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Normativa e prassi

I contribuenti interpellano,
l’Agenzia fornisce risposte

I temi affrontati: società tra professionisti, trasferimento di immobile con atto transattivo, detassazione premi di risultato, sisma bonus, redditi prodotti all’estero da non residente

Società tra professionisti
(risposta n. 128/2018)
Quesito
Una società tra professionisti intende sottoscrivere con alcuni soci, in possesso di partita Iva personale, un contratto di prestazione d’opera. Il compenso sarà costituito da un importo annuale, presumibilmente ripartito in dodici mensilità, diversificato in funzione delle ore lavorate, indipendente dal risultato economico della Stp e dalla partecipazione posseduta nel suo capitale. La società chiede il trattamento da riservare, ai fini Irpef e Ires, ai corrispettivi riconosciuti ai soci.
Risposta
Poiché secondo l’articolo 2464, comma 3, cc, “Se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro” e tenuto conto che lo statuto della Stp non prevede la possibilità di conferimenti in natura, le prestazioni d’opera dei soci professionisti vanno qualificate come attività lavorativa svolta in favore della società. Pertanto, i relativi compensi sono redditi di lavoro autonomo (articolo 53 del Tuir), sui quali la società dovrà operare la ritenuta d’acconto.
Dal momento, poi, che il reddito prodotto dalla Stp si qualifica come reddito d’impresa, ad essa compete la deducibilità dei compensi corrisposti ai soci per le prestazioni d’opera. Laddove la società non presenti i requisiti della micro-impresa, troverà applicazione la derivazione rafforzata, con deducibilità dei compensi ai sensi dell’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir; in caso contrario, i compensi corrisposti ai soci rileveranno in bilancio in base alla corretta imputazione temporale.
 
Immobile trasferito con atto di transazione e successiva cessione dello stesso
(risposta n. 129/2018)
Quesito
A seguito di un accordo transattivo di una vertenza avente a oggetto la lesione della quota di eredità, agli interpellanti è stata trasferita la proprietà di un immobile, che, dopo un anno, intendono alienare. A tal fine, chiedono se sia applicabile il principio stabilito dall’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, secondo cui non devono essere considerati “redditi diversi” le plusvalenze realizzate con l’alienazione di beni ereditati, sebbene, nel caso specifico, si sia venuti in possesso del bene non con una formale dichiarazione di successione, ma con un atto di transazione.
Risposta
L’Agenzia precisa, innanzitutto, che nella fattispecie rappresentata non si è in presenza di una divisione dei beni ereditari, ma di una dichiarazione con la quale vengono accettate le disposizioni testamentarie, con espressa rinuncia all’azione di riduzione in ordine all’eredità. Il legittimario, infatti, come costantemente affermato dalla Cassazione, non ha la posizione di chiamato all’eredità, quando sia stato pretermesso dal testatore. Pertanto, il valore degli immobili trasferiti, risultante dall’atto transattivo, costituisce reddito sulla base della disposizione secondo cui vanno tassati quali “redditi diversi” quelli derivanti “dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” (articolo 67, comma 1, lettera l), Tuir).
Per quanto riguarda poi la successiva vendita del bene, considerato che la transazione ha creato dei rapporti inter vivos diversi da quelli di successione, la plusvalenza che ne deriva è imponibile, in quanto realizzata mediante cessione a titolo oneroso di immobile acquistato da non più di cinque anni (articolo 67, comma 1, lettera b), Tuir); come prezzo di acquisto dei beni ceduti, andrà assunto il valore pattuito a titolo transattivo.
 
Detassazione premi di risultato
(risposta n. 130/2018)
Quesito
Una società, che ha sottoscritto con la rappresentanza sindacale un accordo per disciplinare i premi di risultato da erogare ai dipendenti, chiede se sussistano le condizioni per l’applicazione del regime agevolativo previsto dalla legge di Stabilità 2016.
Risposta
Il comma 187 della legge di stabilità 2016 subordina l’applicazione dell’agevolazione alla circostanza che, al termine del periodo previsto dal contratto, sia verificato un incremento di produttività, redditività eccetera. Pertanto, non è sufficiente che l’obiettivo prefissato dalla contrattazione di secondo livello sia raggiunto; è altresì necessario che il risultato conseguito dall’azienda risulti incrementale rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo di maturazione del premio.
Nella fattispecie rappresentata, invece, il premio di risultato è riconosciuto e modulato in base al grado di raggiungimento dell’obiettivo, misurabile attraverso apposite tabelle che graduano l’importo del premio in ragione del risultato raggiunto, e non in base al livello di incrementalità riscontrabile dal confronto dei risultati raggiunti al termine del periodo congruo e quelli consuntivati nell’arco temporale immediatamente precedente. Ne consegue che, poiché il requisito dell’incrementalità, come detto, costituisce caratteristica essenziale dell’agevolazione, il premio di risultato in esame non può fruire del regime fiscale agevolato previsto dalla legge di stabilità 2016.
 
Sisma bonus per interventi di demolizione e ricostruzione di edifici
(risposta n. 131/2018)
Quesito
L’istante chiede chiarimenti in merito alla possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali “sisma bonus” per interventi di demolizione e ricostruzione di edifici che, in presenza di vincoli, prevedono una traslazione del fabbricato, di uguale volumetria, ma con variazione di area di sedime.
Risposta
Fermo restando che la qualificazione delle opere edilizie spetta, in ultima analisi, al Comune o ad altro ente territoriale, nel caso prospettato di demolizione e ricostruzione di un edificio con medesima volumetria, ma in una differente area di sedime, occorre che dal titolo amministrativo che assente i lavori risulti che si tratta di intervento di ristrutturazione perché risulta invariata la volumetria, perciò inquadrabile come fedele ricostruzione ex articolo 3, comma 1, lettera d), Dpr 380/2001.
In merito agli interventi di ristrutturazione edilizia, come precisato dalla circolare 7/2018, poiché la nozione di sagoma edilizia è intimamente legata anche all’area di sedime del fabbricato e considerato che è stato eliminato il riferimento al rispetto della sagoma per gli immobili non vincolati, la detrazione spetta anche se l’intervento di ristrutturazione consistente nella demolizione e ricostruzione comporti anche lo spostamento di lieve entità rispetto al sedime originario.
 
Redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero da lavoratore dipendente residente all’estero
(risposta n. 132/2018)
Quesito
Una società con sede in Italia, avendo concluso con un proprio dipendente - distaccato presso una consociata in Argentina e ivi residente - un accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e contestuale transazione in forza della quale viene corrisposta al lavoratore una somma a titolo di incentivo all’esodo e una somma in via transattiva per la rinuncia a ogni pretesa, chiede se può applicare le disposizioni sancite dalla Convenzione bilaterale Italia-Argentina contro le doppie imposizioni, non tassando le somme corrisposte in occasione della risoluzione del rapporto, inquadrabili come reddito di lavoro dipendente prodotto in Argentina da soggetto lì residente.
Risposta
La tassazione dei redditi percepiti al momento della cessazione del rapporto di impiego dai lavoratori residenti all’estero è disciplinata dall’articolo 23, comma 2, lettera a), del Tuir, secondo cui si devono considerare come prodotti nel territorio italiano e, come tali, assoggettabili a tassazione in Italia, i redditi derivanti dalle indennità di fine rapporto se corrisposti, tra l’altro, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; rileva, pertanto, la residenza fiscale del soggetto erogante, non la circostanza che la prestazione lavorativa sia svolta in Italia o all’estero.
Tuttavia, il trattamento previsto dal nostro ordinamento può subire modifiche per effetto delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Al riguardo, però, il modello Ocse non contiene una disposizione specifica per gli emolumenti erogati al momento della cessazione dell’impiego, consentendo a ciascuno Stato membro di ricondurre le prestazioni nell’ambito di applicazione dell’articolo 15 (redditi di lavoro subordinato) o dell’articolo 18 (pensioni private) del modello di Convenzione fiscale.
Con riferimento al caso prospettato, secondo l’Agenzia, gli emolumenti percepiti dal dipendente residente in Argentina in occasione della cessazione del rapporto di lavoro sono tutti riconducibili alla sfera di operatività dell’articolo 15 della Convenzione Italia-Argentina contro le doppie imposizioni, secondo cui “.. i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato…”. Pertanto, considerato che il dipendente è residente in Argentina e lì ha prestato la propria attività lavorativa per tutta la durata del rapporto, la potestà impositiva spetta allo Stato di residenza del lavoratore: le indennità erogate al momento della cessazione del rapporto di impiego vanno tassate esclusivamente in Argentina.
Pertanto, la società che eroga le somme, previa presentazione da parte del lavoratore di apposita domanda corredata della certificazione di residenza rilasciata dalla competente autorità fiscale estera, può applicare direttamente il regime convenzionale, non operando la ritenuta alla fonte.
 
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