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Normativa e prassi

Estrazione di beni da deposito Iva:
non si scomputa il credito periodico

A seguito di un’istanza di interpello, l’Agenzia fornisce alcuni chiarimenti in merito alla nuova disciplina introdotta dal decreto legge collegato alla manovra di bilancio 2017

A poco più di un mese dall’entrata in vigore della nuova disciplina, l’Agenzia delle entrate è chiamata a rispondere a un’istanza di interpello in materia di depositi Iva.
Con la risoluzione n. 55/E del 3 maggio 2017, infatti, l’amministrazione fornisce una serie di chiarimenti interpretativi su alcune questioni connesse all’operatività delle recenti modifiche normative.

Le novità in materia di depositi Iva
La disciplina dei depositi fiscali ai fini Iva (articolo 50-bis, Dl 331/1993) è stata significativamente riformata dal decreto legge collegato alla manovra di bilancio 2017 (articolo 4, commi 7 e 8, Dl 193/2016).
A partire dal 1° aprile 2017, in base alle nuove disposizioni:
  • tutte le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito, a prescindere dalla provenienza dei beni stessi, sono effettuate senza pagamento dell’Iva (articolo 50-bis, comma 4, lettera c)
  • a eccezione dei beni introdotti in forza di un acquisto intracomunitario e dei beni immessi in libera pratica, per le altre operazioni l’imposta è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione ed è versata in suo nome e per suo conto dal gestore del deposito.
Il caso posto all’attenzione dell’Agenzia
L’interpello è formulato da una società svizzera (con rappresentante fiscale in Italia), tra i cui fornitori vi è una società appartenente allo stesso gruppo multinazionale. Quest’ultima società, in particolare, gestisce un deposito Iva, all’interno del quale vengono introdotte materie prime e semilavorati di natura e provenienza geografica diversa (si tratta, nello specifico, di prodotti petroliferi). Tutte le introduzioni (sia quelle eseguite in funzione di transazioni commerciali sia quelle che rappresentano immissioni in libera pratica) sono effettuate in nome e per conto della società che gestisce il deposito Iva.
Le estrazioni dei beni vengono effettuate secondo canali e modalità diverse (via mare, via terra, via oleodotti).
Alla luce delle ricordate modifiche normative, la società istante indirizza all’Agenzia quattro diversi quesiti, ritenendo necessario specifici chiarimenti interpretativi.

Quesito 1
Il primo quesito riguarda il caso in cui colui che estrae la merce dal deposito Iva, per commercializzarla o utilizzarla in Italia, sia un soggetto diverso da colui che l’ha introdotta a monte, poiché la merce, durante la permanenza nel deposito, è stata ceduta. L’istante chiede, in particolare, quale sia, in tale ipotesi, la modalità di assolvimento dell’Iva e se sia necessario o meno tenere traccia della provenienza dei beni introdotti nel deposito e, conseguentemente, versare materialmente l’imposta afferente ai soli beni che, ai tempi dell’introduzione, originavano dall’Italia.
Risposta dell’Agenzia
L’amministrazione innanzitutto ricorda che, alla luce dell’attuale assetto della disciplina, l’individuazione della corretta modalità di estrazione e, quindi, della modalità di assolvimento dell’Iva (versamento diretto o inversione contabile) è collegata all’operazione con la quale il bene è stato introdotto nel deposito, a nulla rilevando le successive cessioni di cui il bene eventualmente è stato oggetto durante il periodo di permanenza nel deposito, fermo restando che la base imponibile è comunque costituita dal corrispettivo o valore dell’ultima di tali cessioni.
Pertanto, anche nel caso in cui i beni introdotti siano ceduti a terzi nel corso della loro permanenza nel deposito, l’Iva da versare tramite F24, da parte di colui che procede all’estrazione, deve essere calcolata applicando il valore percentuale dei beni (nel caso di specie, delle materie prime) di provenienza italiana introdotti nel deposito al corrispettivo o valore pattuito per l’ultima cessione effettuata prima dell’estrazione.

Quesito 2
Il secondo quesito proposto dalla società istante riguarda due aspetti:
- il criterio da utilizzare per il calcolo della base imponibile dell’Iva dovuta in relazione ai beni estratti dal deposito
- la tempistica e le modalità delle eventuali rettifiche in aumento o in diminuzione della base imponibile, correlate a una variazione dei prezzi delle merci.
Risposta dell’Agenzia
In ordine al primo aspetto, l’Agenzia innanzitutto ricorda che, per i beni estratti da un deposito Iva, la base imponibile è data dal corrispettivo o valore relativo all’operazione non assoggettata all’imposta per effetto dell’introduzione ovvero, qualora successivamente i beni abbiano formato oggetto di una o più cessioni, dal corrispettivo o valore relativo all’ultima di tali cessioni.
Le nuove disposizioni hanno introdotto due modalità di estrazione dei beni dal deposito Iva, ossia il versamento diretto mediante F24 e l’inversione contabile, che si differenziano a seconda dell’operazione mediante la quale il bene è stato introdotto nel deposito (rispettivamente, acquisto nazionale e acquisto intracomunitario/immissione in libera pratica). In virtù di ciò, il soggetto che procede all’estrazione deve individuare l’operazione con cui i beni sono stati introdotti nel deposito per poter correttamente determinare le modalità di versamento dell’Iva dovuta.
Peraltro, nel caso oggetto dell’interpello in esame, tale individuazione, secondo quanto sostenuto dalla società istante, è materialmente impossibile, in quanto i beni di cui si tratta sono materie prime, le quali, una volta introdotte nel deposito, subiscono un processo di lavorazione (raffinazione) che porta a generare prodotti finiti di diversa natura. Sulla base di tale assunto, la società, come metodologia di calcolo da adottare per individuare l’origine del prodotto estratto, propone di utilizzare un criterio di allocazione proporzionale del valore imponibile delle merci italiane sull’output complessivo di produzione, determinato in funzione delle quantità, senza tenere conto di alcun tipo di ponderazione legata al valore commerciale dei beni estratti.

Sul punto, l’Agenzia ricorda innanzitutto che lo strumento dell’interpello ordinario, non potendo avere a oggetto accertamenti di tipo tecnico, non si presta a verificare concretamente la bontà dello schema proposto. Tuttavia, sulla base di quanto rappresentato dall’istante e facendo leva su esigenze di semplificazione degli adempimenti, l’amministrazione ritiene che la metodologia di calcolo proposta possa essere astrattamente idonea per il calcolo della base imponibile. Pertanto, l’importo del versamento da effettuare con F24 per l’estrazione dei prodotti dal deposito può essere individuato applicando al corrispettivo pattuito per l’estrazione la percentuale di beni di provenienza italiana comunicata all’atto dell’estrazione. Alla restante somma sarà applicabile il meccanismo del reverse charge.
 
Con riferimento al secondo aspetto del quesito (relativo alle rettifiche di valore), la società istante fa presente che i corrispettivi/valori dei beni introdotti in deposito possono subire variazioni tra il momento dell’introduzione e quello della successiva estrazione in quanto, trattandosi di prodotti petroliferi, gli stessi sono soggetti alle fluttuazioni dei listini, con riflessi anche sul corrispettivo pattuito per l’estrazione.
Al riguardo, l’Agenzia osserva che, se il corrispettivo viene variato in un momento successivo all’estrazione, sorge in capo a colui che estrae i beni dal deposito l’obbligo di effettuare la variazione in aumento, se il differenziale è positivo, ovvero, il diritto di effettuare la variazione in diminuzione, se il predetto dato è negativo.. La modalità di rettifica, infine, seguirà la modalità con cui è stata assolta l’Iva in fase di estrazione. 

Quesito 3
Il terzo quesito attiene all’ambito di applicazione del divieto di compensazione espressamente previsto dal comma 6, secondo periodo, del nuovo articolo 50-bis, Dl 331/1993. La società istante, infatti, chiede se sia possibile scomputare dal versamento (mediante F24) dell’imposta dovuta e relativa all’estrazione di beni (con utilizzazione o commercializzazione nel territorio italiano) il credito Iva proveniente dalla liquidazione periodica.
Risposta dell’Agenzia
Alla luce della vigente normativa, l’Agenzia esclude tale possibilità, affermando che il soggetto che estrae dal deposito un bene per il quale sia applicabile la procedura del versamento diretto (mediante F24) dell’imposta dovuta non possa scomputare dal versamento stesso il credito Iva proveniente dalla liquidazione periodica.
 
Quesito 4
L’istante chiede a chi debba essere indirizzata la lettera di intento nel caso in cui il soggetto che estrae i beni dal deposito (per l’utilizzazione e commercializzazione nel territorio italiano) si qualifichi quale esportatore abituale e voglia spendere il proprio plafond al fine di non dover versare l’Iva dovuta mediante modello F24.
Risposta dell’Agenzia
Sul punto, l’Agenzia ricorda che l’esportatore abituale deve compilare una dichiarazione d’intento per ogni singola estrazione, indicando come destinatario della stessa il gestore del deposito, trasmettere telematicamente la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate e acquisire la relativa ricevuta telematica. La dichiarazione, insieme alla ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia, deve essere consegnata al gestore del deposito, che procede a riscontrare telematicamente l’avvenuta presentazione.
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