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Normativa e prassi

Imprese multiattività, come cambiano le modalità di applicazione degli studi di settore

Stime utilizzabili solo se i ricavi delle attività non prevalenti non superano il 30% del totale

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Per le imprese multiattività gli studi di settore cambiano volto. Da quest'anno i risultati degli studi di settore possono essere usati per l'accertamento solo se i ricavi derivanti dalle attività non prevalenti sono pari o inferiori al trenta per cento di quelli complessivi. Se, invece, i ricavi superano questa soglia, le risultanze possono essere utilizzate dall'Amministrazione finanziaria esclusivamente per selezionare le posizioni da sottoporre a controllo ricorrendo ai metodi ordinari. Con la circolare n. 31/E di oggi l'agenzia delle Entrate pone l'accento sulla semplificazione degli obblighi di annotazione separata delle componenti rilevanti per l'applicazione degli studi di settore.
Un alleggerimento degli adempimenti contabili introdotto dal decreto del ministero dell'Economia e delle Finanze dell'11 febbraio scorso in favore degli imprenditori che svolgono attività di impresa in più punti di produzione e di vendita (cosiddette "imprese multipunto") o che esercitano due o più attività di impresa non rientranti nello stesso studio di settore (cosiddette "imprese multiattività").

In particolare, la circolare fornisce chiarimenti sull'individuazione dell'attività prevalente, ribadendo l'impossibilità di applicare gli studi alle attività non prevalenti attraverso il software Gerico AS, che risulta quindi abolito. Infatti, l'applicazione degli studi nei confronti dei contribuenti esercenti più attività d'impresa si basa soltanto sul criterio della prevalenza.

Le Entrate precisano che rientra nella definizione di attività prevalente quel complesso di attività considerate dallo stesso studio di settore. Di conseguenza, i contribuenti che svolgono più attività devono valutare in via preliminare se due o più di queste sono comprese nello stesso studio. In questo caso, per determinare l'attività prevalente occorre sommare i ricavi provenienti dalle attività riconducibili nel campo di applicazione dello stesso studio, anche se queste hanno codici identificativi diversi. L'attività prevalente, a cui si applicano gli studi, sarà solo quella da cui derivano i ricavi maggiori nel periodo d'imposta considerato.
In base a questo principio i risultati degli studi possono essere usati direttamente in sede di accertamento solo se i ricavi delle attività non prevalenti non superano il trenta per cento dei ricavi totali.
Da questo punto di vista gli uffici dell'Amministrazione finanziaria sono chiamati al rispetto del principio di ragionevolezza, secondo il quale "le stime basate sugli studi sono utilizzabili solo in quanto da esse sia fondatamente desumibile l'ammontare dei ricavi, compensi e corrispettivi effettivamente conseguiti". Infatti, a fronte dell'esercizio di due o più attività imprenditoriali, la stima dei ricavi presunti derivante dallo studio di settore dell'attività prevalente potrebbe non inquadrare esattamente la situazione effettiva del contribuente. Un'eventualità che potrebbe verificarsi specialmente quando i ricavi delle attività non prevalenti si avvicinano alla soglia limite del trenta per cento.

L'abolizione della causa di inapplicabilità degli studi riguarda anche le imprese "multipunto", caratterizzate da più punti di produzione e di vendita in locali non contigui a quelli in cui si svolge l'attività produttiva.

Per agevolare il passaggio graduale alla nuova disciplina, la normativa ha previsto un regime transitorio durante il quale il tetto del trenta per cento dei ricavi delle attività non prevalenti si abbasserà al venti per cento dei ricavi complessivi per il 2007. Di conseguenza, per questo periodo gli studi possono essere usati in sede di accertamento solo se i ricavi delle attività non prevalenti risultano pari o inferiori al venti per cento dei ricavi totali. In caso contrario gli studi sono applicabili solo per l'individuazione dei soggetti sottoposti a controllo con le metodologie ordinarie.
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