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Normativa e prassi

Il "prestito di personale" tiene fuori dai "minimi"

Le relative spese sono assimilabili a quelle sostenute per lavoratori dipendenti

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Non possono accedere al regime dei contribuenti "minimi" le persone fisiche che, nell'esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, hanno sostenuto, nell'anno solare precedente, "spese per lavoratori dipendenti" (articolo 1, comma 96 a), punto 3), della Finanziaria 2008). In particolare, vanno qualificate tali anche le spese sostenute a fronte di un "prestito di personale". Di conseguenza, chi se ne è avvalso è escluso dal regime dei "minimi". Lo ha precisato l'agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 275/E del 3 luglio.

Come evidenziato dalla circolare 73/2007, che ha fornito i primi chiarimenti in proposito, per accedere al regime in questione, oltre al fatto di non aver superato il limite di 30mila euro annui di ricavi, il contribuente non deve essere incorso in una delle "ulteriori" cause di esclusione individuate dal legislatore che, oggettivamente, sono, per così dire, in rotta di collisione con una nozione di attività imprenditoriale o professionale "minima".
Una di queste è, appunto, l'aver sostenuto "spese per lavoratori dipendenti"; si tratta di un parametro determinato secondo un criterio di semplicità e certezza, volto a evitare all'accertatore il compito di valutare, di volta in volta, le circostanze del caso concreto, quali, ad esempio, l'entità del compenso corrisposto, la durata del prestito eccetera.

Secondo il contribuente che aveva presentato l'istanza di interpello, invece, tenuto conto che "il prestito di personale" non si configura come impiego di personale proprio, ma altrui, in base a una interpretazione letterale della norma non può affermarsi che nel caso specifico siano sostenute "spese per lavoratori dipendenti".

Diverso è stato il percorso interpretativo seguito dall'agenzia delle Entrate, per il quale non è stato d'ostacolo il fatto che non fosse chiaro a quale tipologia contrattuale si riferisse esattamente il contribuente nella sua istanza.
La risoluzione, infatti, ha puntualizzato che elemento comune di tutte le fattispecie giuslavoristiche in cui si ha "prestito di personale" è la scissione tra la cosiddetta gestione normativa e la gestione tecnico produttiva del lavoratore, ossia tra il "datore di lavoro" e il soggetto beneficiario della prestazione di lavoro. Di conseguenza, l'aspetto peculiare di tali tipi di contratti è il vincolo di subordinazione del lavoratore, ossia il suo assoggettamento gerarchico all'altrui potere direttivo, il quale non sussiste nei confronti del "datore di lavoro", bensì del soggetto che beneficia della prestazione. Né può essere altrimenti, tenuto conto che il lavoratore è inserito nell'organizzazione aziendale di quest'ultimo.

Sotto il diverso profilo tributario, la risoluzione ha ricordato che il vincolo di subordinazione del lavoratore, requisito essenziale del rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell'articolo 2094 del Codice civile., è, come è noto, rilevante per l'individuazione del reddito di lavoro dipendente. Soprattutto, nell'occasione, l'agenzia delle Entrate ha richiamato alcuni precedenti interventi di prassi che, pur relativi all'abrogata fattispecie del contratto di fornitura di lavoro temporaneo (articoli 1 e seguenti della legge 196/1997, abrogati dalla "legge Biagi"), sono significativi ai fini dell'assimilazione delle spese per "prestito di personale" a quelle per lavoratori dipendenti.

In particolare, secondo la circolare 326/1997 e la risoluzione 121/2002, "l'obbligo di effettuare la ritenuta da parte del sostituto d'imposta sussiste ogni qual volta siano corrisposti redditi cui si rende applicabile la disciplina di cui all'art. 48 del Tuir (ora art. 51), anche se erogati, in relazione al rapporto di lavoro, da soggetti terzi rispetto al rapporto stesso". In altri termini, anche le somme e i valori erogati da "soggetti terzi" rispetto al rapporto di lavoro, ossia dai soggetti che non assumono la veste di "datore di lavoro", sono qualificabili come reddito di lavoro dipendente, tenuto conto, appunto, del vincolo di subordinazione.

Significativa è anche la circolare 141/1998, che qualifica ai fini Irap i costi sostenuti dal beneficiario della prestazione di lavoro come costi relativi al personale, facendo riferimento all'abrogato articolo 11, comma 2, del Dlgs 446/1997, secondo cui "gli importi spettanti a titolo di recupero di oneri di personale distaccato presso terzi non concorrono alla formazione della base imponibile. Nei confronti del soggetto che impiega il personale distaccato, tali importi si considerano costi relativi al personale non ammessi in deduzione ovvero concorrenti alla formazione della base imponibile ai sensi dell'art. 10, comma 1, e dell'articolo 10-bis, comma 1".

Come sottolineato dalla risoluzione 2/2008, si tratta di "una regola già desumibile a livello sistematico", cosicché si deve ritenere che tale principio non sia venuto meno a seguito dell'abrogazione della norma sopra citata a opera dell'articolo 1, comma 50, lettera f), n. 3), della legge finanziaria per il 2008, volta a realizzare soltanto "una semplificazione del testo normativo".

In materia di Iva, invece, la risoluzione cita l'articolo 8, comma 35, della legge 67/1988, che, nel qualificare non rilevanti ai fini Iva i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, riconosce sostanzialmente tali spese come spese per prestazioni di lavoro.

Il medesimo principio è contenuto in una disposizione relativa all'abrogata fattispecie del contratto di fornitura di lavoro, la quale, attualmente, deve intendersi riferita al contratto di somministrazione di lavoro. Si tratta dell'articolo 26-bis della legge 196/1997, secondo cui "I rimborsi degli oneri retributivi e previdenziali che il soggetto utilizzatore di prestatori di lavoro temporaneo è tenuto a corrispondere... all'impresa fornitrice degli stessi, da quest'ultima effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro temporaneo, devono intendesi non compresi nella base imponibile dell'Iva". Ne consegue che l'Iva è applicabile "al solo margine di intermediazione spettante all'impresa fornitrice per il servizio prestato" (risoluzione 384/2002).

Si aggiunge, inoltre, che il documento di prassi non si è soffermato specificatamente sulla fattispecie del contratto di somministrazione di lavoro disciplinato dalla "legge Biagi", la quale, come accennato, ha abrogato la fattispecie del contratto di fornitura di lavoro, operando sul presupposto del definitivo superamento del principio del divieto assoluto di manodopera.
Tuttavia, alla luce dell'interpretazione fornita, si deve ritenere che anche le spese sostenute dall'impresa che utilizza la prestazione di lavoro siano assimilabili alle "spese per lavoratori dipendenti" previste dalla legge finanziaria 2008 ai fini dell'esclusione dal regime dei minimi.
Anche in questo caso, infatti, ricorre quell'elemento tipico del "prestito di personale" che è la separazione tra il "datore di lavoro" e il beneficiario della prestazione lavorativa.

Significative, in tal senso, sono la circostanza che il lavoratore, per la materia dell'igiene e sicurezza sul lavoro, è computato nell'organico dell'impresa utilizzatrice (articolo 22, comma 5, "legge Biagi"), la peculiare modalità di esercizio del potere disciplinare (riservato al "datore di lavoro", ma sulla base degli elementi di contestazione a lui comunicati dall'"impresa utilizzatrice", ai sensi dell'articolo 23, comma 7, "legge Biagi"), e, soprattutto, il principio della responsabilità solidale dell'"impresa utilizzatrice" con l'"impresa somministratrice" per il trattamento economico e per i trattamenti retributivi e previdenziali del lavoratore (articoli 21, comma 1, e 23, comma 3, della "legge Biagi").
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