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Normativa e prassi

Le quote dei soci sostenitori
non sono erogazioni liberali

Attraverso i versamenti viene acquisito il diritto a partecipare per rappresentanza a un organo consultivo della fondazione e vengono trasferite utilità reciproche

quote societarie

Nel momento dell’adesione a una fondazione di partecipazione tra l’Università e altri soci per la formazione manageriale post laurea e post experience da parte dei soci partecipanti e sostenitori è previsto il versamento di un contributo in denaro corrisposto una tantum che diventa elemento costitutivo del patrimonio dell’ente, come tale incompatibile con il concetto di liberalità; sconta quindi la tassazione ai fini Ires/Irpef. Questo il principale chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta all’interpello n. 255 del 17 luglio 2019.
 
Partendo dalla definizione di fondazione di partecipazione, figura giuridica atipica, caratterizzata dalla commistione dell’elemento patrimoniale con quello “associativo”, le Entrate rilevano che le fondazioni tout court e quelle di partecipazione hanno in comune lo scopo non lucrativo e il patrimonio destinato al raggiungimento di un obiettivo predefinito e invariabile fissato nell’atto costitutivo, mentre si distinguono perché sono presenti molti soci fondatori, i partecipanti intervengono nella gestione dell’ente, il patrimonio è a formazione progressiva e può essere incrementato grazie alle adesioni successive a quelle dei soci fondatori.
In particolare, la richiesta di chiarimento riguarda la qualificazione fiscale dei contributi versati da soggetti pubblici o privati al momento dell’adesione alla fondazione.
 
La fondazione è una business school internazionale che interviene nell’erogazione di formazione manageriale post-lauream e post-experience a fronte della quale è previsto il versamento di una quota di partecipazione per la copertura dei costi per il funzionamento delle attività istituzionali.
 
In base allo statuto, i partecipanti alla fondazione (persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private) sono classificati in qualità di soci fondatori, che al momento dell’atto costitutivo hanno creato la fondazione e la hanno dotata dei mezzi necessari per raggiungere gli obiettivi, e di soci partecipanti e sostenitori che, condividendo gli scopi della fondazione, contribuiscono in vario modo alla sua vita.
 
Per acquisire la qualifica di socio partecipante o sostenitore, è previsto il versamento di un contributo in denaro corrisposto una tantum (di importo differente a seconda della categoria); di conseguenza i relativi versamenti – come quelli effettuati dai soci fondatori – diventano elementi costituitivi del patrimonio della fondazione e, come tali, non corrispondono a un prodotto della sua attività avente rilevanza reddituale. Infatti, in base all’articolo 88, comma 4, del Tuir, “Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni”.
Tale norma si applica anche nei confronti degli apporti di capitale operati da parte di soggetti conferenti, come i fondatori, nell’ambito di una fondazione.
Di conseguenza, con riferimento al corretto inquadramento fiscale dei versamenti effettuati dai soci partecipanti o sostenitori, il fatto che, pur non potendo partecipare all'assemblea della fondazione, acquisiscano il diritto a partecipare per rappresentanza a un suo organo consultivo, come il “Consiglio di indirizzo”, determina un trasferimento di utilità reciproche incompatibile con la qualificazione di tali versamenti come erogazioni liberali.
Nel caso, poi, che tali versamenti siano corrisposti dai soci, anche indirettamente, a fronte della fruizione di attività di formazione svolte dalla fondazione, gli stessi andranno identificati fiscalmente come ricavi.

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