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Normativa e prassi

Nessuna ritenuta sull’una tantum
del Comune contro il Covid-19

Le forme di sostegno corrisposte per far fronte all’emergenza economica causata dalla pandemia non sono imponibili, a condizione che siano diverse da quelle già esistenti prima dell’emergenza

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Gli aiuti economici straordinari erogati dall’ente locale alle attività economiche con sede operativa nel territorio comunale, che hanno subìto la chiusura o la sospensione per effetto delle misure emergenziali adottate con lo scopo di contenere i contagi da Covid-19, non devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 629 del 28 settembre 2021.

Il quesito è di un Comune che intende aiutare i settori del suo territorio interessati dallo stop disposto dai Dpcm 11 e 22 marzo 2020 per arginare la pandemia. Per semplificare, il contributo una tantum è quindi diretto, ad esempio, ai negozi al dettaglio non alimentari, a ristoranti, bar, parrucchieri, palestre e agenzie di viaggio.
Si tratta di somme non imponibili per chi le riceve, come prevede l’articolo 10-bis del decreto “Ristori”, che esenta da tassazione i contributi, le indennità e ogni altra misura a favore di imprese e lavoratori autonomi relativi all'emergenza Covid-19.
L’istante, prima di procedere con il versamento dell’una tantum, prevista entro novembre 2021, chiede se gli indennizzi, al momento dell’erogazione, sono da assoggettare alla ritenuta d’imposta del 4% per i contributi alle imprese (articolo 28, comma 2 del Dpr n. 600/1973).

Nessuna ritenuta sulle sovvenzioni, risponde l’Agenzia. La contribuzione che il Comune intende erogare rientra tra le ipotesi previste dall’articolo 54 del decreto “Rilancio” che dà carta bianca, tra l’altro, agli enti locali, nel caso in cui intendano mettere in atto aiuti di carattere emergenziale (sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali), attingendo dalle loro risorse finanziarie, per sostenere le attività produttive, nei limiti e alle condizioni del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid-19, secondo la sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final. I sostegni erogati come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili possono essere convertiti in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, purché la conversione avvenga entro il 31 dicembre 2022 e siano rispettate le condizioni fissate dalla suddetta Comunicazione della Commissione Ue.

Per quanto riguardo il regime fiscale, come già detto, il decreto “Ristori” ha stabilito che contributi, indennità, e ogni altro tipo di agevolazione relativi alla pandemia, erogati da chiunque, agli esercenti attività di impresa, arte o professione e ai lavoratori autonomi, sono esenti dalle imposte sui redditi e dall’Irap e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del Tuir. La condizione è che siano misure di sostegno diverse da quelli esistenti prima dell’emergenza.

Nel caso in questione, il Comune intende assegnare l’una tantum ad attività economiche con sede operativa nel proprio territorio colpite dal lockdown, nei limiti e con le modalità su descritte previste dall’articolo 54 del decreto “Rilancio”. Di conseguenza, precisa l’Agenzia, la somma erogata, come stabilisce articolo 10-bis del decreto “Ristori”, non è imponibile e non deve essere sottoposta a ritenuta Irpef, sempreché, naturalmente, rappresenti una forma di sostengo diversa da quelle già in vigore prima dell’emergenza da Covid-19.

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