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Normativa e prassi

Perso, se non compensato,
il bonus ricerca e sviluppo

L’incentivo è “personale”, non può essere ceduto, rientra tra le agevolazioni destinate esclusivamente a chi ha effettivamente investito: beneficiario e fruitore devono coincidere

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Il credito d’imposta maturato per l’attività di ricerca e sviluppo (articolo 3, Dl 145/2013) e non trasferito in occasione della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato non può essere venduto a terzi né può essere richiesto a rimborso. Il beneficio, infatti, prevede la norma agevolativa, è utilizzabile esclusivamente in compensazione da chi ha sostenuto la spesa.
Con la risposta n. 72/2019, l’Agenzia delle entrate chiarisce che non è applicabile la soluzione prospettata dall’istante, in base alla quale il bonus in questione, se non portato in compensazione, è cedibile ad altro soggetto.
 
Riassumendo la vicenda, la società che ha presentato l’interpello è partecipata al 100% da altra azienda. A causa della crisi di quest’ultima, ha rallentato l’attività produttiva e ha dovuto cedere il ramo d’azienda relativo al punto vendita, insieme al magazzino dei prodotti finiti e ai contratti commerciali di distribuzione dei prodotti con l’estero. Il tax credit ricerca a essa riconosciuto per il 2016, e non compensato prima del trasferimento, è rimasto fuori dal perimetro del ramo d’azienda ceduto e, quindi, è nella disponibilità della società. L’istante aggiunge che la somma, a causa della scarsa attività svolta, presumibilmente non potrà essere portata in compensazione né potrà essere chiesta a rimborso per espresso divieto normativo. Come via d’uscita, l’interpellante propone il trasferimento del credito ad altra società di capitali, secondo quanto previsto dagli articoli 69 e 70 del Rd 2440/1923.
 
L’Agenzia, dopo aver richiamato i principali documenti legislativi e di prassi che hanno fissato le modalità attuative dell’incentivo (decreto Mef 27 maggio 2015 – circolari 5/2016 e 13/2017), precisa che è proprio la disposizione agevolativa a bocciare la soluzione proposta nell’interpello. Infatti, la norma specifica che il bonus è utilizzabile soltanto in compensazione, non c’è possibilità di convertire il beneficio in rimborso e, quindi, proprio per questo, non ci può essere cessione ai sensi dell’articolo 43-bis del Dpr 602/1973.
Né si può ricorrere, continua la risposta, all’articolo 1260 del codice civile, secondo cui il trasferimento può essere effettuato a patto che “il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge”, condizioni non riscontrabili nell’ipotesi in esame. E nemmeno si può assimilare il credito in questione a quelli per i quali la cessione è stata ammessa in via interpretativa, in considerazione del fatto che i fruitori erano dei meri intermediari tra amministrazione e destinatari dell’agevolazione cui il credito si riferiva (risoluzione 15/2010).
Insomma, il fruitore del bonus deve coincidere con l’effettivo beneficiario dell’agevolazione, cioè con chi ha effettuato l’investimento.
 
Del resto, l’Agenzia ha già più volte sostenuto, in precedenti documenti di prassi, la non trasferibilità a terzi dei crediti d’imposta simili a quello in discussione a causa della loro natura soggettiva. Il trasferimento può avvenire solo nei casi specificatamente previsti da norme giuridiche, come nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato, facoltà di cui l’istante ha scelto di non avvalersi.
 

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