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Normativa e prassi

Interpelli sui crediti agevolativi
e ruolo delle competenze tecniche

I chiarimenti dell’Agenzia riguardano le istanze relative a disposizioni di favore, per le quali è necessario acquisire il preventivo parere di altre amministrazioni su profili non strettamente fiscali

interpelli

Le istanze di interpello riguardanti esclusivamente la riconducibilità di una determinata attività nelle misure agevolative sono escluse dall’area di applicazione dell’interpello, in quanto l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale che rientrano nell’ambito operativo di altre amministrazioni. Di conseguenza, gli Uffici comunicheranno ai contribuenti istanti che i quesiti inviati non possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’interpello (articolo 11, comma 1, lettera a) della legge n. 212/2000). È una delle precisazioni contenute nella circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 dell’Agenzia delle entrate, predisposta a seguito delle numerose richieste di chiarimenti sulla gestione degli  interpelli che necessitano di un coordinamento con enti o amministrazioni, il cui parere tecnico costituisce il presupposto inevitabile per la spettanza del beneficio fiscale, con specifico riferimento a profili che implicano competenze tecniche non fiscali.
Le istanze per le quali si è reso necessario un chiarimento delle Entrate riguardano questioni di rilevanza extra-fiscale e, in particolare, la definizione delle attività ammissibili all’agevolazione fiscale e la riconducibilità di quelle prospettate con l’interpello tra quelle di ricerca e sviluppo (articolo 3 del Dl n. 145/2013) e ricerca, sviluppo, innovazione e design (articolo 1, commi da 198 a 209, legge n. 160/2019).

L’Agenzia precisa che le istanze di interpello che riguardano sia l’ammissibilità delle attività al beneficio, sia questioni di carattere fiscale sono oggetto di diversa valutazione a seconda che il contribuente alleghi il propedeutico parere del competente organo sull'inquadramento tecnico dell'attività, oppure, al contrario, non alleghi alcun parere.
Nel primo caso, l’istanza deve essere considerata ammissibile e istruita secondo le ordinarie modalità operative indicate dall’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente. Nel secondo caso, con l’assenza del parere tecnico, la risposta potrà riguardare solo il quesito di carattere fiscale per cui, in assenza di ulteriore vizi di inammissibilità dello stesso (quali ad esempio l’assenza di dubbio interpretativo), si procederà a istruire la relativa risposta secondo le ordinarie modalità operative.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche nel caso di istanze aventi ad oggetto esclusivamente questioni di carattere fiscale, fermo restando che in entrambe le ipotesi, in assenza di parere tecnico, la risposta fornita assumerà acriticamente gli elementi rappresentati dal contribuente in ordine ai profili di carattere tecnico (non fiscali).

Il ragionamento vale anche per l’istruttoria delle istanze presentate dai soggetti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo (Dlgs n. 128/2015) e delle istanze di interpello sui nuovi investimenti (Dlgs n. 147/2015) In quest’ultimo caso, qualora in base al Piano di investimenti che costituisce oggetto dell’istanza, l’investitore sollevi questioni che presuppongano l’accertamento dell’ammissibilità al beneficio fiscale di determinati atti o attività, l’istanza di interpello dovrà essere accompagnata dal parere rilasciato dalla diversa Autorità competente o, nei casi in cui l’agevolabilità non sia oggetto di dubbi da parte dell’investitore, come già rappresentato, la risposta sarà resa assumendo anche in tale ipotesi acriticamente gli elementi rappresentati dal contribuente in ordine ai profili di carattere tecnico (non fiscali).
Le indicazioni fornite con il documento di prassi in esame saranno operative e si rendono applicabili alle istanze presentate a partire dalla data di pubblicazione della circolare stessa e i chiarimenti forniti con i precedenti documenti di prassi (circolare n. 5/2016 e circolare n. 13/2017) devono intendersi superati.

La rilevanza pluridisciplinare
L’Agenzia, a tal proposito, ricorda che, in tema di riconducibilità delle fattispecie descritte nell’interpello al credito d’imposta ricerca e sviluppo (Dl n. 145/2013), nella versione vigente fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, la circolare n. 5/2016 ha precisato che le indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (come lo sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda nel settore chimico-farmaceutico) tra quelle accreditabili, analiticamente elencate dalle predette norme, comportano accertamenti di natura tecnica di competenza del ministero dello Sviluppo economico. In una prima fase, la circolare n. 5/2016 ha precisato che sarebbe stata la medesima Agenzia delle entrate ad acquisire il preliminare parere tecnico del competente ministero.
Con la successiva circolare n. 13/2017, anch’essa avente ad oggetto le modalità del riconoscimento del predetto credito d’imposta, è stato ulteriormente chiarito che nei casi di incertezze riguardanti esclusivamente l’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione, il soggetto interessato può acquisire autonomamente il parere tecnico del Mise limitandosi a conservarlo, senza dover presentare a tal fine un’istanza di interpello all’Agenzia.
La circolare n. 9/2016, infine, ha fatto riferimento alla relazione illustrativa al Dlgs n. 156/2015 secondo cui “l'interpello qualificatorio, al pari dell'interpello ordinario, non può comunque avere ad oggetto accertamenti di tipo tecnico. Non potrà quindi correttamente qualificarsi istanza di interpello quella tesa ad ottenere accertamenti di fatto (ad esempio, le operazioni di classamento, di calcolo della consistenza e l'estimo catastale ovvero l'accertamento della natura illecita di un provento ai fini dell'applicazione della relativa disciplina) esperibili esclusivamente nelle sedi proprie”. Tale circolare, quindi, ha escluso dall’area dell'interpello i casi in cui si rende necessaria un’attività di competenza di amministrazioni diverse dall’Agenzia, come ad esempio i pareri tecnici. La stessa circolare però fa salva la possibilità di concludere specifici accordi di collaborazione con altre amministrazioni su iniziativa dell’Agenzia, che si attiva al posto del contribuente per acquisire elementi tecnici, ribadendo l’interpretazione seguita nella circolare n. 5/2016.
Tuttavia, l’Agenzia, d’intesa con il Mise, tenuto contro della copiosa prassi in materia che offre oggi importanti strumenti di orientamento nella applicazione della disciplina agevolativa, nella prospettiva di agevolare la gestione comune delle questioni di rilevanza pluridisciplinare e consentire che le rispettive attività si svolgano nelle forme, nei tempi e nei modi adeguati, ha ritenuto di superare quanto precisato con i precedenti documenti di prassi e di rimodulare le modalità di gestione delle istanze di interpello con i nuovi chiarimenti.

Verifica spettanza credito d’imposta ricerca e sviluppo 

Tenuto conto che si intende "inesistente" il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli, la circolare precisa che, se sulla base dei controlli dell’Agenzia venga accertato che le attività o spese sostenute non siano ammissibili al credito d'imposta ricerca e sviluppo, si configura un'ipotesi di utilizzo di un credito inesistente per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo. Il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, non rilevando ai fini della violazione l’esposizione del credito in dichiarazione annuale. Se, ad esempio, il controllo verte sull’esistenza del credito d’imposta maturato nel periodo d’imposta 2015, indicato nella dichiarazione del 2016 e utilizzato in compensazione nel 2017, gli Uffici potranno procedere alle operazioni di verifica entro l’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, e, qualora riscontrino che il credito utilizzato è “inesistente” per mancanza dei presupposti costitutivi, dovranno notificare l’atto di recupero entro il 31 dicembre 2025. In tal caso, gli uffici, ricorrendone le condizioni, potranno procedere al recupero del credito d’imposta inesistente anche senza la previa acquisizione del parere tecnico del Mise. 

Infine, nelle ipotesi di contestazione di crediti inesistenti si applica la sanzione dal 100 al 200% della misura dei crediti stessi (articolo 13, comma 5, Dlgs n. 471/1997) e non potrà applicarsi la definizione agevolata. Il contribuente, comunque, può beneficiare del ravvedimento, anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero, e i competenti Uffici, se è resa manifesta la sproporzione tra l'entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, potranno applicare la predetta sanzione riducendo sino la stessa alla metà del minimo edittale. 

  

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