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Normativa e prassi

La disciplina delle azioni proprie
nell’ambito del consolidato fiscale

Sono assimilabili a quelle prive del diritto di voto e, pertanto, non devono essere incluse né nel denominatore né nel numeratore del rapporto partecipativo previsto dal Tuir

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Ai fini della disciplina della tassazione di gruppo, le azioni proprie devono essere considerate “azioni prive dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea generale” e, quindi, la loro presenza assume carattere “neutrale” per il rispetto del criterio della partecipazione al capitale sociale a agli utili previsto dalla normativa fiscale.
È questa, in sintesi, la soluzione interpretativa delineata dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 20/2019).

Quesito
La questione sottoposta all’attenzione dell’Amministrazione riguarda la disciplina delle azioni proprie (articoli 2357 e seguenti c.c.) nell’ambito del consolidato fiscale.
L’istanza di interpello è stata formulata da una società holding di partecipazione posta a capo di un gruppo d’imprese.
In qualità di consolidante, la capogruppo ha optato per il regime di tassazione di gruppo.
L’istante fa presente che, dopo una cessione infragruppo, occorre verificare il mantenimento del requisito del controllo nei confronti di una controllata. Il dubbio riguarda, in particolare, se, ai fini dell’individuazione del requisito della partecipazione al capitale sociale e alla partecipazione all’utile, nell’ambito delle azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea ordinaria della controllata, da escludere dal numeratore e dal denominatore nel calcolo del rapporto partecipativo, rientrino anche le “azioni proprie” possedute dalla controllata o da società a loro volta controllate da quest’ultima.
Secondo l’interpellante la soluzione da preferire quella di qualificare le “azioni proprie” come azioni prive dei diritti di voto esercitabili nelle assemblee generali e, quindi, escluderne il conteggio sia dal numeratore sia dal denominatore del rapporto partecipativo. In tal modo, la loro eventuale presenza sarebbe “neutrale” a fini del rispetto del requisito richiesto dalla normativa fiscale.

Risposta
Nell’articolare il proprio parere, l’Agenzia procede, innanzitutto, a una ricognizione della disciplina prevista dal Tuir in materia di tassazione di gruppo di imprese controllate residenti (articoli 117-129).
Il Testo unico prevede che per il valido esercizio dell’opzione la controllante deve possedere una partecipazione nella società che intende consolidare espressiva di un rapporto di “controllo rilevante”. A tal fine, la partecipazione si considera “rilevante” quando contestualmente:
  • esiste un rapporto di controllo “di diritto” (si considerano controllate le società in cui la capogruppo detiene, direttamente o indirettamente, la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria della società - cfr articolo 2359, comma 1, n. 1, c.c.)
  • viene superata la soglia del 50% nella partecipazione al capitale sociale e nella partecipazione all’utile di bilancio.
Peraltro, la verifica della sussistenza del controllo va effettuate anche rispetto alla partecipazioni detenute (dalla consolidante) in via indiretta.

Per quanto riguarda la valutazione della partecipazione al capitale sociale e all’utile, è necessario che la controllante partecipi, direttamente o indirettamente, con una percentuale superiore al 50%, al relativo capitale e all’utile, tenuto conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo e senza considerare le azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale. Per la validità dell’opzione per la tassazione di gruppo, nonché per la permanenza nel regime, le due condizioni devono essere rispettate contemporaneamente.
In entrambi le ipotesi si deve considerare il rapporto:
  • tra la “partecipazione al capitale sociale” detenuta dalla controllante (numeratore) e “il capitale sociale di riferimento” della partecipata (denominatore)
  • tra il “numero delle azioni con diritto agli utili” detenute dalla controllante (numeratore) e il “numero totale delle azioni che danno diritto agli utili” della società controllata (denominatore).
Nella determinazione dei due rapporti vanno escluse, sia al numeratore sia al denominatore, le azioni prive del diritto di voto esercitabile nell’assemblea generale.
Se la partecipata possiede azioni proprie bisogna stabilire se esse possano o meno essere qualificate come “azioni prive del diritto di voto” alla luce del fatto che l’esercizio del diritto di voto relativo alle azioni proprie è sospeso (cfr articolo 2357-ter, c.c.).
L’Agenzia ricorda che, con la circolare n. 53/E del 20 dicembre 2004, ha ritenuto che, in linea generale, possono essere considerate prive del diritto di voto tutte le azioni non assistite da un diritto di voto pieno ed esercitabile.
Pertanto, l’Amministrazione concorda con la soluzione delineata dall’interpellante secondo cui, analogamente alle “azioni prive del diritto di voto”, anche le azioni proprie non devono essere incluse né nel denominatore né nel numeratore del rapporto partecipativo previsto dall’articolo 120, Tuir (sia per quanto riguarda la partecipazione al capitale sociale sia in relazione alla partecipazione agli utili).
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