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Normativa e prassi

Indennità di recesso, l'addio dei professionisti è libero dall'Iva

Irpef a tassazione separata per le quote corrisposte ai soci che abbandonano l'attività dello studio

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Indennità di recesso senza obblighi Iva. Le somme pagate dagli studi associati ai professionisti che lasciano l'attività sono escluse dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e dagli adempimenti correlati, come la registrazione e la fatturazione dei compensi. Gli stessi importi rientrano invece, per quanto riguarda l'imposizione diretta, tra i redditi soggetti a tassazione separata se il tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione della rinuncia supera i cinque anni. Sono queste le conclusioni dell'agenzia delle Entrate che, con la risoluzione n. 142/E del 10 aprile, pone l'accento sul trattamento fiscale da applicare all'indennità corrisposta ai soci di studi professionali in caso di cessazione del rapporto associativo. Una questione che il documento di prassi affronta da due diversi punti di vista: da una parte l'Irpef, dall'altra l'Iva.

Sul primo versante, l'Amministrazione finanziaria concorda con il contribuente nel ritenere che i pagamenti accreditati all'ex partner di un'associazione professionale sotto forma di indennità di recesso sono tassati separatamente. Infatti, come precisa la risoluzione, se nel corso del periodo d'imposta il rapporto associativo viene meno per recesso, esclusione o morte del socio, a questo o ai suoi eredi di solito viene versata una quota pari al conferimento effettuato inizialmente e una quota aggiuntiva che dovrebbe tener conto del contributo dato dal socio recedente all'acquisizione della clientela. A questi importi, stando alle disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi, l'Irpef si applica separatamente se il periodo di tempo che intercorre tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso è superiore a cinque anni.

A questo proposito è opportuno ricordare che il Tuir equipara il regime fiscale applicabile alle associazioni professionali a quello in vigore per le società semplici. Entrambe le tipologie infatti sono accomunate dagli stessi elementi costitutivi, dall'esercizio collettivo di un'attività che genera reddito alla volontà contrattuale di suddividere gli utili, passando per il conferimento di beni e servizi. Inoltre, la risoluzione precisa che i redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni sono classificati come redditi di lavoro autonomo anche se prodotti in forma associata, mentre rientrano tra i redditi di partecipazione quelli attribuiti dallo studio ai singoli associati indipendentemente da quanto essi percepiscano effettivamente. Le modalità di ripartizione degli utili dell'associazione sono infatti stabilite in maniera autonoma dal relativo statuto.

Passando al trattamento fiscale dell'indennità di recesso ai fini Iva, le Entrate sottolineano in via preliminare che gli studi associati sono costituiti da professionisti iscritti ad appositi albi professionali che si associano per regolare i loro rapporti in relazione alle spese e ai compensi della loro attività. In questi casi, pur essendo il singolo professionista a prestare la sua assistenza al cliente, la fattura per il compenso è emessa dallo studio, che sostiene anche le spese necessarie per lo svolgimento del lavoro. Le fatture, inoltre, riportano il numero di partita Iva dello studio e non quello eventualmente posseduto dai professionisti che ne fanno parte.

Tutti questi dati dimostrano che l'effettivo esercente dell'attività professionale non è il singolo associato, ma lo studio nel suo complesso. Ne consegue che il pagamento dell'indennità di recesso ai soci è del tutto irrilevante ai fini dell'Iva. Questo compenso non è altro che "la naturale proiezione delle componenti ordinarie collegate all'attività svolta dal singolo professionista associato nella fase in cui operava nell'ambito dell'organizzazione".
Una conclusione, quella dell'Agenzia, che discorda in parte con la soluzione prospettata dal contribuente attraverso un'istanza di interpello. Secondo il professionista, che prima del recesso esercitava la professione di avvocato in uno studio associato, la remunerazione attribuitagli dall'associazione è imponibile ai fini Iva e deve essere assoggettata a tassazione separata ai fini Irpef. Ciò comporterebbe, per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto, l'apertura di un'autonoma partita Iva da parte dell'ex socio. Un impegno scongiurato grazie al fatto che i compensi sfuggono dal campo di applicazione dell'imposta.
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