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Normativa e prassi

Definizione delle liti fiscali:
arrivano ulteriori chiarimenti

Con una nuova circolare, l’Agenzia delle entrate, fugando i principali dubbi emersi durante i primi mesi di applicazione della disciplina, fornisce utili indicazioni operative

L’Agenzia delle entrate si occupa nuovamente di definizione agevolata delle controversie tributarie. Dopo la circolare n. 22/E dello scorso 28 luglio, con la quale erano stati forniti i primi chiarimenti, l’amministrazione, sollecitata dai propri uffici territoriali, con la circolare n. 23/E del 25 settembre 2017, dà nuove e ulteriori indicazioni, che arricchiscono il quadro complessivo della disciplina.
 
La definizione agevolata
Prima di passare in rassegna i contenuti della circolare, è opportuno brevemente ricordare che la definizione agevolata delle controversie tributarie è stata introdotta dal “decreto conti pubblici” (Dl 50/2017), il cui articolo 11 ha previsto che le liti attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio (compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio), possono essere definite, su domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, mediante il pagamento di tutti gli importi richiesti dall’atto impugnato (e che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado) e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto), escluse le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora.
 
Sono definibili le controversie il cui ricorso sia stato notificato alla controparte entro il 24 aprile 2017 e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
 
Con il provvedimento 21 luglio 2017 è stato approvato il modello per la presentazione della domanda (per cui c’è tempo fino al 2 ottobre 2017) e sono state definite le modalità e i termini di trasmissione e di versamento degli importi dovuti (vedi “Definizione agevolata liti fiscali: domande fino al 2 ottobre 2017”).
 
Come già anticipato, la circolare n. 22/E ha fornito i primi chiarimenti operativi (vedi “Definizione agevolata liti fiscali: l'Agenzia mette in chiaro le regole”), mentre con la risoluzione n. 108/E del 1° agosto sono stati istituiti i codici di tributo da utilizzare per il versamento, tramite F24, degli importi dovuti a seguito della definizione (vedi “Definizione delle liti fiscali: i codici per versare il dovuto”).
 
Dallo scorso 9 agosto, poi, è disponibile, sul sito www.agenziaentrate.gov.it, il servizio web mediante il quale è possibile compilare e trasmettere la domanda di definizione. L’applicazione, denominata “DCT”, è fruibile attraverso i servizi telematici dell’Agenzia (vedi “Definizione agevolata liti fiscali: online il servizio per la domanda”).
 
La circolare 23/E
Con la circolare pubblicata oggi, quindi, l’amministrazione fornisce ulteriori chiarimenti, fugando i dubbi emersi nel corso dei primi mesi di vigenza delle nuove disposizioni normative. Il documento di prassi, attraverso una serie di domande e risposte, offre indicazioni operative sui seguenti profili:
  • qualità di parte dell’Agenzia delle entrate
  • atti oggetto delle liti definibili
  • legittimazione a presentare la domanda di definizione
  • determinazione degli importi dovuti
  • trattamento delle sanzioni
  • perfezionamento della definizione
  • sospensione dei termini di impugnazione. 
Qualità di parte dell’Agenzia delle entrate
Sulla base di quanto previsto dall’articolo 11 (secondo cui sono definibili solo le controversie in cui è parte l’Agenzia delle entrate) e di quanto già chiarito dalla circolare n. 22/E (paragrafo 1.1), viene innanzitutto ribadito che non sono definibili le controversie instaurate avverso i provvedimenti dell’agente della riscossione nelle quali l’ufficio dell’Agenzia non sia stato evocato in giudizio o, comunque, non sia intervenuto. In altri termini, non possono essere definite le liti in cui l’Agenzia delle entrate non figuri come parte in senso formale. Sono, quindi, escluse dalla definizione le controversie nelle quali è parte unicamente l’agente della riscossione, ancorché inerenti ai tributi amministrati dall’Agenzia.
 
Invece, sono definibili le liti aventi a oggetto gli atti dell’agente della riscossione, nelle quali l’Agenzia figuri come parte in senso formale e in cui la materia del contendere riguardi (anche) la legittimità del credito iscritto a ruolo. Ad esempio, possono essere definite in via agevolata le controversie sorte a seguito dell’impugnazione della cartella di pagamento, quando viene chiesto l’annullamento del credito oggetto del ruolo (al contrario, non è definibile la controversia in cui il contribuente si sia limitato a impugnare un atto dell’agente della riscossione senza contestare quanto dovuto all’Agenzia delle entrate). In tale ipotesi, gli importi che rilevano per la definizione agevolata sono quelli iscritti a ruolo.
 
Infine, la circolare precisa che, nelle liti definibili aventi a oggetto atti dell’agente della riscossione, gli importi dovuti vanno determinati con riguardo all’atto presupposto dell’Agenzia delle entrate oggetto di contestazione (ad esempio, ruolo); pertanto, ai fini della definizione non sono dovuti gli importi che spettano all’agente della riscossione (aggi, rimborsi spese).
 
Atti oggetto delle liti definibili
Alla luce della precisazione, già fornita dalla circolare n. 22/E, secondo cui non sono definibili gli atti di valore indeterminabile come quelli relativi al classamento degli immobili, viene precisato che nel caso di lite in cui si contesta un tale tipo di atto, che contiene anche il recupero di tributi catastali e l’irrogazione di sanzioni, non è possibile la definizione agevolata, tenuto conto che non è ammessa la definizione parziale della lite vertente sul medesimo atto. Ai fini della definizione, infatti, non è possibile scindere la lite instaurata avverso l’intero atto, cioè riferita sia al classamento dell’immobile, di valore indeterminabile e quindi non definibile, sia ai tributi e alle sanzioni eventualmente oggetto di contestuale recupero.
 
La definizione agevolata, essendo riferita alle sole controversie tributarie, non può riguardare anche i contributi previdenziali che, infatti, non rientrano nell’ambito della relativa giurisdizione. Pertanto, per il perfezionamento della definizione non è richiesto il pagamento di tali contributi.
 
Nel caso di riunione di due giudizi, il primo relativo alla sanzione per mancata emissione di scontrini e il secondo avente a oggetto la sanzione accessoria della sospensione dell’esercizio dell’attività, è possibile definire in via agevolata solo la prima lite. Quella avverso la sanzione accessoria, infatti, non è definibile, essendo di valore indeterminabile. In tal caso, quindi, la definizione comporta l’estinzione parziale del giudizio, che prosegue per la parte non definibile.
 
Legittimazione a presentare la domanda di definizione
Quanto ai rapporti tra definizione agevolata e fallimento, la circolare precisa che, sulla base della disciplina di tale procedura concorsuale e del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, a seguito di fallimento del contribuente, la legittimazione a presentare l’istanza di definizione agevolata delle controversie pendenti deve essere riconosciuta in prima battuta al curatore e, in caso di sua inerzia, al fallito.
 
Determinazione degli importi dovuti
L’articolo 11 stabilisce che “dagli importi dovuti per la definizione agevolata si scomputano quelli già versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio nonché quelli dovuti per la rottamazione delle cartelle (ex articolo 6, Dl 193/2016)”. Tali importi eventualmente già versati, quindi, devono essere sottratti da quelli che il contribuente deve a seguito della definizione agevolata.
Sul punto, la circolare rammenta che la norma non richiede alcuna specificazione relativamente al titolo o all’imputazione delle somme da scomputare. Pertanto, una volta effettuato lo scomputo delle somme versate, l’importo netto dovuto, ossia l’importo da versare, deve essere suddiviso tra i vari codici tributo (istituiti con la risoluzione n. 108/2017) in proporzione ai diversi importi che compongono l’importo lordo dovuto, ossia le somme complessivamente dovute per la definizione.
 
In ordine ai rapporti tra “rottamazione delle cartelle” e definizione agevolata delle controversie tributarie, viene precisato che, in linea generale, se vi è interesse alla prosecuzione della controversia per la parte della pretesa che non è stata definita con la “rottamazione” dei carichi affidati all’agente della riscossione, la sopravvenuta definizione agevolata della lite opera soltanto con riferimento alle somme residue ancora in contestazione e, dunque, gli importi dovuti vanno calcolati in relazione alle stesse.
 
Per la definizione di un atto che non contiene la quantificazione degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, il contribuente è tenuto comunque al calcolo (secondo le modalità stabilite dall’articolo 20, Dpr 602/1973 vigente ratione temporis) e al versamento degli stessi.
Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo devono essere quantificati secondo le modalità e i tassi vigenti ratione temporis, tenendo conto, al tempo stesso, di quanto previsto dall’articolo 11, secondo cui essi devono essere calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.
Pertanto, qualora si debba applicare la formulazione dell’articolo 20 che prevedeva il calcolo degli interessi per semestri interi, nel caso in cui al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto il semestre non si sia ancora compiuto, gli interessi sono comunque dovuti fino a tale giorno e vanno calcolati moltiplicando il tasso giornaliero per il numero di giorni del semestre incompiuto.
 
Come già sottolineato dalla circolare n. 22/E, dall’importo lordo dovuto per la definizione possono essere scomputati tutti gli importi già pagati in esecuzione dell’atto impugnato. Pertanto, anche gli importi iscritti a ruolo a titolo di interessi di sospensione (ex articolo 39, Dpr 602/1973), qualora pagati, sono scomputabili dalle somme da versare a seguito della definizione agevolata.
 
Nel caso di definizione di una lite pendente avverso atti dell’agente della riscossione, gli importi da versare devono essere calcolati facendo riferimento all’atto presupposto, ove attraverso l’impugnazione dell’atto dell’agente sia stata contestata la validità dell’atto dell’Agenzia delle entrate. Quindi, in questi casi, ai fini del computo degli interessi, il termine da cui far decorrere il calcolo dei sessanta giorni è quello della notifica dell’atto presupposto.
 
Trattamento delle sanzioni
La controversia relativa a un atto di recupero per indebita compensazione di un credito Iva esistente, con il quale si richiede il pagamento degli interessi relativi al tributo indebitamente compensato e della sanzione del 30%, può essere definita mediante il pagamento degli interessi (nonché degli altri importi eventualmente contenuti nell’atto di contestazione), con l’esclusione della sanzione, in quanto collegata al tributo.
Alle stesse conclusioni la circolare giunge in ordine alla definizione di controversie aventi a oggetto un atto di irrogazione della sanzione (30%) prevista in caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo.
 
Per la definizione di una controversia relativa a un atto con cui è stata irrogata solo la sanzione (collegata al tributo) per l’utilizzo in compensazione di un credito inesistente (atto emesso dall’Agenzia delle entrate a seguito della segnalazione proveniente dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli per il recupero di un’accisa indebitamente qualificata come credito compensabile), non è dovuto alcun importo solo qualora il rapporto relativo al tributo sia stato definito, anche con modalità diverse dalla definizione agevolata, con l’altro ente impositore (l’Agenzia delle dogane).
 
La controversia relativa a un atto di contestazione con il quale a un consulente è stata irrogata la sanzione per infedele dichiarazione (per aver contribuito alla violazione in concorso con il contribuente) è definibile con il versamento del 40% dell’importo contestato in giudizio. In tal caso, infatti, si tratta di una sanzione non collegata al tributo.
 
La lite instaurata dall’amministratore di fatto, solidalmente coobbligato per le sole sanzioni ex articolo 11, Dlgs 472/1997, può essere definita senza versare alcun importo solo se il rapporto relativo al tributo è stato definito anche con modalità diverse dalla definizione agevolata.
 
Per la definizione di una controversia relativa a un avviso di accertamento nel quale, in applicazione del cumulo giuridico, la sanzione per irregolare tenuta delle scritture contabili è assorbita nella sanzione per infedele dichiarazione, non occorre procedere allo scorporo delle singole sanzioni. Inoltre, dato che l’unica sanzione applicata risulta collegata al tributo, la stessa non deve essere versata. Il contribuente, quindi, può definire la controversia pagando gli altri importi richiesti dall’atto impugnato e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo.
 
Infine, con riferimento al trattamento delle sanzioni, la circolare affronta il caso relativo alla sanzione per omesso versamento dell’imposta di registro complementare a seguito di accertamento del valore imponibile. In questo caso, il versamento deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione. Se il contribuente impugna l’atto impositivo, l’imposta deve essere pagata nella misura di 1/3 entro lo stesso termine.
Se il contribuente non provvede al pagamento nel termine indicato, si configura una violazione per omesso versamento con conseguente iscrizione a ruolo della sanzione del 30%.
Quest’ultima è una sanzione collegata al tributo anche se contestata con un atto separato rispetto a quello con cui è stato richiesto il pagamento dell’imposta.
Per la definizione della lite relativa a tale sanzione, iscritta a ruolo separatamente, è necessario che il rapporto relativo al tributo sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione agevolata.
In altri termini, la lite relativa alla cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo della sanzione per omesso versamento può essere definita senza il pagamento della sanzione qualora il tributo richiesto con l’avviso di rettifica e liquidazione sia stato definito con il pagamento oppure qualora venga definita contestualmente la lite relativa a detto avviso. Quest’ultima lite può essere definita con il pagamento degli importi richiesti, a esclusione delle sanzioni irrogate nell’atto (collegate al tributo), e con l’aggiunta degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.
 
Le soluzioni indicate dalla circolare sono applicazione della regola generale che si ricava dalla disciplina della definizione agevolata, secondo cui il trattamento delle sanzioni contenute nell’atto oggetto della lite da definire dipende anzitutto dalla loro qualificazione come sanzioni collegate o non collegate al tributo, nonché dalla circostanza che la lite riguardi esclusivamente la sanzione o anche altri importi.
 
Perfezionamento della definizione
Le somme eventualmente versate a titolo provvisorio da parte dei coobbligati che non aderiscono alla definizione agevolata non possono essere scomputate dall’importo lordo dovuto per la definizione.
Lo scomputo è ammesso solo in relazione alle somme eventualmente versate in via provvisoria dagli altri coobbligati che si avvalgono a loro volta della definizione.
È sempre escluso il rimborso delle somme eventualmente versate in eccesso rispetto a quanto dovuto per la definizione.
 
In caso di litisconsorzio necessario tra società di persone e soci, è ammessa la distinta e separata definizione della lite sia da parte della società, relativamente al proprio avviso di accertamento, sia da parte di ciascun socio, relativamente all’avviso di accertamento delle imposte sul reddito di partecipazione.
 
Il cedente o prestatore che abbia aderito alla definizione agevolata può avvalersi della disposizione che prevede il diritto di rivalsa nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi nel caso di pagamento dell’Iva relativa ad avvisi di accertamento (articolo 60, settimo comma, Dpr 633/1972).
Tuttavia, non sono consentiti né la rivalsa né l’esercizio del diritto alla detrazione, da parte del cessionario o committente, dell’imposta o della maggiore imposta versata a seguito di atti non divenuti definitivi; in ogni caso, è esclusa la rivalsa per l’imposta pagata all’erario a titolo provvisorio.
Pertanto, in relazione alle controversie per le quali il contribuente abbia presentato la domanda di definizione agevolata, l’esercizio della rivalsa è consentito solo a seguito dell’avvenuto pagamento dell’importo eventualmente dovuto per la definizione e, comunque, decorso il termine del 31 luglio 2018 senza che via si stata la notifica del diniego alla definizione.
 
Sospensione dei termini di impugnazione
Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono tra il 24 aprile e il 30 settembre 2017.

La circolare in esame, ribadendo quanto già previsto dalla circolare n. 22/E, precisa che è automaticamente sospeso per sei mesi il termine – breve o lungo – per impugnare le pronunce.
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