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Normativa e prassi

Emissione della nota di variazione:
è tardi se è scaduto il “reclamo”

Il contribuente non può presentare il documento correttivo se è trascorso il termine di novanta giorni per proporre l’azione di reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento

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La nota di variazione è subordinata alla condizione di infruttuosità della procedura concorsuale, evento che, in assenza di un piano di riparto finale, si realizza alla scadenza del termine per opporre reclamo al fallimento. Se i termini per proporre reclamo sono scaduti, si devono ritenere scaduti anche quelli per l’emissione del documento di variazione e, di conseguenza, il soggetto che vanta un credito nei confronti della società fallita non può presentare il documento correttivo.
È la sintesi della risposta dell’Agenzia n. 438 del 28 ottobre 2019.

La società istante, creditrice della società fallita, dopo aver precisato che il fallimento era stato dichiarato nel 2013 ma l’annotazione nel registro delle imprese era avvenuta nel 2019, riteneva di essere ancora in tempo a emettere la nota di variazione in quanto il termine per produrre tale documento, a suo dire, decorre dall'annotazione del decreto di chiusura presso il registro delle imprese, unico strumento per venire a conoscenza della chiusura del fallimento.

L’Agenzia ricorda che la norma del decreto Iva sul diritto alla variazione dell’imposta prevede che “Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, inconseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67,terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25” (articolo 26, comma 2, del decreto Iva).

Il diritto alla variazione, rileva l’Agenzia, è subordinato alla infruttuosità delle procedure concorsuali o esecutive, condizione che, come si evince anche dalla prassi (circolari n. 77/2000 e n.  8/2017) si realizza alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale o, in assenza di tale piano, alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di fallimento. Nell’interpello in esame, non essendoci alcun piano di riparto, il diritto alla variazione è subordinato alla scadenza del termine del reclamo.

Tuttavia, precisa l’Agenzia, il reclamo è soggetto al termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria e, siccome tale deposito nel caso in esame è avvenuto nel 2013, i termini per proporre il reclamo al decreto di fallimento sono ampiamente scaduti e con essi anche i termini per l’emissione della nota di variazione. In conclusione, la suddetta nota di variazione non può essere più emessa in quanto per essere in regola con i termini, il diritto doveva essere esercitato con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione e alle condizioni esistenti al momento della nascita di tale diritto.

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