A tale conclusione è pervenuta l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 124/E del 6 dicembre, sulla base del dato letterale della norma contenuta nel comma 2-ter dell’articolo 176 del Tuir, richiamato dal comma 10-bis dell’articolo 172 – che consente di dare rilievo alle differenze, originate da operazioni di fusione, tra i “maggiori valori iscritti in bilancio”dei beni ricevuti dalla società incorporante (o risultante dalla fusione) e l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dei beni stessi presso il soggetto incorporato (o fuso) – e della considerazione per cui il regime dell’imposta sostitutiva è stato introdotto, al pari di altri interventi della legge finanziaria 2008, per eliminare i disallineamenti tra valori contabili e fiscali, nell’ottica del rafforzamento del cosiddetto “principio di derivazione” e della conseguente semplificazione degli adempimenti (questa la ratio che emerge dalla relazione al Dm 25 luglio 2008, che ha dato attuazione al predetto regime).
La tesi sostenuta dal contribuente porterebbe, invece, all’esito opposto di generare disallineamenti tra valori contabili e fiscali, per effetto dell’affrancamento, e alla conseguente necessità di operare variazioni extracontabili in dichiarazione dei redditi.
Il caso è quello di una fusione per incorporazione di una società interamente controllata da parte di un’altra che adotta, nella redazione del proprio bilancio d’esercizio, i principi contabili internazionali (Ias/Ifrs).
La società incorporante ha, pertanto, fatto riferimento al documento Assirevi, Opi n. 1, in base al quale la differenza positiva tra il valore della partecipazione annullata e quello del patrimonio netto contabile della società incorporata (cosiddetto “disavanzo da annullamento” che, in base ai principi contabili nazionali, deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell’attivo e del passivo della società incorporata e, per la differenza, ad avviamento, come previsto dall’articolo 2504-bis del codice civile) deve essere – per ragioni di prudenza – stornata da parte della società risultante dalla fusione (l’incorporante), tramite una rettifica in diminuzione del proprio patrimonio netto.
In base alle modalità di rappresentazione contabile dettate dal documento appena descritto, i plusvalori latenti sui beni della società incorporata non vengono iscritti nel bilancio della società incorporante, imputandoli ai singoli cespiti ai quali si riferiscono.
In conclusione, con la risoluzione odierna, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto non affrancabili i plusvalori latenti sui beni della società incorporata, non imputati agli stessi, nel bilancio dell’incorporante, in base alle indicazioni contenute nel documento Opi n. 1, anche nel caso in cui l’esistenza di plusvalori “effettivi” sui singoli cespiti facenti parte del patrimonio della stessa incorporata venga attestata tramite apposita perizia di stima.