Sotto i riflettori, nella circolare n. 9/E del 10 aprile 2019, il regime forfetario per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di determinati requisiti, introdotto dalla Stabilità 2015 (articolo 1, commi da 54 a 89, legge 190/2014) e profondamente innovato dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 9 a 11, legge 145/2018), per ampliarne il perimetro di applicazione. Queste le principali modifiche:
- è stata introdotta una soglia unica di ricavi/compensi, più elevata, pari a 65mila euro, indipendentemente dall’attività esercitata
- sono state abrogate le precedenti limitazioni stabilite con riferimento al costo dei beni strumentali (20mila euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5mila euro)
- sono state riformulate le cause ostative all’applicazione del regime. È ora stabilito che non possono avvalersi del regime forfetario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone o associazioni o imprese familiari di cui all’articolo 5 del Tuir ovvero che controllano direttamente o indirettamente Srl o associazioni in partecipazione, esercenti attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dalla persona fisica. Inoltre, per evitare artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo, non possono avvalersi del regime agevolato i contribuenti la cui attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano in corso nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti agli stessi riconducibili (l’esclusione non opera per chi inizia un’attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatorio per l’esercizio di arti o professioni).
A seguire, le principali indicazioni sulle modalità applicative del regime alla luce delle novità recate dalla legge di bilancio 2019 e i chiarimenti ad alcuni dubbi interpretativi, tenendo presente che i contribuenti che, prima della pubblicazione della circolare odierna, pur avendone i requisiti non hanno seguito le regole del regime forfetario ed hanno applicato l’Iva con le modalità ordinarie, possono emettere una nota di variazione per correggere gli errori commessi in fattura, da conservare, ma senza obbligo di registrazione.
Requisiti
Il regime forfetario si applica sia a chi è già in attività sia a chi ne intraprende una nuova. Non è prevista una durata massima, cioè per un determinato numero di anni o fino al raggiungimento di una certa età anagrafica.
Oltre che alle imprese familiari, è applicabile anche alle aziende coniugali non gestite in forma societaria; in tal caso, l’imposta sostitutiva dovuta dal titolare è calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge.
Il nuovo limite di ricavi/compensi, che va ragguagliato in caso di attività iniziata in corso di anno, deve essere verificato rispetto all’anno precedente all’applicazione del regime forfetario; ad esempio, il contribuente che nel 2018 ha sforato la vecchia soglia di 30mila euro ma non la nuova di 65mila euro, può permanere nel regime forfetario. Concorre all’ammontare del tetto il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore.
Per la verifica del limite, va considerato il regime contabile applicato nell’anno di riferimento: chi ha operato in contabilità ordinaria deve calcolare l’ammontare dei ricavi conseguiti con il principio di competenza, chi ha applicato il regime semplificato con il regime di cassa.
I diritti d’autore concorrono al limite di 65mila euro solo se correlati con l’attività di lavoro autonomo svolta; la circostanza si considera sussistente se gli stessi non sarebbero stati conseguiti in assenza dello svolgimento dell’attività di lavoro autonomo.
Quando il contribuente esercita più attività, con codici Ateco differenti, si considera la somma dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività. Perciò: se si esercitano contestualmente un’attività di lavoro autonomo e una d’impresa, si assume la somma dei ricavi/compensi relativi a entrambe; se si esercita un’attività agricola rientrante nei limiti dell’articolo 32 del Tuir e una o più attività commerciali a essa connesse, si considerano solo i ricavi delle attività commerciali.
Cause ostative
L’esercizio di un’attività esclusa dal regime forfetario in quanto soggetta a un regime speciale Iva o espressiva, ai fini Irpef, di un reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato con modalità forfetarie, preclude l’applicazione del forfetario per tutte le altre attività, anche se non soggette a un regime speciale (fanno eccezione i produttori agricoli che rispettano i limiti previsti all’articolo 32 del Tuir: essendo titolari di reddito fondiario e non esercitando, pertanto, attività d’impresa, possono applicare il forfetario per le altre attività svolte). Se il contribuente opta per l’Iva nei modi ordinari, può applicare il regime forfetario se l’opzione è stata esercitata nell’anno d’imposta precedente.
La causa ostativa rappresentata dalla contemporanea partecipazione a società di persone, associazioni o imprese familiari ovvero dal controllo di Srl o associazioni in partecipazione esercenti attività economiche riconducibili a quelle svolte dalla persona fisica non opera se il contribuente la rimuove nell’anno precedente a quello di applicazione del regime. Tale previsione, tuttavia, in ossequio allo Statuto dei diritti del contribuente, non va applicata già a partire dal 2019.
Se la causa ostativa sopraggiunge in corso d’anno (acquisizione per eredità delle partecipazioni), va rimossa dal contribuente in forfetario entro fine anno, se no fuoriesce dal regime dall’anno successivo.
La causa ostativa si applica anche nel caso di partecipazioni ad aziende coniugali.
Impediscono l’accesso al regime anche l’esercizio di società di fatto che svolgono un’attività commerciale e il possesso di partecipazioni a titolo di nuda proprietà.
Invece, non costituisce causa ostativa la partecipazione in società semplici, tranne quando le stesse producono redditi di lavoro autonomo o d’impresa.
Affinché operi la causa ostativa rappresentata dal controllo di Srl o associazioni in partecipazione deve sussistere anche l’altra condizione, cioè che le stesse esercitino attività economiche riconducibili a quelle svolte dalla persona fisica; in caso contrario, il contribuente può applicare il regime forfetario o permanervi.
Per la definizione di controllo, diretto e indiretto, occorre far riferimento all’articolo 2359 del codice civile, tenendo presente che nell’ambito delle persone interposte sono ricompresi il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Per verificare se le attività della Srl o dell’associazione in partecipazione sono riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti e professioni, bisogna guardare alle attività svolte in concreto, indipendentemente dai codici Ateco dichiarati. Se le attività esercitate dal contribuente e dalla Srl controllata appartengono di fatto alla medesima sezione Ateco, la riconducibilità si ritiene sussistente se la persona fisica che usufruisce del regime forfetario effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi tassabili con imposta sostitutiva alla Srl controllata, la quale, a sua volta, deduce dalla propria base imponibile i correlativi componenti negativi di reddito. Pertanto, la condizione di attività autonomamente esercitate dalla Srl si considera sussistente, oltre che in assenza di acquisti dalla persona fisica in regime forfetario, anche nel caso in cui il costo dei beni e servizi non è fiscalmente deducibile nonché quando le stesse sono classificabili in una sezione Ateco diversa da quella delle attività esercitate dal contribuente in regime forfetario.
Rilevano non le sezioni e i codici Ateco dichiarati, ma quelli attribuibili in base alle attività effettivamente esercitate.
Relativamente alla causa ostativa rappresentata dall’attività esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o lo erano nei due precedenti periodi d’imposta (ovvero nei confronti di soggetti a essi riconducibili), la verifica del requisito della prevalenza va effettuata al termine del periodo d’imposta (si ipotizzi un contribuente che nel 2018 ha concluso un rapporto di lavoro, applicando il regime forfetario dal 2019: se a fine anno emerge che ha fatturato prevalentemente nei confronti del suo precedente datore di lavoro, nel 2020 deve fuoriuscire dal forfetario). Perché la causa ostativa si realizzi, i ricavi/compensi ottenuti nei confronti dei datori di lavoro o dei soggetti a essi riconducibili devono superare il 50 per cento.
Circa l’interpretazione della locuzione “datori di lavoro”:
- i pensionati che percepiscono redditi di lavoro dipendente incorrono nella causa ostativa soltanto se il pensionamento non è obbligatorio per legge, cioè se l’interruzione del rapporto è avvenuta, ad esempio, per licenziamento o dimissioni
- con riferimento ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, rientrano nell’ambito di applicazione della causa ostativa i soli percettori delle categorie di redditi indicate alle lettere a), b) ed e), articolo 50, comma 1, del Tuir. Inoltre, nell’ambito dei redditi di cui alla lettera c-bis), la causa ostativa non opera per i revisori e i sindaci di società, data l’intrinseca natura dell’attività svolta, mentre si applica a tutti gli altri percettori.
Se prima della novità normativa il contribuente conseguiva dallo stesso datore di lavoro sia redditi di lavoro autonomo o d’impresa sia redditi di lavoro dipendente o assimilati (si pensi, ad esempio, a chi svolge sia l’attività di guardia medica, ritraendone un reddito di lavoro dipendente, sia l’attività di assistenza nei confronti dei mutuati, ricevendo, dalla stessa Asl di competenza, un reddito di lavoro autonomo), la causa ostativa non si applica se i due rapporti di lavoro permangono senza subire modifiche sostanziali.
In merito all’espressione i “soggetti direttamente o indirettamente riconducibili” ai datori di lavoro, si tratta dei soggetti controllanti, controllati e collegati ai sensi dell’articolo 2359 cc.
Passaggio dal regime semplificato al regime forfetario
Come già chiarito con la risoluzione 64/2018, il contribuente che, pur possedendo i requisiti per il forfetario, ha optato per la contabilità semplificata (articolo 18, Dpr 600/1973) può passare al forfetario senza attendere il decorso di un triennio (ordinariamente previsto in caso di opzione per un regime di determinazione dell’imposta), anche se ha scelto la particolare modalità di registrazione di cui al comma 5 dell’articolo 18: si tratta di due regimi naturali dei contribuenti minori.
Il contribuente che nel 2018 si è avvalso del regime contabile semplificato per le imprese minori, optando anche per la semplificazione prevista dal comma 5, e che dal 2019 vuole avvalersi del forfetario entro il 31 dicembre 2018 deve registrare tutti i componenti di reddito per i quali, a quella data, non è ancora intervenuta la registrazione, affinché gli stessi concorrano alla tassazione nel 2018. Tuttavia, per il calcolo del limite dei 65mila euro, rilevano i soli componenti incassati nel 2018; quelli non ancora riscossi concorreranno nel periodo d’imposta in cui avviene la percezione.
Pertanto, qualora se ne possiedano i requisiti, è sempre possibile transitare dal regime semplificato al forfetario, in quanto si passa da un regime naturale a un altro regime naturale.
Peraltro, un contribuente che nel 2018 era in regime semplificato perché non aveva i requisiti per il forfetario, se vengono meno le cause di esclusione, può applicare il forfetario dal 2019, senza dover fare alcuna comunicazione né esercitare una specifica opzione.
Passaggio dal regime ordinario al regime forfetario
Considerate le significative modifiche apportate al regime forfetario dalla legge di bilancio 2019, chi nel 2018 era in regime ordinario per opzione può passare al forfetario senza attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni Iva (cfr circolare 11/2017).
Disapplicazione per legge e a seguito di accertamento
Non è contemplata la fuoriuscita dal regime forfetario in corso d’anno: la sua applicazione cessa a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno il requisito reddituale o si verifica una delle cause ostative, anche a seguito di accertamento divenuto definitivo. In quest’ultimo caso, in pratica, la definitività ha effetti dall’anno successivo a quello al quale è riferita la violazione; ad esempio, se un accertamento relativo al 2019 si rende definitivo nel 2024, il regime si considera cessato dal 2020.
Determinazione del reddito imponibile
In presenza di contemporaneo esercizio di attività riconducibili a codici Ateco diversi, l’imponibile lordo va determinato applicando ai ricavi/compensi imputabili a ciascuna attività il relativo coefficiente di redditività.
Se il contribuente consegue proventi a titolo di diritti d’autore, anche se effettivamente correlati con l’attività di lavoro autonomo svolta (e, quindi, rilevanti ai fini della verifica del requisito reddituale), gli stessi sono tassati secondo le modalità ordinarie (articolo 54, comma 8, Tuir).
L’eventuale eccedenza di contributi previdenziali e assistenziali versati da un contribuente in regime forfetario, che sia fiscalmente a carico di altri familiari, può essere dedotta da questi ultimi.
A seguito delle modifiche apportate dall’ultima legge di bilancio all’articolo 8, comma 3, del Tuir in materia di riporto delle perdite fiscali, quelle d’impresa realizzate dai soggetti forfetari prima dell’adozione del regime, nei periodi di applicazione della contabilità ordinaria, sono utilizzabili solo in abbattimento del reddito d’impresa e sono riportabili senza limiti di tempo, entro l’80% dei relativi redditi conseguiti; se invece le perdite si riferiscono a periodi d’imposta in cui si possedevano i requisiti delle imprese minori (articolo 66, Tuir), quelle maturate dal 2017 sono riportabili sulla base delle nuove modalità indicate nell’articolo 8, comma 3, Tuir e del peculiare regime transitorio. Invece, le perdite realizzate nell’esercizio di arti e professioni, non potendo essere riportate negli esercizi successivi, non influenzano il reddito realizzato nel periodo di applicazione del regime forfetario.
In caso di perdite (sia d’impresa che di lavoro autonomo) maturate nel periodo di applicazione del “regime dei minimi” e del “regime fiscale di vantaggio”, le stesse possono essere scomputate dal reddito forfetario nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero ammontare che trova capienza (cfr risoluzione 123/2010).