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Normativa e prassi

Ritenute su dividendi in uscita. Griglia di controllo per i rimborsi

L'adesione alle indicazioni della Corte di giustizia europea non significa automatico accoglimento delle istanze

Sulle ritenute operate per i dividendi "ante 2008" in uscita, l'Agenzia delle Entrate si adegua alla Corte di giustizia europea (causa C-540/07). Ciò non vuol, comunque, dire che le istanze di rimborso saranno accettate senza ulteriori e necessarie verifiche.
E' la sintesi della circolare n. 32/E dell'8 luglio, con cui vengono istruiti gli uffici su come trattare le richieste di restituzione presentate dalle società e dagli enti residenti nella Ue e nei Paesi aderenti allo spazio economico europeo.

La normativa
Con la Finanziaria 2008, il trattamento fiscale sui dividendi cosiddetti in uscita è stato allineato a quello previsto per le società italiane. Al fine, cioè, di rendere la norma compatibile con i principi comunitari di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali, la ritenuta operata "…sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti a un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi…" è stata portata dal 27 all'1,375% (il 5% - la quota dei dividendi che partecipa al reddito - del 27,5% - l'aliquota Ires).

Una disposizione che, però, era stato previsto, si applicava solo agli utili formatisi negli esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007. Limite temporale che, da quanto contenuto nella sentenza della Corte di giustizia del 19 novembre 2009, emessa nella causa C-540/07, risultava essere contrario alla normativa europea.

Da qui numerose istanze di rimborso anche per le ritenute sugli utili ante 2008 (per i quali - essendo la vecchia aliquota Ires fissata 33% - la ritenuta sarebbe dovuta esser pari all'1,65%) e il conseguente contenzioso, che ora l'Agenzia delle Entrate dà ai propri uffici indicazione di abbandonare, ma solo nel caso, si badi bene, in cui la difesa erariale era basata esclusivamente sull'irretroattività della norma introdotta dalla Finanziaria 2008.
Perché il diritto al rimborso spetta sì (a questo punto pacificamente) anche in relazione ai dividendi maturati prima del 2008, ma sempre al ricorrere di condizioni soggettive e oggettive che occorre verificare. Analizziamole.

Check list di sette punti
Sono sostanzialmente sette i punti su cui occorrerà soffermarsi di fronte alle istanze di rimborso:
  1. il campo di applicazione della citata sentenza della Corte di giustizia va limitato alle partecipazioni transfrontaliere non "qualificate" ai sensi della direttiva "madre-figlia". Se, infatti, le ritenute sono relative a dividendi che rientrano nell'ambito della direttiva 90/435/CE (la madre-figlia) c'è una procedura ad hoc, contenuta nell'articolo 27-bis del Dpr 600/1973, e solo a questa occorre far riferimento
  2. la Corte si è espressa in relazione ai dividendi in uscita verso Stati membri e non anche in relazione a quelli diretti nei Paesi aderenti all'accordo SEE
  3. vanno prese in considerazione solo le istanze relative a ritenute su dividendi soggetti al nuovo regime tributario, in vigore a partire dal 1° gennaio 2004. Il Tribunale europeo ha, infatti, bollato come discriminatori gli effetti derivanti dal regime pex. Regime che sotto l'imperio dell'Irpeg non era presente
  4. anche ai rimborsi basati sul diritto comunitario si applicano le decadenze di diritto interno: l'istanza di rimborso deve essere stata, quindi, presentata entro 48 mesi dall'effettuazione della ritenuta
  5. perché il differente trattamento tributario si traduca in una violazione della libertà di circolazione dei capitali è necessario che i percettori esteri siano assoggettati a imposte societarie, anche se poi godono di particolari esenzioni oggettive o territoriali. Perciò, se il soggetto straniero non sconta tale tassazione non v'è disincentivo a investire in Italia e, quindi, non c'è il diritto al rimborso
  6. l'onere di provare la spettanza del rimborso è, per diritto interno, a carico di chi lo richiede. Dovranno essere, cioè, le società interessate a dimostrare, tramite certificazione dello Stato di residenza (verificabile avvalendosi delle regole di collaborazione transfrontaliera fra i vari Paesi, previste dalla direttiva 77/799/Cee), di essere soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società. Ma non basta: l'istanza va respinta (per assenza del rischio di imposizione a catena - sentenza 8 novembre 2007, causa C-379/05) se il soggetto straniero può godere, nel proprio Paese, di un credito di imposta pieno in relazione alla ritenuta subita; a prescindere se per norma interna o in base a Convenzione bilaterale
  7. stabilimento della società richiedente il rimborso in un altro Stato Ue e/o transazione avente ad oggetto le partecipazioni non devono essere una "costruzione di puro artificio". Condizione, questa, che deve essere l'Amministrazione a provare.
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