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Normativa e prassi

Compensi di varia "natura" per i commissari ad acta

Le somme loro corrisposte sono attratte fra i redditi assimilati al lavoro dipendente purchè il percipiente non sia un professionista o un imprenditore

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I compensi percepiti dai commissari ad acta nominati dalle Commissioni tributarie in sede di giudizio di ottemperanza (articolo 70 del Dlgs 546/1992) sono qualificabili redditi assimilati al lavoro dipendente, tranne nel caso in cui i soggetti che li percepiscono siano professionisti o imprenditori.
Queste le conclusioni cui è pervenuta l'agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 88/E del 12 marzo 2008.

La questione trae origine dal fatto che alcuni commissari, nominati tra il personale amministrativo delle commissioni tributarie, ritenevano di non essere tenuti, in relazione alla percezione dei compensi in questione, all'iscrizione alla cassa separata Inps, prevista per i lavoratori autonomi occasionali nel caso in cui il reddito derivante dalla loro attività superi l'importo di 5mila euro.
Secondo i commissari, difatti, le somme loro corrisposte rientrano fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, in analogia ai compensi percepiti dai giudici tributari.

Il giudizio di ottemperanza ha la finalità di assicurare che la Pubblica Amministrazione assolva l'obbligo di conformarsi al giudicato per quanto riguarda il caso deciso in sentenza. Lo strumento può essere pertanto esperito dal contribuente vittorioso.
Il Dlgs 546/1992, nell'ambito della riforma del processo tributario, ha introdotto, sul modello di quello previsto dalla normativa in materia di giustizia amministrativa, il giudizio di ottemperanza, rispetto al quale sono competenti a decidere le Commissioni tributarie medesime.
Ciò rappresenta una novità in quanto, prima della riforma del 1992, nel processo tributario tale rimedio non era contemplato e, pertanto, l'ammissibilità del giudizio di ottemperanza e la eventuale competenza a decidere sullo stesso erano controverse. Il rimedio trovava, perciò, ingresso nell'ambito del processo tributario solo attraverso l'interpretazione giurisprudenziale.

L'agenzia delle Entrate ha innanzitutto evidenziato che l'articolo 70 attribuisce alle Commissioni tributarie il potere di sostituirsi all'Amministrazione inerte nell'adozione dei provvedimenti necessari a dare attuazione al giudicato. Le Commissioni possono intervenire direttamente oppure delegando un proprio componente o, appunto, un commissario ad acta.
Quest'ultimo, derivando i suoi poteri dal giudice dell'ottemperanza, è un suo ausiliario e i suoi atti, secondo consolidata giurisprudenza, hanno natura giurisdizionale.
Inoltre, per quanto riguarda l'onorario, le indennità, le spese di viaggio e quelle sostenute per l'adempimento dell'incarico, l'articolo 57 del Testo unico in materia di spese di giustizia stabilisce che trova applicazione la disciplina prevista per gli ausiliari del magistrato.

Sulla base di ciò, con la risoluzione 88/2008 è stato chiarito che ai compensi ricevuti dai commissari ad acta nominati dai giudici tributari si applica la disposizione contenuta nell'articolo 50, prima parte della lettera f), del Tuir, secondo cui costituiscono redditi assimilati a quello di lavoro dipendente le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, sempre che le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano abitualmente un'arte o una professione. In questa ultima evenienza, infatti, il relativo reddito viene attratto ai fini tributari nella categoria dei redditi di lavoro autonomo o d'impresa.
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