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Normativa e prassi

Ricercatore impatriato in Italia,
la residenza all’estero va provata

Il lavoratore che non si è mai cancellato dall’anagrafe della popolazione residente può beneficiare del regime fiscale di favore solo se dimostra effettivamente la sua permanenza nel paese straniero

patria

Anche senza cancellazione dall’Anpr, ammesso ai benefici Irpef e Irap il ricercatore che, dopo aver lavorato all’estero cinque anni torna in Italia come docente universitario. La mancata iscrizione all’Aire, non è di per sé sufficiente ad escluderlo dall’agevolazione fiscale. E’, in sintesi, la risposta dell’Agenzia delle entrate all’interpello n. 207/2019.

Quesito
L’istante è un ricercatore rientrato in Italia dopo circa cinque anni e mezzo trascorsi interamente all’estero. Egli rappresenta di non essersi mai iscritto all’AIRE, nonostante abbia passato gli ultimi anni della sua vita fuori il Paese, oltre che per motivi prettamente personali e professionali, anche perché, dall’esame della normativa di riferimento, non ha rilevato la necessità di tale iscrizione al fine di beneficiare del regime agevolativo e chiede, dunque, se possa beneficiare del regime di vantaggio previsto dall’articolo 44 del Dl n. 78/2010.
Secondo l’istante, infatti, i responsabili del Ufficio trattamento economico dell’Università lo avevano escluso dal regime fiscale di favore in quanto non si era mai cancellato dall’anagrafe della popolazione residente in Italia.

Risposta delle Entrate
In via preliminare, l’Agenzia ricorda che l’articolo 44 del Dl n. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, prevede un’agevolazione, ai fini Irpef e Irap, per incentivare i ricercatori e i docenti residenti all’estero ad esercitare la loro attività in Italia.
In particolare, il citato articolo 44 dispone che, è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo, il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato. L’agevolazione spetta a decorrere dal periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente in Italia e nei tre periodi d’imposta successivi.


Le condizioni per accedere alle agevolazioni, chiarite anche da vari documenti di prassi (risoluzione n. 146/E del 29 novembre 2017, circolare n. 17/ 2017, circolare n. 4/2011), sono:

  • il possesso di un titolo di studio universitario o ad esso equiparato
  • residenza non occasionale all’estero
  • lo svolgimento di documentata attività di ricerca o docenza all’estero per almeno due anni continuativi
  • acquisizione della residenza fiscale in Italia per tutto il periodo in cui si fruisce dell’agevolazione.

Al riguardo la circolare n. 17/2017 chiarisce che “…la norma prevede espressamente che il docente o il ricercatore acquisisca la residenza fiscale nel territorio dello Stato e che ciò avvenga in conseguenza dello svolgimento della attività lavorativa in Italia.”.
Con riferimento alla nozione di “residenza fiscale”, l’Agenzia ricorda le disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 2, del Tuir, il quale considera fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi dell’articolo 43 del codice civile.


L’Agenzia, nel formulare il parere, ricorda che l’articolo 5, comma 4, lettera b) del decreto crescita (decreto legge n. 34/2019), ha introdotto, al citato articolo 44, il comma 3-quater, nel quale si legge:
I docenti o ricercatori italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai docenti e ricercatori italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presnte articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”.


Considerando la normativa in esame, secondo la quale i soggetti che non risultano iscritti all’Aire possono comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle previsioni dettate dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, l’Agenzia è dell’avviso che anche i docenti e i ricercatori rientrati fiscalmente in Italia entro il 31 dicembre 2019 hanno la possibilità di usufruire del regime agevolativo se dimostrano la residenza fiscale all’estero per i due periodi d’imposta precedenti sulla base delle regole dettate dalle singole Convenzioni internazionali.
Di conseguenza, nel caso in esame, conclude l’Agenzia, l’istante, nonostante non sia stato iscritto all’Aire durante gli anni trascorsi all’estero, può beneficiare dell’agevolazione fiscale a decorrere dal 2019, anno in cui afferma di essere rientrato fiscalmente in Italia, se dimostra la residenza all’estero per i due anni di imposta precedenti, ai sensi della Convezione contro le doppie imposizione siglata tra l’Italia e il Paese estero in cui ha lavorato.

La risposta dell’Agenzia tiene conto delle disposizioni ad oggi in vigore che il contribuente avrà cura di verificare alla luce della conversione in legge del decreto crescita citato.

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