Dalla definizione di mercati esteri di strumenti finanziari ai fini del Tuf a quella dei mercati regolamentati esteri secondo le previsioni della Banca d’Italia. Tenuto conto delle riforme che hanno interessato il settore della regolazione del mercato dei capitali italiano dall’inizio degli anni novanta del secolo scorso ad oggi, è emersa la necessità di valutare nuovamente se fosse possibile considerare come “mercati regolamentati” anche quelli di Paesi non appartenenti all’Ocse ed equiparare i sistemi multilaterali di negoziazione ai mercati regolamentati come definiti dal Tuf.
Con la circolare n. 32/E del 23 dicembre 2020, l’Agenzia delle entrate fornisce dei chiarimenti ad ampio raggio sul tema dei “mercati regolamentati”, anche sulla base del parere richiesto al Dipartimento delle finanze del Mef. Il documento di prassi fa seguito alla bozza in consultazione del 29 luglio scorso, finalizzata ad acquisire i pareri degli operatori in materia (vedi articolo "Mercato regolamentato nel Tuir, consultazione pubblica per definirlo").
In conclusione, afferma l’Agenzia, esiste un elemento comune sia ai «mercati regolamentati» in senso proprio sia ai «sistemi multilaterali di negoziazione», poiché entrambi hanno un “regolamento”, ossia un insieme di regole predeterminate di negoziazione, il cui rispetto è verificato da un’Autorità di vigilanza. Rilevante, ai fini delle imposte sui redditi, è l’esistenza di regole definite per la formazione dei prezzi. L’esistenza, quindi, di “prezzi ufficiali” è il profilo regolamentare decisivo per ritenere che la nozione di sistema multilaterale di negoziazione possa essere equiparata a quella di «mercato regolamentato». In entrambi i casi, infatti, il prezzo delle partecipazioni quotate o negoziate può essere stabilito sulla base di “valori oggettivamente rilevabili”. In ciò risiede la distinzione rispetto alle partecipazioni non quotate o non negoziate per le quali tali rilevazioni non sono ipotizzabili.