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Normativa e prassi

Interpello: per un istituto gradito disposizioni chiare e rigorose

Il contribuente deve, tra l’altro, quantificare l’eventuale beneficio fiscale di cui ritiene possa avvalersi


Un riepilogo delle principali istruzioni contenute nei documenti di prassi ancora in vigore e nuove regole operative in materia di interpello. Questo, in estrema sintesi, il contenuto del nuovo documento di programma sulle istanze di interpello, la circolare n. 32/E del 14 giugno.

Ricapitolando
Tre sono le macro-categorie in cui è possibile classificare – sotto lo specifico profilo procedurale – le istanze di interpello presentate dai contribuenti all’Agenzia delle Entrate:
 
► l’interpello ordinario disciplinato dall’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, la cui procedura ricomprende le istanze per la continuazione del consolidato nazionale, per l’opzione per il consolidato mondiale, in materia di recupero dei crediti bancari e in materia di ricerca e sviluppo. Una sub-categoria autonoma è costituita dalle istanze di disapplicazione della disciplina sulle controlled foreign companies presentate ai sensi degli articoli 167 e 168 del Tuir, nell’ambito della quale rientrano gli interpelli concernenti gli utili, i dividendi e le plusvalenze da partecipazioni, allorché siano coinvolti paesi della black list
► l’interpello antielusivo di cui all’articolo 21 della legge 413/1991, la cui procedura include anche le istanze presentate ai sensi dell’articolo 110, comma 10 del Tuir, in tema di costi sopportati nei confronti di soggetti ubicati in paesi black list
► l’interpello disapplicativo previsto dall’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973, la cui procedura ammette anche le istanze presentate dalle società non operative di cui all’articolo 30 della legge 724/1994.

Da sottolineare, in pillole
Con riferimento alla procedura di interpello ordinario, la circolare evidenzia la condizione fondamentale dell’obiettiva incertezza della norma tributaria di cui si chiede l’interpretazione e della natura concreta e personale della questione interpretativa.

Gli effetti dell’interpello ordinario non si producono se in sede di controllo emerge una difformità dei fatti constatati con quelli contenuti nell’istanza di interpello.

Tra le novità del nuovo intervento di prassi va segnalato che i soggetti non residenti, dalla data di pubblicazione della circolare, devono presentare le istanze di interpello alla direzione centrale Normativa.

L’istanza di interpello antielusivo deve contenere l’esposizione dettagliata del caso concreto, nonché la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente.

A seguito delle modifiche normative apportate dal Dl 185/2008, decorsi 120 giorni dalla presentazione dell’istanza, il contribuente può diffidare l’amministrazione. Se poi trascorrono ulteriori 60 giorni dalla diffida e l’Amministrazione persiste nel silenzio, si forma il silenzio assenso sulla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente.

Da evidenziare, il chiarimento relativo all’istanza di interpello di cui all’articolo 11, comma 13, della legge 413/1991, in materia di costi derivanti da operazioni con soggetti ubicati in Paesi e territori black list: le esimenti tra loro alternative possono essere fornite dal contribuente in sede di controllo, o in via preventiva, inoltrando all’Agenzia delle Entrate l’istanza di interpello.

In riferimento all’interpello disapplicativo, l’istanza preventiva (ossia da inoltrare prima della presentazione della dichiarazione dei redditi che accoglie gli effetti del comportamento oggetto della richiesta di disapplicazione) deve riguardare fattispecie concrete, compiutamente descritte, in relazione alle quali specifiche norme di legge antielusive, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre situazioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento.

Le imprese di più rilevante dimensione, cioè i soggetti che conseguono ricavi o un volume d’affari non inferiori a 200 milioni di euro, rivolgono le istanze di interpello (ordinario, Cfc, antielusivo e disapplicativo) alla direzione centrale Normativa per il tramite della direzione regionale delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente.
Ne consegue che è la direzione centrale Normativa a comunicare la risposta dell’Agenzia a questi soggetti.

Nuove istruzioni
La seconda parte della circolare prende le mosse dalla constatazione che lo sviluppo dell’interpello ha prodotto, nel tempo, effetti non sempre in linea con gli obiettivi e le finalità perseguite dal legislatore (ad esempio, istanze formulate genericamente o presentate da soggetti non legittimati o a seguito di controlli sostanziali). Di qui, la necessità di fornire nuovi chiarimenti in ordine ai presupposti per la presentazione delle istanze, ai profili di inammissibilità delle stesse e ai rapporti tra le risposte rese e le successive eventuali fasi dell’accertamento e del contenzioso.

A tal fine, è evidenziato che finalità comune a tutte le istanze di interpello è di far conoscere il parere dell’Agenzia in ordine all’interpretazione/applicazione di una norma tributaria a una fattispecie concreta, riferibile alla posizione del contribuente istante.
Tale principio vale anche per l’interpello sulle Cfc e per quello disapplicativo, i quali si differenziano dalle altre tipologie di interpello per l’obbligatorietà della presentazione della relativa istanza ai fini dell’ottenimento di un parere favorevole all’accesso a un regime derogatorio rispetto a quello legale, normalmente applicabile.
La ratio di tale obbligo è consentire all’amministrazione finanziaria un monitoraggio preventivo in merito a particolari situazioni considerate dal legislatore potenzialmente elusive.
La circolare precisa, inoltre, che l’obbligatorietà dell’istanza non muta il carattere non vincolante della risposta, quale atto avente natura di parere, né tanto meno preclude all’istante la possibilità di dimostrare, anche successivamente, la sussistenza delle condizioni che legittimano l’accesso al regime derogatorio.

Inammissibilità
Sono considerate inammissibili in via assoluta (cioè senza fornire alcuna consulenza giuridica) le seguenti ipotesi: istanze mancanti dei dati identificativi dell’interpellante e della sottoscrizione; istanze presentate da professionisti privi di procura o presentate dai consulenti su questioni generali e astratte; istanze meramente reiterative di altre precedenti ovvero richieste di riesame e istanze che interferiscono con l’esercizio dei poteri istruttori.
Superando una prassi finora seguita, saranno da considerarsi inammissibili in via assoluta e non più in via relativa (cioè fornendo comunque la consulenza giuridica), le istanze di interpello ordinario, qualora sulle norme invocate siano stati già forniti chiarimenti dall’amministrazione; quelle di interpello disapplicativo, non aventi per oggetto norme a contenuto antielusivo speciale e quelle presentate da società non operative, che beneficerebbero di una causa di esclusione automatica; le istanze non sufficientemente circostanziate e non preventive.
Inammissibili anche gli interpelli presentati dalle società non operative prive del “contenuto minimo necessario”, in quanto l’assenza di tale contenuto rileva sul piano della mancata “concretezza”. Superate, quindi, le istruzioni fornite con la circolare 14/2007 laddove le predette istanze erano classificate come improcedibili.

Concretezza
La circolare si sofferma sugli elementi necessari per la definizione del “caso concreto”, in mancanza dei quali l’istanza di interpello sarà considerata inammissibile (dati identificativi, tipologia di istanza, eccetera.).
Di particolare interesse, a questo proposito, sono le indicazioni fornite in relazione alla descrizione puntuale della fattispecie e all’indicazione dei valori economici interessati dall’interpello.
Con riferimento a questa seconda indicazione, la circolare richiede al contribuente di evidenziare l’eventuale beneficio fiscale (in termini di risparmio d’imposta ovvero di rinvio della tassazione o sotto qualsiasi altra forma). A tal fine, laddove rilevabili, è sufficiente l’indicazione dei valori di massima del beneficio fiscale, specie con riferimento alle istanze di interpello aventi a oggetto fattispecie di particolare complessità (ad esempio, operazioni di riorganizzazione aziendale).

Per quanto riguarda la puntuale descrizione del caso concreto e personale, la circolare evidenzia che il contribuente non può limitarsi a una rappresentazione sommaria e approssimativa della fattispecie di interesse, ponendo a carico dell’Agenzia l’onere di ricavare, dall’eventuale documentazione allegata, le informazioni necessarie alla compiuta definizione della fattispecie medesima.

Di rilievo è altresì la precisazione per cui va ritenuta inammissibile l’istanza finalizzata a ottenere esclusivamente una pronuncia sul trattamento contabile o sull’inquadramento civilistico di una determinata questione, dal momento che l’interpello è finalizzato alla esclusiva definizione del regime fiscale applicabile.

Preventività
Con riferimento all’interpello ordinario, la circolare precisa che il contribuente è tenuto a presentare l’istanza prima della scadenza del prescritto termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, a prescindere dalla possibilità di effettuare dichiarazioni integrative.

Per i comportamenti che, invece, non trovano attuazione nella presentazione di una dichiarazione (ad esempio, nell’imposta di registro), occorre fare riferimento a elementi diversi quali, nel caso di specie, la presentazione dell’atto per la registrazione, a nulla influendo la circostanza che, in attesa della risposta dell’Agenzia, il contribuente registri l’atto.

Le istanze di disapplicazione della disciplina Cfc e quelle delle norme antielusive, per le quali il comportamento rilevante ai fini dell’interpello trova attuazione nella dichiarazione dei redditi, devono essere presentate in tempo utile (120 o 90 giorni, secondo i casi) prima della scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione.

Documentazione integrativa
Il documento di prassi chiarisce che la richiesta di documentazione integrativa non può sanare quelle carenze dell’originaria istanza che comportano una pronuncia di inammissibilità; l’amministrazione può richiedere solo elementi diversi da quelli essenziali, ritenuti comunque necessari per un migliore inquadramento della fattispecie.
Rilevante novità è data dal fatto che, ancorché l’amministrazione attraverso tale richiesta non eserciti i poteri di accertamento, ai sensi degli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 51 del Dpr 633/1972, la richiesta, rivolta esclusivamente nei confronti del contribuente istante, può avere ad oggetto i medesimi atti e documenti che possono essere acquisiti dai verificatori in sede di accertamento.

Sotto la lente grandi e piccoli
Riguardo alle imprese di più rilevante dimensione, la circolare ricorda che per tali soggetti l’Agenzia verifica il rispetto della soluzione interpretativa, oggetto della risposta all’interpello, nell’ambito di piani di controlli da effettuare entro l’anno successivo a quello della presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto.
Per tutti gli altri soggetti gli uffici competenti potranno comunque verificare se gli istanti si siano o meno uniformati al parere reso dall’Agenzia in sede di risposta all’interpello.

Un problema di rilevante portata si verifica nel caso in cui il contribuente abbia provveduto autonomamente alla disapplicazione delle norme di legge per le quali è prevista l’obbligatorietà della presentazione dell’istanza di interpello.
In tale ipotesi, sarà irrogata la sanzione “piena” prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a), del Dlgs 471/1997.
Inoltre, in fase di accertamento, l’analisi condotta dagli uffici non deve limitarsi alla mera constatazione del mancato rispetto di parametri quantitativi o di condizioni formali posti dal legislatore, ma deve mirare a verificare se gli elementi sostanziali addotti dal contribuente siano idonei a dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze esimenti previste dalle norme in questione. In assenza di tale dimostrazione, gli uffici applicheranno, in linea di principio, le sanzioni nella misura massima prevista dalla legge.

In ogni caso, la circolare ricorda che è sempre consentito ai contribuenti impugnare l’avviso di accertamento emesso, al fine di dimostrare in sede contenziosa la sussistenza delle condizioni che giustificherebbero la disapplicazione della disciplina normativa. Non è, invece, autonomamente impugnabile il parere reso in sede di interpello, ivi compreso quello disapplicativo, non essendo in alcun modo lesivo della posizione del contribuente.

Superata l’indicazione, contenuta nella circolare 7/2009, con riferimento specifico alle istanze di interpello disapplicativo della disciplina delle società non operative, secondo cui “In assenza di presentazione dell’istanza, il ricorso è inammissibile considerato che la disapplicazione non è ammessa in assenza della relativa istanza, che non può essere proposta per la prima volta in sede contenziosa col ricorso avverso l’avviso di accertamento e di irrogazione delle sanzioni amministrative”.

Aliquote Iva, le Entrate non bussano più alla porta delle Dogane
Gli interpelli riguardanti l’individuazione dell’aliquota Iva applicabile alla cessione di beni ricompresi nella tabella A allegata al Dpr 633/1972 saranno inammissibili. Per l’Agenzia, infatti, la procedura preliminare dell’accertamento tecnico del prodotto, a cura delle Dogane, esula dalle proprie competenze. I contribuenti potranno continuare a presentare interpello soltanto nei casi in cui l’istanza non presupponga l’espletamento dell’accertamento tecnico, oppure la stessa risulti essere già corredata del parere reso dall’Agenzia delle Dogane.
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