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Normativa e prassi

Ricercatore straniero residente.
Si agli incentivi fiscali per il rimpatrio

La disposizione di favore che prevede l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo del 90% dei compensi non è rivolta solo ai cittadini italiani

rientro cervelli

Un cittadino straniero che dal 1° gennaio 2020 trasferisce la residenza in Italia per svolgere attività di ricerca presso un’università italiana può beneficiare dell’agevolazione fiscale sul “rientro dei cervelli”. La norma, infatti, non riguarda solo i connazionali dal momento che è finalizzata a incentivare tutti i docenti che, attraverso le loro conoscenze scientifiche, possono  favorire lo sviluppo della ricerca nel nostro Paese. È la sintesi della risposta dell’Agenzia n. 307 del 3 settembre 2020.

L’Agenzia fa un quadro della disciplina sul rimpatrio dei ricercatori che dopo varie modifiche trova applicazione nei confronti dei soggetti che acquisiscono la residenza in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020. In particolare, l’articolo 44, comma 1 del Dl n. 78/2010 prevede un’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo pari al 90% dei compensi dei docenti e dei ricercatori in possesso di una laurea e non occasionalmente residenti all’estero, ove hanno svolto attività di ricerca o docenze per almeno due anni, che decidono di lavorare e acquisire la propria residenza in Italia. Il beneficio si applica a partire dal periodo d’imposta in cui si verifica il cambio di residenza fino ai cinque periodi successivi, a patto che il soggetto mantenga la residenza in Italia.

L’Agenzia ricorda, inoltre, che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta cioè per 183 giorni, o 184 nell’anno bisestile, sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno la residenza o il domicilio secondo le  disposizioni del codice civile.

Dunque, il regime di favore prevede il possesso di una laurea, essere stati residenti all’estero in via non occasionale, aver svolto attività di ricerca in via continuativa per almeno un biennio, svolgere attività di docenza e ricerca in Italia, acquisire la residenza nel nostro Paese.
Nulla è specificato riguardo la natura del datore di lavoro, che può essere un ateneo pubblico o privato, un ente o un’impresa  di ricerca.

In conclusione, l’Agenzia ritiene che l’istante trasferitosi in Italia nel periodo d’imposta 2020 per effettuare attività di ricerca presso un’università italiana, possa beneficiare del regime di favore per i redditi prodotti in Italia a decorrere dal 2020 e per i cinque periodi successivi, a condizione che risultino soddisfatti tutti i requisiti previsti dalla normativa.

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