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Normativa e prassi

Ici: le ragioni della soggettività passiva dei concessionari delle aree demaniali

Sono tenuti al pagamento dell'imposta comunale sugli immobili sia se possessori dei beni sia se semplici detentori degli stessi

Come noto, a partire dall'anno d'imposta 2001, per effetto della entrata in vigore della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), la soggettività passiva all'imposta comunale sugli immobili è stata estesa anche ai concessionari delle aree demaniali.

L'inclusione dei concessionari demaniali nella platea dei contribuenti tenuti al pagamento dell'Ici ha sollevato alcuni dubbi in ordine alla effettiva condizione giuridica di detti soggetti, per i quali, ad avviso dei critici, non dovrebbero ricorrere i presupposti previsti dalla legge per soggiacere alla imposizione fiscale in questione.
Infatti, a mente dell'articolo 1, comma 2, del Dlgs 3 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili, il presupposto dell'imposta risiede nel possesso dei beni immobili (ad es. fabbricati). Con tale termine si designa un potere di fatto sulla cosa da cui scaturiscono attività e comportamenti del possessore del tutto analoghe e assimilabili a quelle solitamente poste in essere nell'esercizio del diritto di proprietà.
Nel caso dei concessionari di beni demaniali, sempre a parere dei suddetti critici, si dovrebbe vertere in ipotesi di detenzione, cioè in una situazione di mero rapporto di fatto con la cosa a cui, di norma, non corrisponde l'esercizio di poteri riconducibili al diritto di proprietà. Questa condizione, sulla scorta del dato normativo, è estranea alla applicazione dell'Ici.

Con risoluzione n. 1/DPF del 6 marzo, l'Ufficio federalismo fiscale del dipartimento per le Politiche fiscali del ministero dell'Economia e delle Finanze ha precisato le ragioni di diritto che hanno comportato il riconoscimento della soggettività passiva ai fini Ici dei concessionari delle aree demaniali.
A tal proposito, preliminarmente, la risoluzione richiama come la soggettività passiva dei concessionari di aree demaniali sia stata stabilita per legge. La qual cosa, di per sé, non può generare dubbi di sorta in ordine alla inclusione di tali soggetti nel novero di quelli tenuti al pagamento dell'Ici.
Il documento di prassi, approfondendo la questione, richiama i prevalenti orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in tema di concessioni demaniali che unanimemente sostengono che esse costituiscono veri e propri diritti soggettivi assimilabili ai diritti reali di godimento su cosa altrui, esercitabili dai titolari direttamente sulla cosa, eccepibili erga omnes, pur nella consapevolezza delle limitazioni connesse alla natura e alla funzione di tali beni che sono suscettibili di revoca da parte della pubblica amministrazione concedente (sentenze n.1711 del 6 giugno 1968, n. 130 del 21 gennaio 1970, n. 2308 dell'11 giugno 1975 della Corte di cassazione).

Pertanto, gli atti concessori di detti beni, per via dell'interesse pubblico che su di essi continua a gravare, non possono dar luogo a figure contrattuali come la locazione che pone il locatario nella condizione di detentore e non di possessore del bene, circostanza che escluderebbe i concessionari dall'applicazione dell'Ici.
A ciò, deve aggiungersi, altresì, che nel rapporto concessorio ciò che assume rilievo è la funzione di godimento del bene, analogamente a quanto accade nel contratto di leasing che l'ordinamento positivo ha già riconosciuto come tassabile ai fini Ici nella figura del locatario finanziario (articolo 3, comma 2, Dlgs. n. 504/1992).

La risoluzione argomenta, altresì, che alle medesime conclusioni si perviene anche quando la pubblica amministrazione regola il rapporto con il soggetto privato con l'atto amministrativo della licenza, al quale è sotteso, comunque, un provvedimento avente carattere concessorio.
Il documento di prassi, ampliando la casistica delle possibili tipologie di atti concessori, prosegue formulando l'ipotesi di una concessione costitutiva in capo al concessionario un diritto di superficie. Anche in questa ipotesi la tassazione è pacifica, in quanto il caso menzionato è esemplificativo di una situazione in cui il soggetto passivo è tale non perché titolare di concessione ma in quanto superficiario, figura, quest'ultima, tenuta al pagamento dell'Ici, sin dall'origine, ai sensi dell'articolo 3 del Dlgs n. 504/1992.

La risoluzione in commento si sofferma a fornire opportuni chiarimenti anche sulla base imponibile da prendere in considerazione ai fini della tassazione, quando si è in presenza di aree demaniali. Muovendo dal dato testuale dell'articolo 2 del citato Dlgs n. 504/92, essa riconosce che "l'area demaniale" non rientra nell'oggetto del tributo, non essendovi ricompreso, mentre soggiacciono sicuramente all'imposizione de quo i fabbricati eventualmente esistenti su dette aree. A suffragio di tale orientamento, cita il caso degli stabilimenti balneari che risultano regolarmente muniti di rendita catastale.
Al contrario, se tali beni fossero eventualmente sprovvisti di una autonoma rendita catastale, in quanto non iscritti in catasto, la mancanza della rendita verrebbe superata applicando i criteri previsti dall'articolo 5, comma 3, del Dlgs n. 504/92 per la determinazione della base imponibile dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, o, in alternativa, con la proposizione, da parte del contribuente stesso, di una rendita suscettibile di modifiche da parte dell'ufficio locale del Territorio nei successivi dodici mesi, nel rispetto delle disposizioni sancite dal decreto ministeriale19 aprile 1994, n. 701.

La risoluzione conclude, coerentemente con le sue premesse, confermando la non imponibilità ai fini Ici delle aree demaniali non accatastabili, nonché di quei fabbricati non infissi al suolo che, per le loro caratteristiche, non possono essere oggetto di accatastamento.
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