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Normativa e prassi

Indeducibilità dei costi da reato.
I chiarimenti sulle nuove regole

Circoscritta ai soli beni o alle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di fattispecie delittuose. È uno dei punti messi in evidenza nella circolare di oggi

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Il Dl 16/2012 (sulle semplificazioni tributarie), convertito con modificazioni dalla legge 44/2012 è intervenuto, tra l’altro, sul dibattuto tema della indeducibilità dei costi e delle spese relativi a condotte penalmente rilevanti; le novità normative, contenute ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 8, sono state illustrate dalla circolare n. 32 del 3 agosto, con la quale l’Agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi della questione, già affrontata con la circolare n. 42/E del 2005, al fine di fornire agli uffici indicazioni utili all’interpretazione e all’applicazione delle nuove regole.
 
La prima rilevante novità è quella contenuta al comma 1 dell’articolo 8 del decreto citato, il quale introduce una nuova previsione che sostituisce, restringendone l’ambito di applicazione, la formulazione del previgente comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 537/1993.
Il nuovo testo circoscrive l’indeducibilità ai soli componenti negativi relativi ai beni o alle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di fattispecie penalmente rilevanti aventi natura delittuosa. Nel vigente contesto normativo non sono, quindi, ammessi in deduzione i soli costi che il contribuente abbia sostenuto per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto. Sul piano dell’elemento soggettivo del reato, il legislatore restringe poi ulteriormente l’area dell’indeducibilità ai soli componenti negativi correlati al compimento di attività delittuose di natura non colposa.
L’altra importante novità introdotta dal legislatore riguarda il momento a partire dal quale opera l’indeducibilità del costo.
In base alla nuova formulazione della norma è a tal fine necessario che in relazione alla fattispecie delittuosa non colposa cui il costo è direttamente connesso sia stata formalmente esercitata l’azione penale ovvero il giudice abbia, comunque, emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 codice di procedura penale.
L’indeducibilità del costo permane, chiarisce la circolare in commento, nel caso di sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato; tale pronuncia, non dichiarando, nel merito, l’assoluzione dell’imputato, non determina, infatti, il venir meno del presupposto del recupero fiscale effettuato.
 
Il nuovo comma 4-bis, ampiamente illustrato, nei suoi contenuti, nel citato documento di prassi, è destinato ad avere importanti riflessi in tema di deducibilità di costi e spese esposti in fatture soggettivamente inesistenti. Come chiarisce espressamente la relazione illustrativa al decreto, per effetto di tale disposizione, l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
Poiché, nel nuovo regime, l’indeducibilità del costo opera ove vi sia stato un diretto utilizzo dei beni o dei servizi per il compimento dell’attività delittuosa non colposa, saranno deducibili, ovviamente al ricorrere dei requisiti generali di deducibilità dei costi previsti dal Testo unico delle imposte sui redditi, i costi documentati da fatture per operazioni soggettivamente inesistenti connessi all’acquisizione di beni o servizi scambiati o prestati nell’ambito dell’attività commerciale del soggetto. Ai fini dell’Iva, rimanendo ferme le regole generali in materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto, permane, invece, l’indetraibilità dell’imposta per il contribuente che non dimostri la propria buona fede e quindi la propria estraneità alla frode.
 
Altra importante novità analizzata dalla circolare è quella contenuta al comma 2 dell’articolo 8, con il quale il legislatore interviene sul tema dell’utilizzo di fatture relative a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati. Al fine di assicurare il rispetto del principio costituzionale di capacità contributiva, si è prevista in tali casi la non imponibilità dei componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare dei costi non ammessi in deduzione, e l’applicazione, in tali fattispecie, della sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare dei componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi.
La predetta sanzione, che gli Uffici irrogheranno a mezzo di apposito atto di contestazione ai sensi dell’articolo 16 del Dlgs 472/1997, è riducibile di un terzo esclusivamente ai sensi del comma 3 della stessa norma. In relazione alla fattispecie sanzionatoria in esame il legislatore ha, infine, escluso l’applicabilità degli istituti del concorso e della continuazione.
 
Tutte le novità normative richiamate sono ampiamente illustrate nella circolare, la quale, dopo aver affrontato anche il tema del trattamento sanzionatorio in caso di costi relativi a beni o prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di attività delittuose non colpose, consistente nell’applicazione delle sanzioni dal cento al duecento per cento della maggior imposta per “infedeltà” della dichiarazione, e ulteriormente precisato come rimanga in facoltà del contribuente scongiurare l’inizio di un’attività di controllo attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa recante le variazione in aumento del reddito imponibile corrispondenti ai costi indebitamente dedotti, si sofferma nel commento dell’altra novità introdotta dal nuovo testo del comma 4-bis, il quale disciplina espressamente il caso in cui, successivamente all’azione di controllo dell’Ufficio, intervenga in favore del contribuente una sentenza definitiva di assoluzione ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla prescrizione, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere. In tali casi, venuto meno il presupposto per il recupero a tassazione dei costi, al contribuente compete il rimborso delle maggiori imposte versate in seguito alla contestata non ammissibilità in deduzione degli stessi e dei relativi interessi, rimborso che, come chiarisce espressamente la stessa circolare, dovrà estendersi anche alle sanzioni, benché non richiamate esplicitamente nel dettato normativo. Tale obbligo restitutorio scatta anche con riguardo alle somme versate in ipotesi di ravvedimento operoso nonché nei casi i cui il contribuente abbia definito la pretesa tributaria attraverso il ricorso agli istituti definitori di cui al Dlgs 218/1997 o Dlgs 546/1992.
 
Oggetto di analisi è, infine, la disposizione transitoria di cui al comma 3 del più volte richiamato articolo 8, che prevede l’applicabilità delle nuove regole, ove più favorevoli, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle stesse, salvo che i provvedimenti emessi in base al previgente comma 4-bis non si siano resi definitivi.
La circolare evidenzia, infine, come le nuove norme, in base al disposto del comma 3, continuino ad essere applicabili anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
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