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Normativa e prassi

Esenzione Iva fino a termine emergenza
per la casa di cura non accreditata

I contratti con il servizio sanitario pubblico stipulati per incrementare e assicurare l’assistenza sanitaria nel periodo di pandemia cessano la loro efficacia una volta tornati alla normalità

scadenza

Le prestazioni di ricovero e cura rese da una struttura privata, autorizzata ma non accreditata, nei confronti di un ente ospedaliero, stipulato in base alle disposizioni del decreto “Cura Italia” per potenziare il servizio sanitario nazionale e far fronte alla diffusione della pandemia, possono beneficiare dell’esenzione Iva prevista dall’articolo 10, n. 19 del decreto Iva, fino alla cessazione dello stato di emergenza da Covid-19. È quanto chiarisce la risposta n. 339 del 12 maggio 2021.

L’articolo 3, del decreto legge n. 18/2020 (“Cura Italia”) ha ammesso alcune deroghe alle disposizioni ordinarie previste dall’articolo 8-quinquies del Dlgs n. 502/1992, che disciplinano le condizioni contrattuali cui deve attenersi il Ssn quando ricorre all’ausilio della sanità privata. In particolare, nel caso in cui risulti impossibile incrementare presso le strutture pubbliche l’assistenza necessaria per l’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus (posti letto in terapia intensiva e nei reparti operativi di pneumologia e di malattie infettive isolati, provvisti di supporto ventilatorio), Regioni, province autonome e aziende sanitarie sono autorizzate a stipulare contratti con enti privati non accreditati, purché autorizzati, per raggiungere lo stesso fine.
Tali strutture sono temporaneamente equiparate a quelle accreditate (comma 2) e le prestazioni fornite sono remunerate secondo il tariffario regionale.

L’ospedale istante ha firmato un contratto con una casa di cura privata secondo le suddette indicazione e chiede se ai servizi di ricovero e cura da questa resi è applicabile l’esenzione Iva prevista dall’articolo 10, comma 1, n. 19), Dpr n. 633/1972.
La norma agevolativa perimetra l’esenzione alle prestazioni fornite oltre che dagli enti ospedalieri pubblici, da cliniche e case di cura convenzionate.

L’Agenzia si sofferma sui requisiti richiesti ai presidi medici privati, per avere l’accreditamento e l’autorizzazione da parte delle Regioni. Il ragionamento prosegue facendo riferimento al diritto unionale.
Il beneficio disposto dall’articolo 10 del decreto Iva recepisce l’articolo 132 par. 1 lett. b) della direttiva 2006/112/Ce, che esenta dall’imposta l’ospedalizzazione e le cure mediche assicurate da enti di diritto pubblico o “a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.
Secondo la giurisprudenza Ue tale riconoscimento non arriva a seguito di un procedimento formale o per espressa previsione normativa nazionale (Corte di giustizia, causa C-45/01 – causa C-700/2017).

Sulla scia delle indicazioni Ue, l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 87/2010 ha precisato che l’esenzione è applicabile alle cliniche e alle case di cura private “convenzionate” ossia, come ha chiarito la circolare n. 40/1983 “cliniche o case di cura che, sulla base di convenzioni stipulate con regioni, casse mutue, enti, ecc..., effettuano prestazioni sanitarie ad assistiti o convenzionati a condizioni sociali analoghe a quelle rese dagli organismi sanitari pubblici, nel senso cioè che le tariffe applicate siano corrispondenti a quelle praticate per le prestazioni rese in regime di convenzione con le regioni”. La stessa circolare precisa anche che nel caso in cui siano applicate parcelle superiori, i relativi corrispettivi devono essere sottoposti a Iva per la parte eccedente quella delle tariffe praticate dalle Regioni.

Dal quadro normativo emerge che, nel caso descritto, possa essere applicata l’esenzione Iva richiamata per le prestazioni di cura e ricovero che la clinica privata si impegna a prestare a nome e per conto del servizio sanitario regionale. L’istante, da parte sua, si impegna a remunerare tali prestazioni in base al tariffario regionale.
Il fatto che un organismo sia autorizzato a prestare cure mediche, osserva l’Amministrazione, e che le stesse vengano realizzate nel quadro delle convenzioni stipulate con organismi sanitari pubblici, dimostra che l’ente sia “debitamente riconosciuto” secondo le indicazioni dell'articolo 132, par. 1, lettera b), della direttiva n. 2006/112/Ce. Del resto, l’esenzione, nel caso di organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, riveste carattere oggettivo, riconosciuto soltanto per i servizi prestati a condizioni sociali analoghe a quelle in uso presso i presidi pubblici, mentre gli altri servizi prestati dagli stessi organismi sono soggetti al regime ordinario (Corte di giustizia Ue, causa C-211/18).

In definitiva, nell’ipotesi dell’interpello, le prestazioni rese all’istante dalla struttura privata non accreditata, ai sensi del “Cura Italia”, saranno esenti da Iva fino allo scadere dell’emergenza sanitaria. La norma stessa prevede, infatti, che tali contratti cessino di avere efficacia una volta usciti dalla pandemia e, in particolare, con la fine dello stato di emergenza, fissato dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 e da ultimo prorogato fino al 31 luglio 2021.

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