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Normativa e prassi

Operazioni all’interno della Ue:
i documenti che provano la cessione

Devono consentire l’individuazione dei soggetti coinvolti (chi vende, chi trasporta e chi acquista) e tutte le informazioni utili a definire il passaggio di beni a cui si riferiscono

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In caso di cessioni di beni a clienti stabiliti all’interno dell’Unione europea, dal momento che la legge italiana non contiene una specifica previsione in merito ai documenti che il cedente deve conservare ed eventualmente esibire in caso di controllo per provare l’effettività della cessione intracomunitaria (in particolare, l’invio dei beni a un soggetto identificato ai fini Iva in altro Stato membro), possono costituire prova dell’avvenuto trasferimento delle merci specifici documenti predisposti dal cedente a condizione che:

  • dagli stessi siano individuabili i soggetti coinvolti, cioè il cedente, il vettore e il cessionario, nonché tutti i dati utili a definire l’operazione a cui si riferiscono;
  • si provveda a conservare le relative fatture di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.

Questo, in sintesi, il contenuto della risposta n. 100/2019 fornita dall’Agenzia delle entrate a un’istanza di interpello pervenuta da una società che vende a clienti stabiliti all’interno dell’Ue.
All’atto della spedizione, oltre al Ddt, la società predispone un documento in cui sono contenuti, tra gli altri, l’identificativo del committente, il riferimento della fattura di vendita e quello della fattura logistica, la data della fattura e quella del Ddt, il paese di destinazione, l’anno di ricezione delle merci e una dichiarazione del cessionario con la dicitura “le merci relative alle fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro deposito oppure presso i nostri negozi … nel mese di ….”. Quest’ultima dichiarazione - timbrata, datata e sottoscritta dal cessionario - viene rispedita alla società venditrice.
L’istante ritiene che tale documentazione sia sufficiente, da sola, a provare che la merce è stata effettivamente trasferita dall’Italia a un altro Stato Ue.
 
La risposta dell’Agenzia
L’Agenzia ricorda, anzitutto, che, affinché si realizzi una cessione intracomunitaria, con conseguente emissione di fattura non imponibile Iva, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni: onerosità dell’operazione; acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni; status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario; effettiva movimentazione del bene dall’Italia a un altro Stato membro dell’Ue, a prescindere da chi (cedente, cessionario o terzi per loro conto) effettua il trasporto o la spedizione. Se manca anche uno solo di tali requisiti, la cessione è imponibile.
 
La direttiva 2006/112/Ce non stabilisce in quale modo vada provato il rispetto dei requisiti: spetta agli Stati membri determinare le condizioni per assicurare la corretta applicazione del regime di non imponibilità e prevenire eventuali abusi.
La normativa italiana non prevede in maniera specifica quali siano i documenti che il cedente deve conservare ed esibire in caso di controllo per provare l’avvenuto trasferimento del bene.
Pertanto, restano ancora valide le indicazioni contenute nelle risoluzioni 345/2007 e 477/2008.
 
Ne consegue, come detto, che anche la documentazione predisposta dalla società istante può costituire prova dell’avvenuta cessione, purché siano rispettate le condizioni su ricordate.

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