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Normativa e prassi

Dalla scissione un nuovo controllo,
riappare l’imposta sulle successioni

Per beneficiare dell'esenzione dal tributo, i contribuenti devono effettivamente essere i “supervisori” della società ereditata per un periodo non inferiore a cinque anni

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La scissione parziale asimmetrica della società detenuta dalla comunione ereditaria, in tre distinte compagini, ognuna controllata da un erede, con mantenimento del controllo comune soltanto sulle azioni di quello che resta della scissa, comporta la decadenza “parziale” dall’agevolazione fiscale, che prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni. Dopo l’operazione straordinaria, infatti, il controllo in capo allo stesso soggetto, per un periodo non inferiore a cinque anni, così come previsto dalla norma di riferimento, svanirebbe.   

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 155/E del 28 maggio 2020, spiega il motivo per cui l’istanza, inoltrata dagli eredi titolari, per successione, dell’intero capitale della società gestita dal defunto padre, tesa a ottenere un parere positivo sul mantenimento dell’agevolazione fiscale chiesta al momento della presentazione della dichiarazione di successione, trova al contrario un limite invalicabile.

Il ragionamento prende le mosse dalla norma di cui hanno beneficiato gli istanti, cioè l'articolo 3, comma 4-ter, del Tus, in base al quale “i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui all'articolo 768 bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta – sulle successioni e donazioni – In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso”.

Per beneficiare dell'agevolazione, quindi, i fruitori devono effettivamente proseguire l'esercizio dell'attività d'impresa o detenere concretamente il controllo della società per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione. Controllo che si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria di una società, vale a dire che di norma detiene più del 50% per cento delle quote o azioni della compagine con diritto di voto nell'assemblea, così come previsto dall’articolo 2359 cc.: un concetto ribadito, tra l’altro, nelle circolari nn. 3/2008 e 18/2013.
Tali documenti di prassi, inoltre, hanno chiarito che il beneficio viene, comunque, riconosciuto nel caso in cui la partecipazione di controllo venga donata a più discendenti in comproprietà tra loro, i cui diritti dovranno essere esercitati da un rappresentante comune, che disporrà della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria (articolo 2347 cc).

Il mancato rispetto di dette condizioni comporta la decadenza dal beneficio – che può verificarsi anche in modo parziale – e il pagamento dell’imposta nella misura ordinaria, della sanzione e degli interessi di mora calcolati a partire dalla data in cui la stessa imposta avrebbe dovuto essere versata (articolo 3, comma 4-ter, Tus).

L’Agenzia, poi, aggiunge che, come chiarito nei documenti di prassi richiamati, non tutte le operazioni straordinarie effettuate prima dei cinque anni dalla donazione o dalla successione sono causa automatica di decadenza. Ciò che conta è che, in seguito alla scissione o fusione della società di capitali, “il socio mantenga o integri, nella società di capitali, una partecipazione di controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1) del codice civile”. In sostanza, è necessario che sia lo stesso soggetto che ha beneficiato dell'agevolazione a mantenere o integrare una partecipazione di controllo nelle società che partecipano all'operazione straordinaria.

Nel caso prospettatole, gli eredi, che in qualità di comproprietari in comunione ereditaria della partecipazione di controllo nella società hanno usufruito dell'esenzione dall’imposta sulle successioni, dopo l’operazione di scissione parziale non proporzionale, separerebbero il patrimonio aziendale, creando tre distinte società beneficiarie di proprietà esclusiva di ciascuno, con autonomia patrimoniale, finanziaria ed economica, mantenendo in capo alla comunione ereditaria il controllo della società scindenda.
L’operazione, inoltre, non permetterebbe alla comunione ereditaria di mantenere o integrare il controllo delle società beneficiarie, poiché ognuna di esse sarebbe totalmente partecipata da ogni singolo erede e gestita autonomamente da ognuno di essi, secondo le differenti linee guida e indipendentemente dalla comunione ereditaria.
In sostanza, l'operazione comporta lo scioglimento, sebbene parziale, della comunione ereditaria e la suddivisione tra gli eredi delle azioni della società caduta in successione, ora in comunione.

In conclusione, la scissione parziale asimmetrica esaminata è causa di decadenza “parziale” dall’agevolazione (e lo sarebbe stata anche se proporzionale), limitatamente alla parte di imposta relativa alle quote di patrimonio netto scorporate dalla scindenda e confluenti nelle tre società beneficiarie (la perdita del requisito del controllo fa decadere l’agevolazione).
Al contrario, il beneficio rimarrebbe in vita solo per la parte di imposta relativa alla quota di patrimonio netto che rimane nella scindenda, purché la comunione ereditaria continui a detenerne il controllo per il periodo richiesto dalla norma.

L'imposta ordinaria sarà calcolata applicando l'aliquota e la franchigia previste dall'articolo 2, comma 48 del Dl n. 262/2006, per i trasferimenti di beni e diritti per causa di morte a favore del coniuge e dei parenti in linea retta. Nel caso in esame, trattandosi di azioni di società non quotata in borsa, la relativa base imponibile sarà determinata come “valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato” (articolo 16, comma 1, lettera b) del Tus).

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