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Normativa e prassi

Fino a 20 kw è autoconsumo
e lo “scambio” non vuole Iva

Un ente pubblico che sfrutta i sui impianti per fornire energia solare alle sedi istituzionali, non vende il “surplus” al gestore se la potenza rimane entro i limiti stabiliti

fotovoltaica
L’immissione in rete – per effetto dello “scambio sul posto” – dell’energia prodotta da un ente pubblico, “soggetto responsabile” di impianti fotovoltaici, collocati in sedi diverse, ma tutti con potenza inferiore ai 20 kw, non è considerata un’operazione commerciale e, quindi, non è rilevante ai fini Iva.
È questo il primo dei due chiarimenti forniti a un Comune dall’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 32/E del 4 aprile, in materia di “scambio sul posto” e “scambio a distanza” di energia solare.
 
Nel caso in esame, spiega l’Agenzia, ogni impianto solare è strettamente collegato al consumo della struttura in cui è posto, ragione per cui rientra nelle ipotesi già affrontate nella circolare 46/2007 e nella risoluzione 13/2009, riguardanti l’energia fotovoltaica prodotta dagli enti non commerciali.
In pratica, per questi ultimi, a patto che la potenza dei singoli generatori non vada oltre i 20 kw, non viene considerata venduta l’energia in più “passata” al Gestore dei servizi energetici (Gse). Si tratta, infatti, di quantità minime che non annullano il principio dell’“autoconsumo” a base della norma. Superato il limite, l’operazione diventa commerciale e richiede l’emissione di fattura.
In conclusione, per tornare al quesito del Comune, non si configura come attività commerciale la gestione di più impianti fotovoltaici, se ciascuno di essi è a servizio di una sede e ha potenza non superiore a 20 kw, anche quando, considerati invece complessivamente, quel limite viene superato.
 
Dello stesso tenore la risposta fornita alla seconda domanda riguardante, questa volta, lo “scambio a distanza”. Ritroviamo, infatti, la medesima linea di confine, i 20 kw, spartiacque tra scambio commerciale e operazione non rilevante ai fini Iva.
Lo “scambio a distanza” si differenzia da quello “sul posto” perché, nella prima ipotesi, i punti di immissione in rete non coincidono con quelli di consumo dell’energia prodotta. Entrambi sono identificati con i codici Pod, che non corrispondono per forza con strutture dell’ente. Il Comune, attraverso una convenzione con il Gse, può chiedere di gestire i Pod tramite, appunto, lo scambio a distanza.
 
Per risolvere il dubbio sul corretto trattamento fiscale da applicare a questo tipo di gestione, occorre anzitutto suddividere l’energia complessivamente prodotta dagli impianti fotovoltaici di cui l’ente è “soggetto responsabile” per tutti gli edifici serviti. “Laddove da tale ripartizione” chiarisce la risoluzione “risulti che ad ogni sede istituzionale dell’ente è virtualmente associato un impianto di potenza fino a 20 kw, l’ente dovrà considerare la produzione di energia elettrica non commerciale e dunque irrilevante ai fini dell’Iva”.
 
Viceversa, superata tale soglia, si tratterà di cessione e il Comune dovrà rilasciare al Gse regolare fattura in relazione al contributo in conto scambio ricevuto.
L’ente, infine, ha il compito di comunicare al Gestore se lo “scambio” è di natura commerciale e di informarlo su eventuali future variazioni.
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