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Normativa e prassi

Reddito autonomo senza scosse se il socio porta clienti gratis

Non “paga pena” il commercialista che trasferisce con sé i propri assistiti nello studio associato

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Non interessa al fisco - almeno per quanto riguarda la determinazione del reddito da lavoro autonomo - se il professionista, senza alcun corrispettivo, sceglie di costituire, insieme ad altri colleghi, uno studio associato, portando con sé la propria clientela. La risposta non cambia nel caso tale apporto sia preso in considerazione nella determinazione delle quote di partecipazione agli utili.
Il chiarimento, nella risoluzione n. 177/E del 9 luglio.

Il problema è stato sollevato da un professionista che, insieme ad altri colleghi (avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili), vuole esercitare la propria attività in forma associativa e chiede se questa scelta comporti ripercussioni fiscali sul singolo socio; precisa che nessuno dei componenti riceverà compensi per l'operazione effettuata e che i profitti del nuovo organismo saranno determinati in base al contributo di ognuno.

Il dubbio nasce dall'interpretazione del comma 1-quater dell'articolo 54 del Tuir, introdotto con il Dl 223/2006, il quale stabilisce che "i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica e professionale" concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo.

I tecnici dell'Agenzia, per rispondere al quesito, chiamano in causa la circolare 8/2009, con la quale le Entrate hanno già avuto modo di precisare che non si rileva alcun reddito da sottoporre a tassazione nell'ipotesi in cui non sia prevista remunerazione per la "vecchia" clientela portata dal libero professionista al momento dell'adesione all'associazione, così come al momento dell'eventuale recesso.
Ipotesi che ritroviamo nell'interpello esaminato.

Non fanno differenza le quote ridistribuite secondo il "peso professionale" di ognuno. Per la quantificazione delle somme da assegnare ai soci, infatti, diversi sono i fattori determinanti: esperienza, attività professionale, bagaglio di conoscenze. La maggiore partecipazione alle quote di utili non può essere considerata come corrispettivo dell'apporto della clientela.
In pratica, con il modello associativo, si modifica soltanto l'organizzazione dell'attività esercitata, che diventa più efficiente e meno dispendiosa, ma non cambia il tipo di rapporto "personale" tra il singolo professionista e il suo assistito, unico elemento che appare veramente essenziale nell'attribuzione dei compensi.
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