Una casa di cura privata, accreditata con il Servizio sanitario regionale, che svolge anche attività non in convenzione, non può beneficiare della riduzione della metà dell’Ires. La disposizione agevolativa è riconosciuta agli enti che svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni del servizio sanitario nazionale. Questa la risposta all’interpello n. 315 del 24 luglio 2019
Quesito
Una società ha la gestione diretta di una casa di cura specializzata in ortopedia, oculistica e servizi di diagnostica per immagini, nella quale tutti i posti letto presenti sono accreditati dal Ssr e riconosciuti idonei a erogare prestazioni sanitarie per conto dello stesso. La società ha stipulato un contratto con la Asl per lo svolgimento di attività sanitarie per conto del Ssn, mentre la casa di cura è stata riconosciuta dalla Regione come “presidio ospedaliero” dell’Asl competente per territorio.
La casa di cura chiede all’Agenzia se possa essere ricompresa tra gli “enti ospedalieri” per poter accedere al beneficio fiscale della riduzione alla metà dell’imposta sul reddito delle società (Ires), prevista all’articolo 6, comma 1, lettera a) del Dpr n. 601/1973.
Risposta
L’Agenzia, nel formulare il suo parere, richiama dapprima la circolare n. 78/2002 che ha affrontato il problema dell’applicabilità dell’agevolazione Ires alle Asl ritenendola non spettante perché “le Aziende sanitarie locali svolgono attualmente non solo le originarie attività degli enti ospedalieri, ma anche attività del tutto nuove, che esorbitano dall’assistenza ospedaliera tipica dei sopra citati enti. Pertanto, si ritiene che le Aziende sanitarie locali non possono essere equiparate agli enti ospedalieri e, conseguentemente, ad esse non può essere applicata la disposizione agevolativa recata dall’articolo 6 del DPR n. 601/1973”.
Tale orientamento è stato consolidato dalle pronunce della Corte di Cassazione, in base alle quali “deve negarsi l'equiparazione tra enti ospedalieri e aziende sanitarie locali” perché “da un lato, alle a.s.l. sono state assegnate, oltre all'assistenza ospedaliera, attività e funzioni nuove e diverse, e, dall'altro, i “vecchi” enti ospedalieri mantengono una loro autonomia, o in quanto costituiti in “aziende ospedaliere”, o quali “presidi ospedalieri” nell'ambito delle a.s.l.”.
Successivamente la risoluzione n. 179/2009 dell’Agenzia, riconoscendo ai “presidi ospedalieri” un ruolo integrativo dell’assistenza ospedaliera pubblica, precisa che il beneficio fiscale previsto dall’articolo 6 del Dpr n. 601/1973 è riferito agli enti che svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni dei soppressi “enti ospedalieri”, nell’ambito della rete ospedaliera pubblica del Ssn.
Nel caso in esame, l’istante risulta essere accreditata presso l’Asl competente per territorio ma genera parte dei ricavi da prestazioni di ricovero e ambulatoriali diverse da quelle rese in regime di convenzione con il servizio sanitario pubblico (prestazioni private in regime di solvenza).
Con riferimento all’attività sanitaria solo in parte accreditata e contrattualizzata, le Asl non possono essere equiparate agli enti ospedalieri, alle quali pertanto non può applicarsi la disposizione agevolativa recata dall’articolo 6 del Dpr n. 601/1973.
Il requisito dell’esclusività dell’attività è stato, tra l’altro, ribadito dalla citata risoluzione n. 179/2009: l’agevolazione spetta agli enti che svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni del Ssn. L’Agenzia ritiene, quindi, che la società istante non possa essere annoverata tra i soggetti destinatari dell’agevolazione, poiché le attività in regime di convenzione sono solo una parte delle attività svolte.