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Normativa e prassi

Concordato preventivo, per l'omologazione registro al 3 per cento

Gli effetti obbligatori a contenuto economico espressi dal decreto comportano l'applicazione dell'imposta in misura proporzionale

martelletto
Il decreto di omologazione del concordato preventivo deve essere tassato applicando l'imposta di registro in misura proporzionale (3 per cento), in considerazione della situazione soggettiva attiva di natura patrimoniale, che prescinde da antecedenti vincoli obbligazionari tra l'imprenditore e i creditori. Ovviamente, per il principio di alternatività Iva/Registro, sarà invece dovuta in misura fissa relativamente alle disposizioni del provvedimento relative al pagamento di corrispettivi per cessioni di beni o prestazioni di servizi rientranti nell'ambito di applicazione Iva.

Questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione n. 28/E del 31 gennaio resa in risposta a un'istanza di interpello con la quale un contribuente solleva dubbi interpretativi sul corretto regime di tassazione conseguente all'atto di omologazione del concordato preventivo.
Adducendo di aver ottenuto una prima ammissione formale alla procedura di concordato preventivo e un successivo provvedimento di omologazione da parte dell'Autorità giudiziaria, l'interpellante, invocando la diversa natura giuridica (sentenza e decreto) dei due provvedimenti di omologa, chiede se l'imposta di registro debba essere liquidata in misura fissa ovvero in misura proporzionale.
L'interrogativo che motiva la proposizione del quesito nasce dalla necessità di stabilire il rapporto che intercorre tra le norme (l'applicazione dell'articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) e la giurisprudenza della Cassazione (sentenza 10352/2007), in base alla quale il decreto di omologazione del concordato preventivo deve essere registrato, applicando l'imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera g), Tariffa, parte prima, del Tur, e non, come ritenuto in precedenza, l'imposta in misura proporzionale.

La risoluzione dell'agenzia delle Entrate, ripercorrendo l'iter logico attraverso il quale le disposizioni che si succedono nel tempo si pongono in rapporto di relazione, dipana le perplessità opposte dal contribuente precisando che l'applicazione dell'imposta di registro è calcolata in base alla situazione soggettiva attiva di natura patrimoniale consequenziale al decreto di omologa, ossia al provvedimento che, definendo il procedimento concordatario, perimetra l'obbligatorietà degli effetti a una situazione soggettiva nuova non diretta a presidiare gli originari diritti sostanziali di credito.
La tesi conferma un orientamento consolidato (circolare 35/1991) che ha trovato, nel tempo, conforto giurisprudenziale nelle pronunce della Suprema corte (sentenze 681/1986, 5769/1990, 18435/2005).

Ma il quesito fornisce anche lo spunto per chiarire al contribuente la natura che riveste il decreto di omologazione del concordato preventivo alla luce della recente riforma del diritto fallimentare affinché possano essere meglio compresi i riflessi che questa ha comportato in ordine al regime tributario cui assoggettare il relativo provvedimento.
La risoluzione, infatti, precisa che, con l'entrata in vigore del Dlgs 5/2006, è stata completata la riforma del diritto fallimentare e che il Dl 35/2005 ("decreto competitività"), entrato in vigore il 17 marzo 2005, ha trovato applicazione per tutti i procedimenti pendenti e non ancora omologati a tale data.
La prima importante novità introdotta è rappresentata dal fatto che il nuovo concordato prende avvio quando l'imprenditore versi in uno "stato di crisi", anziché di insolvenza, come era invece previsto dalla disciplina previgente. Il Tribunale deve verificare l'ammissibilità alla procedura di concordato preventivo, valutando determinati requisiti, quali la natura di imprenditore del soggetto che intende avvalersi della procedura in esame; che lo stesso versi in "stato di crisi"; che egli abbia difficoltà finanziarie e patrimoniali non così gravi da dichiararne il fallimento.
Invero, la domanda di concordato preventivo può anche essere dichiarata inammissibile e il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, all'esito del procedimento di verifica può dichiarare il fallimento del debitore, qualora, ovviamente, ricorrano i presupposti di legge.

Deve ritenersi, dunque, che la procedura di ammissione al concordato preventivo da parte del Tribunale non può intendersi come limitata a un mero controllo di regolarità formale in quanto essa si estende necessariamente anche al merito, involgendo l'idoneità della proposta di accordo intervenuta tra il soggetto in stato di crisi e i suoi creditori (ex plurimis, Tribunale di Bari 7/11/2005, Tribunale di Monza 16/10/2005, Tribunale di Treviso 15/07/2005) al fine di riconoscerne l'ammissibilità.
Nel giudizio di omologazione, l'autorità giudiziaria deve, infatti, verificare:

 

  • le condizioni di ammissibilità (ossia la presenza delle situazioni economico - finanziarie che ne motivano la realizzabilità) del concordato
  • la regolarità della procedura
  • il raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla legge.

Il concordato preventivo è, dunque, un procedimento concorsuale avente natura complessa che culmina nell'emanazione del decreto di omologazione che ha ovviamente efficacia costitutiva.
Trova, quindi conferma la tesi sostenuta dall'Amministrazione con la circolare 35/1991, con la quale venne precisato che l'omologazione non è "...un mero momento di controllo rispetto all'autonomia espressa nel patto concordatario, ma un atto giurisdizionale autoritativo, che concludendo una complessa procedura, realizza per forza propria l'effetto generale dell'obbligatorietà del concordato, in quanto trasforma in obbligo giuridico, vincolante per l'imprenditore e tutti i creditori -anche quelli dissenzienti - la proposta originaria".

Il presupposto per l'assoggettamento dell'atto a imposta proporzionale di registro va ricercato, pertanto, nella peculiare natura giuridica del decreto.
Parimenti - si legge ancora nella risoluzione 28/2008 - deve ritenersi attuale l'orientamento che individua nel provvedimento giudiziario di omologazione del concordato l'atto conclusivo di un procedimento giurisdizionale di per sé produttivo di effetti obbligatori a contenuto economico (ex pluribus, Cassazione 681/1986, Cassazione 5769/1990, Cassazione 18435/2005).
Infatti, nel decreto di omologazione, come nella precedente sentenza di omologazione si costituisce "un peculiare diritto al pagamento, nella struttura sostanziale non diverso dal diritto originariamente spettante al creditore, ma tuttavia costitutivamente contrassegnato, in senso negativo, dalla riduzione che esso autoritativamente subisce in termini di quantità (falcidia concordataria) e, in senso positivo, dal fatto che il suo soddisfacimento si svolge sotto la sorveglianza degli organi della procedura (artt. 136 e 185 Legge fallimentare) e con il corredo di una sanzione (la risoluzione del concordato: artt. 137 e 186 stessa legge) che, per la sua officialità, si rileva posta a presidio non tanto degli originari diritti sostanziali di credito quanto piuttosto di una "situazione soggettiva attiva di massa", creata dal procedimento concordatario e dalla sentenza che, chiudendolo, determina la obbligatorietà dei suoi effetti" (Cassazione 681/1986).

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