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Normativa e prassi

Patent box: modalità di accesso
e prime indicazioni per le imprese

Nessuna conseguenza per i soggetti che hanno esercitato l’opzione per l’agevolazione qualora, in un momento successivo, valutino non conveniente o impossibile avvalersene

mano che disegna a matita una lampadina
La piena applicazione del patent box presuppone la sottoscrizione di un accordo preventivo tra Agenzia delle Entrate e impresa sui metodi di calcolo per la determinazione del contributo e del reddito agevolabile. Nel provvedimento del 1° dicembre 2015, le modalità di accesso alla procedura; nella circolare 36/E dello stesso giorno, alcuni chiarimenti sugli effetti derivanti dall’esercizio dell’opzione, sul trattamento delle perdite, sulla disciplina delle operazioni straordinarie e sulla procedura di ruling.
 
In forza di tale regime, introdotto dalla legge 190/2014 (Stabilità 2015), tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, inclusi quelli non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato (a condizione che siano residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio è effettivo), possono godere della parziale detassazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dei beni immateriali, sul modello di altri Stati europei e in coerenza con standard internazionali condivisi.
Nello specifico, sono agevolabili i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, brevetti industriali, marchi di impresa, disegni e modelli giuridicamente tutelabili, informazioni aziendali ed esperienze tecnico industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche proteggibili come informazioni segrete giuridicamente tutelabili.
 
Il patent box non può prescindere, quindi, da un accordo preventivo tra Amministrazione finanziaria e società sulle regole da seguire per la quantificazione del contributo economico e del reddito agevolabile. Nel provvedimento del 1° dicembre, sono state stabilite le modalità di accesso alla procedura che apre la strada al regime di favore opzionale introdotto con lo scopo di incentivare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
 
Prima tappa, l’istanza
Il punto di partenza è l’invio, da parte dell’impresa interessata, dell’istanza di accesso alla procedura, indirizzata all’ufficio Accordi preventivi e controversie internazionali dell’Agenzia delle Entrate, redatta in carta libera, inoltrata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento oppure consegnata direttamente all’ufficio. La società deve conservare copia della domanda su supporto elettronico.
 
La richiesta deve contenere:
  • i dati identificativi dell’impresa (sede legale, codice fiscale e/o partita Iva, eccetera) e l’eventuale domiciliatario nazionale presso il quale si chiede di ricevere le relative comunicazioni
  • l’indirizzo della stabile organizzazione o dell’eventuale domiciliatario, per le imprese non residenti e le generalità e l’indirizzo del rappresentante per i rapporti tributari in Italia
  • i termini dell’accordo preventivo che possono riguardare, secondo i casi, le modalità di calcolo del contributo economico, delle perdite, del reddito agevolabile o delle plusvalenze derivanti dall’utilizzo del bene o ai fini della sua produzione
  • la tipologia del prodotto per il quale si chiede l’agevolazione e l’eventuale vincolo di complementarietà tra più beni
  • il tipo di attività di ricerca e sviluppo svolta
  • la firma della persona che rappresenta la società (legale rappresentante o altro soggetto).
Sono di tre tipi gli accordi preventivi previsti e riguardano modalità e criteri di calcolo:
  • del contributo economico o delle perdite derivanti dall’utilizzo dei beni immateriali per la cui produzione si chiede l’agevolazione
  • del reddito prodotto dall’impiego dei beni immateriali (in ipotesi diverse da quelle contemplate dal punto precedente) a seguito di operazioni con società che, direttamente o indirettamente, controllano la ditta, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. In questo caso, l’accordo è raggiunto tramite contraddittorio
  • delle plusvalenze realizzate nell’ambito di operazioni con società che, direttamente o indirettamente, controllano l’azienda, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che la controlla.
A prescindere dal ruling, l’istanza, oltre alle informazioni sopra elencate, deve essere provvista della documentazione idonea a indicare, analiticamente e nel dettaglio, i beni immateriali dal cui utilizzo (anche nel caso in cui ci siano vincoli di complementarietà tra più beni) deriva la quota di reddito agevolabile, la descrizione particolareggiata della ricerca svolta e il suo collegamento allo sviluppo, mantenimento e accrescimento dei beni, i termini specifici dei metodi di calcolo concordati e il perché di tale scelta.
Altri dati da indicare, se le ipotesi di accordo lo richiedono, le informazioni relative a eventuali controllate e controllanti e i canoni di concessione del bene.
Il provvedimento specifica, inoltre, che i metodi di calcolo sono determinati sulla base degli standard internazionali rilevanti elaborati dall’Ocse, con particolare riferimento alle linee guida in materia di prezzi di trasferimento.
L’istanza può essere integrata con documentazione o altre informazioni entro 120 giorni dalla sua presentazione con raccomandata Ar o direttamente presso l’ufficio.
 
La domanda carente è rifiutata entro 30 giorni, salvo che non possa essere perfezionata aprendo un’attività istruttoria, ipotesi che prevede la sospensione del termine fino al suo completamento. Questi sono i tempi ordinari, fanno eccezione, però, le istanze presentate fino al 30 giugno 2016, che potranno essere scartate entro 180 giorni.
 
La domanda è ok, l’ufficio invita al contraddittorio
Terminata l’istruttoria che dà il primo ok alla richiesta, iniziano i contatti tra Agenzia e istante, contatti che possono avvenire in ufficio, ma anche, come si legge nel provvedimento, direttamente presso le sedi di svolgimento dell’attività dell’azienda.
L’Agenzia delle Entrate, in sintesi, può prendere iniziative ad ampio raggio, compresa l’attivazione di strumenti di cooperazione internazionale tra amministrazioni fiscali, in modo da raccogliere tutte le informazioni necessarie per verificare la presenza delle condizioni richieste dal regime. La fase istruttoria si conclude con la firma dell’accordo che definisce i metodi di calcolo sopra descritti.
L’intesa resta in vigore per il periodo di imposta di presentazione dell’istanza e per i quattro successivi.
 
L’accordo può saltare, cambiare e rinnovarsi
L’impresa deve rendersi disponibile a esibire ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate la documentazione idonea a verificare che i termini dell’intesa siano stati rispettati e che nulla è mutato dalla presentazione dell’istanza di accesso al procedimento di ruling.
Nel caso di rilievi, l’impresa ha trenta 30 giorni di tempo dalla comunicazione di violazione dell’accordo per difendere il proprio operato, altrimenti il rapporto è ritenuto concluso (anche solo parzialmente). Se invece la “risposta” non è del tutto soddisfacente, possono essere stabilite nuove regole.
Al verificarsi di mutamenti rispetto alla situazione originaria, la società stessa può chiedere all’ufficio di revisionare il documento.
 
L’impresa che vuole rinnovare l’accordo preventivo deve farne richiesta almeno 90 giorni prima della sua scadenza, con istanza da presentare tramite raccomandata Ar o direttamente all’ufficio. L’Agenzia delle Entrate, a sua volta, entro 15 giorni dalla scadenza, sempre attraverso raccomandata con avviso di ricevimento, accetta o rigetta la richiesta, in quest’ultima eventualità, con provvedimento motivato.
 
Questi, invece, i principali chiarimenti forniti con la circolare.
 
Modalità ed effetti derivanti dall’esercizio dell’opzione
Il modello con cui esercitare l’opzione per i primi due periodi di imposta, approvato con provvedimento dell’Agenzia dello scorso 10 novembre, è semplificato (contiene prevalentemente informazioni di natura anagrafica), per consentire alle imprese di effettuare la scelta anche se, al momento, non sono ancora in grado di valutare se ricorrono le condizioni previste dalla norma per accedere al beneficio o se ne abbiano convenienza.
Gli elementi utili alla quantificazione del beneficio, per l’anno d’imposta 2015, potranno, pertanto, essere individuati dalle imprese anche successivamente all’esercizio dell’opzione.
Sul punto, il documento di prassi precisa che il contribuente non avrà comunque conseguenze qualora, in un momento successivo, non dovesse poi risultare possibile o conveniente accedere all’agevolazione.
 
Perdite da patent box
Lo sfruttamento economico dei beni immateriali può comportare, anche solo temporaneamente, che i costi eccedano i ricavi, generando in tal modo una perdita anziché un reddito.
Pertanto, qualora, una volta esercitata l’opzione per l’anno d’imposta 2015, l’impresa in regime di patent box verifichi che lo sfruttamento economico del bene immateriale genera una perdita, gli effetti positivi dell’opzione saranno rinviati agli esercizi in cui lo stesso bene sarà produttivo di reddito.
Tali perdite, generate in vigenza del regime, dovranno essere recuperate, attraverso un meccanismo di recapture, nel momento in cui il bene immateriale comincerà a produrre redditi.
 
Operazioni straordinarie
In caso di operazioni di fusione, scissione e conferimento di azienda, un soggetto avente causa subentra al dante causa nell’esercizio dell’opzione, sia con riguardo al computo degli anni di durata della medesima sia in relazione all’eredità dei costi rilevanti agli effetti del calcolo del rapporto.
Attraverso tali operazione si può ottenere, in pratica, un nuovo soggetto titolare dei beni immateriali agevolabili, il quale potrebbe concedere gli stessi in uso ad altre società, realizzando uno sfruttamento economico indiretto.
Conseguentemente, diventa facoltativa la procedura di ruling; obbligatoria, invece, per i soggetti che sfruttano direttamente i beni immateriali.
Al riguardo, nel presupposto che la società avente causa svolga una attività sostanziale in tema di ricerca e sviluppo, tale operazione non deve essere ritenuta abusiva, fermo restando il potere dell’Amministrazione finanziaria di sindacare, con i canoni dell’antieconomicità, la congruità dei corrispettivi pattuiti in sede di concessione in uso del diritto all’utilizzo dei beni immateriali tra società appartenenti allo stesso gruppo.
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