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Normativa e prassi

Ricerca e sviluppo per conto terzi,
precluso il credito d’imposta

La nuova disciplina che opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre non prevede, come quella precedente, l’estensione del bonus all’attività commissionata da imprese estere

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L’attività in ambito chimico-farmaceutico commissionata all’istante da imprese non residenti, per la quale quest’ultima ha una divisione interna dedicata, non può fruire del credito d’imposta “Ricerca e sviluppo” secondo le nuove disposizioni introdotte dalla legge di bilancio 2020. Il chiarimento arriva con la risposta n. 874/2021 dell’Agenzia delle entrate.

L’istante è una società che svolge attività di ricerca e sviluppo in ambito chimico-farmaceutico finalizzata all'immissione in commercio di prodotti propri e all’innovazione dei processi produttivi. L’istante, inoltre, riceve attraverso appositi contratti, degli incarichi per la medesima attività, da imprese residenti in Ue o aderenti allo Spazio economico europeo, per le quali ha un’apposita divisione interna. L’istante, quindi, chiede se per questa ulteriore attività svolta può fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo, secondo le previsioni aggiornate dalla legge di bilancio 2020.

L’Agenzia ricorda la misura introduttiva del credito d’imposta in esame, spettante alle imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 (Dl n. 145/2013).
Successivamente la legge n. 232/2016 ha inserito il comma 1-bis nel nell’articolo 3, del Dl n. 145/2013, che ha esteso di fatto il credito d'imposta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo sulla base di contratti stipulati con imprese residenti in Ue o negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo.

Successivamente la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi da 198 a 209) ha operato una ridefinizione della disciplina degli incentivi prevedendo che “per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d'imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206”.

La nuova disciplina, che ha di fatto annullato quella precedente, non prevede però alcuna disposizione che, analogamente a quanto previsto nelle disposizioni passate, estenda l'applicazione del credito d'imposta alle attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti.

Di conseguenza, conclude l’Agenzia, i costi sostenuti dall’istante nel corso dei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2019 in forza di contratti stipulati con committenti non residenti, relativi ad attività di ricerca e sviluppo, devono considerarsi esclusi dal credito d’imposta.
E ciò, precisa l’Agenzia, anche nel caso in cui tali costi si riferiscano ad attività che costituiscono prosecuzione di progetti iniziati nel corso di precedenti periodi d'imposta, essendo i costi in questione imputati ai vari periodi d'imposta - ai fini agevolativi - in base alle regole dell'articolo 109 del Tuir, indipendentemente dalla data di inizio dei progetti di ricerca.
Ebbene, la mancata riproposizione, nel contesto della disciplina agevolativa applicabile dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, di una norma analoga non consente di considerare agevolabile l'attività di ricerca e sviluppo.

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