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Normativa e prassi

No a discriminazioni su abbattimento
di utili da partecipazioni societarie

La normativa tedesca prevede un trattamento differenziato tra i dividendi distribuiti da una compagine residente e quelli distribuiti da una stabilita in altro Stato terzo membro comunitario

Gli eurogiudici ritengono che la limitazione dell’ambito di applicazione dell’abbattimento degli utili a livello personale e materiale, unitamente alla variazione del contesto legislativo globale che hanno interessato la materia, renda non percorribile la soluzione di sottrarre la restrizione alla libera circolazione dei capitali (Cge, 20 settembre 2018, n. 685/16).
 
La fattispecie
La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società all’amministrazione fiscale tedesca in merito alla tassazione dell’utile di esercizio alla quale tale società è stata soggetta.
La società produce componenti di automobili ed è la controllante di un gruppo mondiale. Le sue controllate detengono a loro volta partecipazioni nel capitale di diverse altre società.
In seguito a una verifica fiscale effettuata nei confronti di una società controllata, la questione è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue una questione con cui chiede di conoscere se risulti in contrasto, con le disposizioni recate dagli articoli da 63 a 65 del Tfue, una disciplina nazionale che subordina l’abbattimento degli utili derivanti da partecipazioni detenute in una società di capitali avente la propria direzione commerciale e la propria sede in uno Stato terzo a condizioni più rigorose rispetto all’abbattimento degli utili derivanti da partecipazioni detenute in una società di capitali di diritto nazionale non esente da imposizione.
 
Le valutazioni della Corte Ue
La Corte Ue ritiene che la disciplina nazionale di cui si tratta nella controversia al suo esame sia in contrasto con le menzionate disposizioni del trattato.
L’iter motivazionale della Corte si sviluppa sulla base di tre passaggi interpretativi.
In primo luogo, i giudici comunitari, in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale, osservano che le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, Tfue, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal compiere investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dal compierne in altri Stati.
Nel caso di specie, la disciplina nazionale in esame prevede un trattamento differenziato tra i dividendi distribuiti da una società residente e i dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato terzo.
 
Sulla base della predetta disciplina nazionale, nel caso in cui la società residente riceve dividendi da un’altra società residente soggetta a imposta, la riduzione dell’imposta sull’utile di esercizio richiede unicamente la detenzione di almeno il 15% del capitale sociale della società distributrice all’inizio del periodo d’imposta e la contabilizzazione dell’utile ottenuto da tali partecipazioni per la determinazione dell’utile imponibile.
 
Nella diversa ipotesi in cui le distribuzioni siano effettuate da una società stabilita in uno Stato terzo, è richiesto, tra le varie condizioni, che la partecipazione di almeno il 15% sia detenuta dall’inizio del periodo di riferimento, senza interruzioni, e, inoltre, che le entrate lorde provengano da determinati redditi attivi.
Pertanto, la Corte Ue ritiene che, sottoponendo la deducibilità fiscale dei dividendi versati da società controllate stabilite in Stati terzi a condizioni più rigorose di quelle cui sono sottoposti i dividendi versati dalle controllate residenti, la normativa nazionale scoraggia le società controllanti residenti dall’investire i loro capitali in società controllate stabilite in Stati terzi. In considerazione del meno favorevole trattamento fiscale, le azioni delle società stabilite in Stati terzi risultano meno attraenti per gli investitori residenti di quelle di società residenti.
Ciò induce i giudici comunitari a riscontrare nel caso di specie una restrizione ai movimenti di capitale tra gli Stati membri e gli Stati terzi, che appare in linea generale vietata dall’articolo 63 del Tfue.
 
In seconda battuta, pertanto, la Corte verifica se la fattispecie in esame sia riconducibile alla previsione di cui al successivo articolo 64 del Tfue. Sulla base di tale ultima disposizione, in deroga all’articolo 63, può essere ammessa l’applicazione ai paesi terzi di restrizioni in vigore al 31 dicembre 1993, con riferimento a movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implicano investimenti diretti inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari.
Tra tale ipotesi rientra la restrizione ai movimenti di capitali, quale il trattamento fiscale meno vantaggioso dei dividendi di origine estera, dato che la stessa  si riferisce a partecipazioni acquistate al fine di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti tra l’azionista e la società interessata e che permettono all’azionista di partecipare effettivamente alla gestione o al controllo di tale società.
Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ritiene che la limitazione dell’ambito di applicazione dell’abbattimento degli utili a livello personale e materiale, unitamente alla variazione del contesto legislativo globale che hanno interessato la materia, renda non percorribile la soluzione di sottrarre la restrizione alla libera circolazione dei capitali alla norma di cui all’articolo 63 del Tfue, sulla base della previsione di cui all’articolo 64 del Tfue.
 
Da ultimo, la Corte procede a verificare se una tale restrizione possa essere giustificata sulla base della previsione di cui all’articolo 65 del Tfue, in base alla quale le disposizioni dell’articolo 63 Tfue non precludono agli Stati membri di applicare le disposizioni della propria normativa tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.
Perché una disciplina interna sia considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, la differenza di trattamento da essa prevista deve riguardare situazioni che non sono oggettivamente comparabili o giustificate da ragioni imperative di interesse generale.
 
Quanto al primo punto, con riferimento al caso in esame, in relazione alla disciplina nazionale che autorizza l’abbattimento dalla base imponibile per l’utile di esercizio dei dividendi provenienti da partecipazioni in una o più società di capitali, la situazione della società beneficiaria di dividendi distribuiti da società residenti è comparabile a quella di una società beneficiaria di redditi derivanti da partecipazioni provenienti da società non residenti. Da ciò deriva che le società che percepiscono dividendi versati da società stabilite nello stesso Stato membro si trovano, sulla base della disciplina nazionale, in una situazione comparabile a quelle che beneficiano di dividendi provenienti da società aventi sede in uno Stato terzo.
Per quanto attiene al secondo punto e, quindi, in relazione alla sussistenza di un motivo imperativo d’interesse generale, la Corte rileva che, affinché una normativa nazionale venga considerata come diretta a evitare le frodi e gli abusi, il suo scopo specifico dev’essere quello di ostacolare comportamenti volti a creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a fruire indebitamente di un’agevolazione fiscale. Tuttavia, la Corte rileva che, nella fattispecie in esame, non risulta dagli atti del giudizio, l’identificazione puntuale della tipologia di abuso che la legislazione tributaria nazionale intende prevenire.
 
Le conclusioni
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che gli articoli da 63 a 65 Tfue devono essere interpretati nel senso che ostano a una legislazione nazionale, che subordina un abbattimento degli utili derivanti da partecipazioni detenute in una società di capitali avente la propria direzione commerciale e la propria sede in uno Stato terzo a condizioni più rigorose rispetto all’abbattimento degli utili derivanti da partecipazioni detenute in una società di capitali di diritto nazionale non esente da imposizione.
 
 
Data della sentenza
  20 settembre  2018
 
Numero della causa
  Causa C- 685/16
 
Nome delle parti
 EV   
 
Contro

Finanzamt Lippstadt
 
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