L'appalto di servizi che stabilisce prestazioni da erogare in maniera continuativa, qualificandosi come un contratto di durata, non fa sorgere il presupposto per la valutazione delle rimanenze finali, poiché le singole prestazioni si eseguono e si esauriscono nell'ambito di ciascun esercizio di durata del contratto, generando ricavi (risoluzione n. 342 del 31 ottobre).
Il contratto di assistenza a lungo termine
Il caso prospettato all'Agenzia riguarda una stabile organizzazione di una società statunitense operante in Italia nel settore meccanico, elettronico, chimico e nucleare, che ha stipulato un contratto di manutenzione pluriennale della durata di sei anni, rinnovabili, avente a oggetto diversi interventi su centrali termoelettriche.
Il contratto stabilisce, in sintesi, un corrispettivo complessivo per l'esecuzione di alcuni interventi denominati di "manutenzione programmata". Per gli altri interventi previsti di "lavoro extra", il corrispettivo viene determinato sulla base dei prezzi ordinariamente praticati, scontati con percentuali individuate in relazione a ciascuna prestazione.
La società istante, considerato che è già stata autorizzata a valutare tutti i servizi, opere e forniture di durata ultrannuale con il metodo della "commessa completata" e che il contratto prevede un corrispettivo unitario, chiede di poter imputare tra le rimanenze finali, ai sensi del comma 5, dell'articolo 60, del Tuir, tutti i costi sostenuti per l'esecuzione delle obbligazioni assunte con tale contratto, facendoli poi concorrere alla determinazione del reddito nell'esercizio di scadenza del contratto stesso, imputando a quest'ultimo esercizio anche il complessivo corrispettivo del servizio di manutenzione effettuato nel corso dei sei anni.
I presupposti per la valutazione delle rimanenze
Secondo l'Agenzia, il consenso all'utilizzo del criterio della commessa completata implica un preliminare esame della natura dell'accordo stipulato dalla società istante, esame che si rende necessario per verificare l'applicabilità dell'articolo 60, del Tuir, al caso concreto.
La norma citata riguarda la valutazione delle rimanenze costituite da opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, pattuiti come oggetto unitario e la cui esecuzione, parzialmente effettuata nel corso del periodo d'imposta, non è ancora terminata alla fine del periodo stesso.
In sostanza, la disciplina fiscale prevista dal citato articolo 60 "si riferisce a contratti:
- riguardanti opere, forniture e servizi che per essere compiutamente realizzati o eseguiti necessitano un tempo superiore a 12 mesi investendo, di conseguenza, almeno due periodi d'imposta;
- da cui derivano una serie di obbligazioni a carico del commissionario che, se pur distinte e singolarmente individuabili, sono tra di loro oggettivamente connesse in modo da perdere autonoma rilevanza e costituire un'unica, complessa prestazione volta al conseguimento di un risultato finale diverso e ulteriore rispetto alle singole prestazioni (ad esempio, la fornitura "chiavi in mano" di un sistema informatico personalizzato o il restauro di un'opera d'arte)".
Secondo i principi civilistici, infatti, l'obbligazione dell'appaltatore è indivisibile in quanto è protesa al raggiungimento di un risultato utile, l'opus perfectum.
Ciò non significa che, ai fini dell'esecuzione, non possa essere stabilito un frazionamento dell'oggetto in partite (articolo 1666 del codice civile).
Tuttavia, l'appaltatore avrà adempiuto al suo obbligo soltanto quando avrà ultimato l'opera nel suo complesso.
Diversa, invece, è l'ipotesi riguardante l'appalto del servizio di manutenzione di un impianto, considerato che questo "comporta una prestazione continuativa e positiva di fare, attraverso l'assiduo intervento di personale specializzato e con il compimento di tutte le attività accessorie" (Cassazione, sezione 3, n. 4385 del 21 luglio 1979).
In tal caso, non si tratta di servizi caratterizzati da un'indivisibilità oggettivo-funzionale, il cui risultato si realizza compiutamente solo con l'esecuzione dell'ultima prestazione, secondo una fattispecie "progressiva".
Il servizio ultrannuale di manutenzione che viene eseguito si qualifica, piuttosto, come prestazione "continuata", il cui oggetto (mantenimento in efficienza degli impianti) si produce e si esaurisce durante tutto il corso della durata contrattuale.
Il corrispettivo di competenza concorre al reddito di ciascun esercizio come ricavo
Il servizio di manutenzione programmata, configurandosi come un tipico contratto di durata, non fa sorgere il presupposto per la valutazione delle rimanenze finali, giacché la correlazione tra costi sostenuti e ricavi maturati si esaurisce nell'ambito di ciascun esercizio di durata del contratto.
Pertanto, in ciascun anno di vigenza del contratto, concorrerà al reddito, quale ricavo, il corrispettivo di competenza pari a un sesto del prezzo totale pattuito, indipendentemente dall'ammontare degli acconti ricevuti (art. 75 del Tuir, principio della competenza economica).
Le stesse considerazioni valgono per l'obbligo contrattuale di eseguire "lavoro extra".
Trattandosi, infatti, di un'attività che si sostanzia in singole prestazioni, indipendenti una dall'altra e che non richiedono un tempo di esecuzione ultrannuale, non interessano più periodi d'imposta.
I compensi per tali prestazioni che, secondo quanto emerge dal contratto, saranno determinati sulla base dei prezzi vigenti alla data di esecuzione dei lavori o di fornitura dei pezzi di sostituzione, concorreranno al reddito dell'esercizio di competenza, secondo i principi generali.
Nessuna rimanenza finale nelle prestazioni continuative di servizi
Se l'accordo si configura come tipico contratto di durata non basta l'aver pattuito un corrispettivo complessivo
