Concluso l’iter parlamentare entra in vigore, con la pubblicazione in Gazzetta sulla serie generale n. 63/2020 di ieri, la legge n. 15 del 13 febbraio 2020, nell’obiettivo di sostenere e incentivare la produzione, la conservazione, la circolazione e la fruizione dei libri come strumenti preferenziali per l'accesso ai contenuti e per la loro diffusione, nonché per il miglioramento degli indicatori del benessere equo e sostenibile (bes), riformula all’articolo 10 il credito d’imposta per le librerie indipendenti e non. Il bonus è parametrato agli importi pagati a titolo di Imu, Tasi e Tari, o ai canoni di locazione, per i locali dove si svolge l’attività di vendita dei prodotti editoriali.
In pratica, la nuova legge manda a regime le agevolazioni fiscali stabilite con il comma 319 della legge n. 205/2017, inizialmente previste per gli anni 2018 e il 2019, disponendo ulteriori stanziamenti destinati al credito d'imposta, nella misura di 3.250.000 euro annui a decorrere dal 2020.
Il credito d'imposta è riconosciuto agli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati (codice Ateco principale 47.61 o 47.79.1), ed è fruibile esclusivamente in compensazione con il modello F24, nella misura massima di 20mila euro per i soggetti che non risultano ricompresi in gruppi editoriali e di 10mila euro per gli altri.
Il testo conferma, all’articolo 6, anche, tra le misure per contrastare la povertà educative e promuovere la diffusione della lettura, il contributo statale destinato all’acquisto di libri, prodotti e servizi culturali da parte di cittadini italiani e stranieri residenti appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati, nonché l’istituzione della “Carta della cultura”, specificando che le somme assegnate con questo strumento non costituiscono reddito imponibile e non rilevano ai fini del calcolo dell’Isee.
La Carta trova attuazione attraverso le disponibilità del “Fondo Carta della cultura” dotato di un milione di euro annui a partire dal 2020. Le imprese possono decidere di destinare al Fondo una parte del loro volume d’affari. Le somme a tale scopo indirizzate non avranno effetti ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.