Il servizio di ricerca in materia di investimenti finanziari, fornito dai negoziatori agli intermediari che svolgono attività di gestione individuale di portafogli, non può continuare a fruire del regime di esenzione, ma deve essere assoggettato a Iva con applicazione dell’aliquota ordinaria.
Invece, il servizio di ricerca in materia di investimenti, fornito dai negoziatori ai gestori collettivi, se separatamente identificato, sotto il profilo economico, rispetto all’attività di negoziazione, può fruire del regime di esenzione, purché sia inquadrabile nell’ambito della gestione di fondi comuni di investimento (nell’accezione elaborata dalla giurisprudenza comunitaria).
È questo, in sintesi, quanto affermato dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 61/E dell’8 agosto, a seguito di una richiesta di consulenza giuridica.
Il quesito
All’Amministrazione è stato chiesto di chiarire il corretto trattamento fiscale, ai fini Iva, del servizio di ricerca in materia di investimenti reso ai gestori individuali di portafogli, alla luce delle recenti modifiche alle relative condizioni di ricevibilità introdotte dalla direttiva delegata 2017/593/Ue, integrativa della direttiva 2014/65/Ue (Mifid II), operative dallo scorso 3 gennaio.
In particolare, l’Associazione istante ha chiesto se, anche dopo tali novità normative, il servizio possa continuare a beneficiare del regime di esenzione Iva.
La risposta delle Entrate
In primo luogo, l’Agenzia sottolinea che a seguito delle ricordate modifiche alle condizioni di ricevibilità, il servizio di ricerca in materia di investimenti, se finanziato da uno specifico onere di ricerca posto a carico del cliente, deve essere indipendente rispetto a tutti gli altri servizi forniti dal negoziatore e del tutto svincolato dal volume e/o dal valore delle operazioni eseguite per conto del cliente. In altri termini, esso rappresenta un servizio “distinto e autonomo” rispetto a quello di esecuzione di ordini fornito dal negoziatore (peraltro, queste novità riguardano il solo servizio di ricerca fornito ai gestori individuali di portafogli, ma non necessariamente quello reso ai gestori collettivi; questi ultimi, infatti, hanno la facoltà di decidere se applicare o meno le nuove regole).
Alla luce del nuovo quadro normativo, l’Agenzia ritiene che il servizio di ricerca fornito agli intermediari che svolgono il servizio di gestione individuale di portafogli non è riconducibile a nessuna delle ipotesi di esenzione previste dall’articolo 10, comma 1, Dpr 633/1972 e, in particolare, non può essere inquadrato tra le “prestazioni di mediazione, intermediazione e mandato”.
In altri termini, il servizio in esame non si concretizza in un’attività di intermediazione nell’accezione propria della normativa interna ed europea; infatti, il negoziatore che fornisce il servizio di ricerca in materia di investimenti si limita a rendere fruibili al gestore informazioni, dati e ricerche su una determinata strategia di investimento finanziario.
Pertanto, il servizio, autonomamente remunerato secondo le nuove condizioni di ricevibilità, non può continuare a beneficiare del regime di esenzione e deve essere assoggettato all’aliquota Iva ordinaria.
Doppia possibilità per la gestione collettiva
Come detto, le nuove regole europee non riguardano, invece, il servizio fornito dai negoziatori agli intermediari relativo alla gestione collettiva del risparmio.
Pertanto, tale servizio può fruire del regime di esenzione Iva se separatamente identificato, sotto il profilo economico, rispetto all’attività di negoziazione, purché sia inquadrabile nell’ambito della gestione di fondi comuni d’investimento.
A tal proposito, l’Agenzia, a fondamento della propria indicazione interpretativa, richiama, oltre alla normativa nazionale (articolo 10, comma 1, n. 1, Dpr 633/1972), anche le conclusioni a cui sono giunti i giudici europei nella sentenza 4 maggio 2006, C-169/04, che ha individuato i servizi riconducibili all’attività di gestione dei fondi comuni di investimento e ha affrontato la questione relativa all’applicazione dell’esenzione Iva nel caso in cui i servizi di gestione dei fondi siano affidati a un soggetto esterno.
Proprio alla luce dei principi espressi dalla Corte Ue, l’Agenzia ritiene che il servizio di ricerca in materia di investimenti fornito dal negoziatore ai gestori collettivi possa essere considerato uno dei servizi (esternalizzati) di cui si compone la gestione di fondi esenti da Iva.
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Il nuovo quadro normativo non consente più di applicare il regime di esenzione all’attività resa dai negoziatori agli intermediari che svolgono la gestione individuale di portafogli
