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Normativa e prassi

Fallimento e nota di variazione Iva
quali sono i presupposti?

L’omesso pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere riferito all'operazione originaria nel suo complesso, quindi non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta

scissione

Con la risposta n. 485 del 3 ottobre 2022, l’Agenzia chiarisce che, in linea generale, è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva oggetto di tempestiva variazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all'anno in cui la stessa nota è stata emessa, indipendentemente dalla mancata insinuazione al passivo del credito e anche in assenza dell'accettazione del curatore, posto che la normativa Iva non pone a carico di quest'ultimo alcun adempimento fiscale.
 
La società istante, operante nell'ambito dei servizi professionali alle imprese, si è resa creditrice degli importi recati da nove fatture, emesse negli anni dal 2011 al 2015 nei confronti di una società, dichiarata fallita nel giugno 2021.
Con l'intento di emettere sin dall'apertura della procedura fallimentare la relativa nota di variazione in diminuzione, in rettifica delle fatture insolute, come previsto dall’articolo 26 Dpr n. 633/1972, l'istante riferisce che il curatore ha negato la possibilità di poter procedere con la nota di variazione, attesa l’omessa insinuazione al passivo nei termini stabiliti da parte della società istante, nonché la mancata indicazione da parte del Tribunale competente dalle disposizioni procedurali in recepimento della nuova normativa Iva, in vigore dal 26 maggio 2021.
Dinanzi al diniego del curatore fallimentare, l'istante ha proceduto ugualmente con la relativa emissione, nell’aprile 2022, quindi, entro il termine ultimo del 30 aprile 2022, cioè il termine di presentazione della dichiarazione Iva 2022 relativa al 2021, anno in cui si è verificato il presupposto (emissione della sentenza dichiarativa del fallimento della società di cui l'istante è creditore).
Tuttavia, tenendo in considerazione che il momento entro cui esercitare il diritto alla detrazione è stato individuato alternativamente nella data della liquidazione periodica Iva relativa al mese in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione Iva relativa all'anno di emissione della nota, l'Iva della nota di variazione emessa dall'istante non è stata portata in detrazione nella liquidazione del mese di emissione della stessa in attesa di formale conferma da parte dell’Agenzia.
Ciò premesso, l'istante chiede se può esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva pari all’importo della nota di variazione tempestivamente emessa, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all'anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023), anche a seguito del diniego del curatore fallimentare.

L’Agenzia premette che l'articolo 26 Dpr n. 633/1972, nella versione vigente a decorrere dal 26 maggio 2021, consente, al comma 3-bis, di emettere note di variazione in diminuzione “in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente: a) a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale”. A differenza del testo normativo previgente, quindi, il cedente o prestatore insoddisfatto non deve più attendere l'eventuale esito infruttuoso della procedura concorsuale (cfr. anche circolare 20/2021).
Quanto alle tempistiche di esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta oggetto di variazione, spiega la prassi da ultimo citata, una volta emessa tempestivamente detta nota - entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale Iva relativa all'anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione - l'imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale Iva di riferimento.
Rileva, quindi, ai fini della detrazione, anche il momento di emissione della nota di variazione, che rappresenta il presupposto formale necessario per l'esercizio concreto del diritto.

Con riferimento, invece, agli obblighi che si configurano in capo al cessionario o committente, la circolare citata ha chiarito che - in base all'ultimo periodo aggiunto all’art. 26, comma 5 Dpr n. 633/1972 dall'articolo 18, comma 1, lettera c), del decreto “Sostegni-bis” – l’obbligo di registrare la nota di variazione emessa dal creditore non si applica nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lettera a) citato. Il curatore o commissario che riceve la nota di variazione, quindi, non è tenuto ad annotare la corrispondente variazione in aumento nel registro di cui all'articolo 23 o all'articolo 24 del decreto Iva. Pertanto, in tal caso, la procedura non è tenuta al versamento dell'imposta, che resta a carico dell'Erario (cfr. circolare 12/2016, paragrafo 13.1).

Dunque, in linea generale, è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva oggetto di tempestiva variazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all'anno in cui la stessa nota è stata emessa (realizzandosi così anche il presupposto "formale" che consente di detrarre l'imposta che ne è oggetto), indipendentemente dalla mancata insinuazione al passivo del credito ed anche in assenza dell'accettazione del curatore, posto che la normativa Iva richiamata non pone a carico di quest'ultimo alcun adempimento fiscale, esentandolo dall'obbligo di registrazione della nota di variazione ricevuta e di versamento della relativa imposta.

Con riferimento al caso in esame, osserva l’Agenzia, è emerso che l'istante ha emesso un'unica nota di variazione in diminuzione della sola Iva recata dalle nove fatture insolute. Detto modus operandi non risulta corretto alla luce delle indicazioni fornite con la risoluzione n. 127/2008 (cfr. anche risposta ad interpello 801/2021), ove è stato chiarito che “affinché sia possibile emettere la nota di variazione è necessario, quindi, che successivamente all'emissione della fattura ed alla sua registrazione, venga a mancare in tutto o in parte l'originaria prestazione imponibile. La variazione in diminuzione deve, infatti, essere rappresentativa sia della riduzione dell'imponibile che della relativa imposta. Una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l'indissolubile collegamento esistente tra imposta ed operazione imponibile. La conseguenza paradossale di una tale ricostruzione sarebbe che, a fronte di un'operazione imponibile per la quale è stato interamente riscosso il corrispettivo, l'Erario non incasserebbe alcuna imposta sul valore aggiunto. In definitiva, va ribadito il principio secondo cui il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere, comunque, riferito all'operazione originaria nel suo complesso e, pertanto, non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta”.
 
Detti chiarimenti, continua l’Agenzia, sono validi anche nell'ipotesi di nota di variazione emessa - sulla base dell'attuale formulazione dell'articolo 26 Dpr n. 633/1972 - sin dall'apertura della procedura concorsuale. La nota di variazione di sola Iva, così come emessa nel caso di specie, risulta, quindi, errata e, essendo ormai spirato il termine entro cui la stessa avrebbe potuto essere riemessa correttamente (30 aprile 2022) viene conseguentemente meno la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione della relativa imposta in sede di dichiarazione Iva 2023.
In ogni caso, laddove il cedente/prestatore, ritenendo di poter utilmente recuperare il proprio credito, scegliesse di insinuarsi al passivo e di non avvalersi della facoltà prevista dal predetto comma 3-bis, e la procedura concorsuale si rivelasse infruttuosa, il medesimo potrebbe comunque avvalersi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso articolo 26, secondo cui “se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25”.
Il citato articolo 26, comma 2, riferendosi anche alle figure "simili" alle cause di "nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione", consente, infatti, di valorizzare ragioni ulteriori per le quali un'operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile (cfr. anche Cassazione nn. 9188/2001 e 9195/2001; risoluzione n. 42/2009). In questo senso, ciò che conta non è tanto la modalità con cui si manifesta la causa della variazione dell'imponibile e dell'Iva, quanto piuttosto che della variazione e della sua causa si effettui registrazione ai sensi degli articoli 23, 24, e 25 Dpr Iva. Occorre, altresì, che vi sia, da un lato, identità tra l'oggetto della fattura e la registrazione originaria e, dall'altro, l'oggetto della registrazione della variazione, di modo che sia palese la corrispondenza tra i due atti contabili.
Tra i casi "simili" è, dunque, possibile ricondurre tutte quelle cause in grado di determinare una modificazione dell'assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell'atto originario, in particolare per ciò che attiene ai corrispettivi economici delle operazioni.

Ne consegue che, per coloro che decidano di attendere l'esito della procedura - non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura - la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, può costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione, ex comma 2 dell'articolo 26 citato.
In definitiva, nel caso di specie, solo nell'ipotesi di tardiva insinuazione al passivo e successiva eventuale "infruttuosità" della procedura concorsuale, l'istante è legittimato a riemettere correttamente la nota di variazione, maturando il diritto alla detrazione dell'Iva mai percepita.

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