, è apparsa meramente embrionale e, pertanto, non idonea a dimostrare lo svolgimento, in loco, di una attività gestionale e decisionale rilevante, continuativa ed effettiva e, pertanto, idonea a consentire la disapplicazione della normativa cfc in base alla seconda esimente.

Si conferma, così, seppure implicitamente, che i principi affermati con riferimento alle ipotesi di controllo disciplinate dall'articolo 167 del Tuir si estendono, in linea di massima, anche alle fattispecie di collegamento che ricadono nell'ambito di applicazione del successivo articolo 168.

Le condizioni richieste per la "seconda esimente"
In base alla lettera b) dell'articolo 167, comma 5, del Tuir, la disciplina cfc può essere disapplicata quando il soggetto residente dimostri che dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in un Paese a fiscalità privilegiata.
Nei decreti di attuazione degli articoli 167 e 168 sono individuate espressamente alcune ipotesi che consentono la disapplicazione della normativa cfc in base alla lettera b) (si tratta, rispettivamente, dell'articolo 5, comma 3, del Dm 429/2001, e dell'articolo 5, comma 1, del Dm 268/2006).

Con la risoluzione 63/2007, tuttavia, è stato affermato che questi elenchi sono esemplificativi e non individuano tutte le circostanze che possono integrare la prova richiesta a fini della seconda esimente.
L'Agenzia, di conseguenza, si è riservata la possibilità che, a seguito di una valutazione complessiva delle peculiarità di determinate fattispecie, vengano individuate ipotesi ulteriori che soddisfano le condizioni richieste dalla citata lettera b) e consentono la disapplicazione della normativa cfc.
Nella risoluzione 63/2007, in particolare, era stata riconosciuta la sussistenza della seconda esimente in un'ipotesi in cui i redditi della società black list subivano un livello congruo di tassazione in capo alla società estera interposta nella catena societaria, non residente in un Paese a fiscalità privilegiata, e venivano regolarmente distribuiti alla controllante italiana.

Senza società interposta non c'è disapplicazione
Nel caso oggetto della risoluzione in esame, la richiesta della seconda esimente rappresentava, con tutta probabilità, un tentativo di superare l'impasse derivante dalla risoluzione 388/2002. Per l'istante, in particolare, la sostanziale meritevolezza della fattispecie emergeva chiaramente dal quadro normativo e contrattuale, che l'istante - titolare di una partecipazione di collegamento e non di controllo - subiva con scarsi margini di intervento. L'obbligo di distribuzione annuale degli utili assunto dalla controllata estera, inoltre, testimoniava l'assenza di intenti elusivi della costruzione societaria.

Per l'agenzia delle Entrate, tuttavia, la fattispecie esaminata non presenta gli elementi che hanno reso possibile la disapplicazione della normativa cfc nel caso analizzato dalla risoluzione 63/2007 e, in particolare, l'interposizione, tra il soggetto residente e il soggetto localizzato nel paradiso fiscale, di una società residente in un Paese a fiscalità ordinaria. Secondo l'Agenzia, infatti, la partecipazione diretta dell'istante nella società localizzata in un paradiso fiscale esclude che i redditi prodotti all'estero siano "tassati almeno una volta in misura congrua" prima di essere percepiti da un soggetto residente. In mancanza di una società interposta residente in un Paese "buono", pertanto, non si può affermare che la detenzione di partecipazioni in una società black list non consegue l'effetto di localizzare gli utili in Paesi a fiscalità privilegiata.

L'eccezionalità della risoluzione 63/2007
Il documento di prassi conferma che la risoluzione 63/2007 costituisce un'apertura alle esigenze di valutazione sostanziale della struttura societaria sottese alla disapplicazione della disciplina cfc, ma non consente certo una applicazione lasca della lettera b), che continua a essere basata sulla effettiva localizzazione dei redditi prodotti da società black list.
La disciplina cfc, infatti, ha un duplice scopo: evitare che i redditi esteri arrivino in Italia senza aver scontato un'imposizione congrua all'estero e impedire che la sottoposizione dei medesimi redditi a tassazione in Italia sia differita sine die. Ne consegue che, ai fini della disapplicazione cfc, non è sufficiente la mera dimostrazione che i redditi esteri scontino un'aliquota congrua (cfr risoluzione 262/2007), né la mera garanzia del rimpatrio degli utili (come nel caso in esame, in cui la società estera era vincolata a distribuire anno per anno gli utili prodotti).

Seconda esimente e dividendi black list
È fondamentale evidenziare, infine, che il riconoscimento, nel caso di specie, della seconda esimente avrebbe comportato anche la disapplicazione dell'articolo 89, comma 3, del Tuir, in base al quale gli utili provenienti da società black list sono integralmente assoggettati a tassazione in capo al soggetto residente che li riceve.
Questo risultato sarebbe stato distorsivo, in quanto la detassazione degli utili di fonte estera presuppone implicitamente che i medesimi scontino, prima di arrivare al socio italiano, una congrua tassazione.
D'altra parte, anche accogliendo la ricostruzione del contribuente - dalla quale sembra emergere che la ragione sostanziale dell'investimento all'estero è la realizzazione della commessa di Dubai, e che la localizzazione della sede legale a Cipro è dovuta a ragioni estrinseche, comunque non riconducibili alla volontà del socio italiano -, la detassazione dei dividendi provenienti da Cipro, conseguente al riconoscimento della seconda esimente, avrebbe costituito un vantaggio indebito: in caso di investimento diretto a Dubai, infatti, la società avrebbe potuto ottenere la disapplicazione della normativa cfc in base alla prima esimente, ma non certo in base alla seconda.
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