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Normativa e prassi

Recupero edificio in “zona porto”:
no all’esenzione, sì all’Iva ridotta

Ciò nel caso in cui non c’è legame tra l'attività dell’ente proprietario dell’immobile e lo scalo marittimo. L’imposta è pari al 10% solo se i lavori effettuati rientrano nella norma

area portuale

L’Ente di ricerca che intende ristrutturare e ampliare un immobile ubicato in un’area portuale, con l’obiettivo di realizzare una sede idonea allo svolgimento della propria attività istituzionale, assolverà l’Iva relativa ai lavori effettuati nella misura del 10%, solo se questi sono riconducibili alle tipologie elencate nell’articolo 3 del Dpr n. 380/2001.
L’esenzione dall’imposta, afferma l’Agenzia delle entrate nella risposta n. 390 del 23 settembre 2020, è invece esclusa, indipendentemente dalla circostanza che l'edificio sul quale saranno realizzati gli interventi di recupero e ampliamento si trovi in un’area portuale. Questo, in considerazione delle differenti finalità, di ricerca scientifica e didattico-formative, che l'istante vuole perseguire tramite la realizzazione del progetto.
 
Ai fini della non imponibilità (articolo 9, comma 1, n. 6) del Dpr n. 633/1972),  infatti, è richiesto, da un lato, che le prestazioni di servizi siano rese in un determinato luogo (porto, aeroporto eccetera) e, dall'altro, che le stesse siano direttamente riferibili al funzionamento e alla manutenzione degli impianti ovvero all’attività di movimentazione di beni o di persone, nonché di assistenza ai mezzi di trasporto, che viene ordinariamente svolta nel luogo stesso (cfr risoluzioni nn. 176/2000 e 253/2007).
Nel caso in esame, non esistono elementi per affermare che gli interventi di restauro e ampliamento sono idonei a garantire la funzionalità degli impianti o che integrano servizi indispensabili ad assicurare il rapido spostamento delle merci o dei mezzi di trasporto, quindi, non esiste alcun nesso di funzionalità con l'attività portuale.
 
Tornando agli interventi che possono rientrare nell’applicazione dell’Iva ridotta al 10%, l’Agenzia ricorda che, in base al richiamato articolo 3 del Dpr n. 380, sono quelli "di restauro e di risanamento conservativo", "di ristrutturazione edilizia" e "di ristrutturazione urbanistica". E che per:

  • "restauro e risanamento conservativo" si intende l'intervento rivolto a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano le destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio
  • "ristrutturazione edilizia" l'intervento rivolto a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o parte diverso dal precedente. Tale intervento comprende il rispristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e impianti
  • "ristrutturazione urbanistica" l'intervento rivolto a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

Tanto premesso, se i previsti lavori di ristrutturazione rientrano in una delle richiamate tipologie, l’istante potrà applicare l’aliquota Iva del 10 per cento (n. 127-quaterdecies), Tabella A, parte III, Dpr n. 633/1972).

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