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Normativa e prassi

Rivalsa “tardiva”:
sì, ma a precise condizioni

Il diritto a detrazione del cessionario è ancorato alla situazione al momento dell'originaria operazione e subordinato all'avvenuto pagamento dell'Iva accertata, addebitata in via di rivalsa dal cedente

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Con la risposta n. 569 del 22 novembre 2022, l’Agenzia chiarisce che il versamento all'Erario dell'intera Iva originariamente detratta su tutte le forniture effettuate dai missing traders, realizzato dalla società istante in esecuzione di un accordo tombale, costituisce un elemento idoneo di per sé ad escludere che la detrazione dell'Iva oggetto delle fatture di rivalsa emesse dal fornitore dia luogo a una duplicazione della detrazione dell'imposta da parte dell’istante.

Una società, facente parte di un gruppo multinazionale, svolge attività di fabbricazione e produzione di imballaggi metallici per alimenti. Nell'anno 2021, il gruppo multinazionale, del quale faceva parte precedentemente la società, cedeva a un fondo la divisione packaging per alimenti e beni di consumo, con la conseguente uscita della società dal perimetro del precedente gruppo, l'assunzione della attuale denominazione e l’inclusione nel nuovo gruppo multinazionale.
L’Amministrazione finanziaria aveva effettuato una serie di controlli fiscali relativamente a forniture di banda stagnata (latta) effettuate da talune ferriere ed altri operatori del settore dell'acciaio nei confronti di intermediari commerciali (traders), che acquistavano la merce dai suddetti fornitori per poi rivenderla alle imprese manifatturiere (incluse, alcune società del gruppo in questione, utilizzavano la banda stagnata per la fabbricazione di barattoli e contenitori per alimenti). La consegna della banda stagnata era effettuata, per espressa previsione contrattuale, direttamente dalle ferriere alle aziende manifatturiere, senza transitare fisicamente per i traders. All'esito dei suddetti controlli fiscali, emergeva che i traders, dopo aver acquistato la banda stagnata senza applicazione dell'Iva in forza di mendaci ''dichiarazioni di intenti'' (non possedendo, cioè, i requisiti indispensabili ai fini della qualifica di ''esportatore abituale''), avevano evaso il versamento dell'Iva all'Erario.
Anche in ragione della sopravvenuta irreperibilità dei traders al momento della individuazione della frode Iva, l'Agenzia delle entrate, al fine di recuperare l'Iva evasa dai traders stessi (missing traders), aveva contestato alle ferriere e agli altri fornitori l'omessa applicazione dell'Iva sulle vendite di banda stagnata nei confronti dei missing traders, ritenendo che tali società avrebbero potuto individuare l'assenza, in capo a detti soggetti, della qualifica di esportatori abituali, e, al contempo, aveva contestato alle società acquirenti finali della banda stagnata, la detrazione dell'Iva pagata ai missing traders, a fronte della fattura di vendita, in quanto, anche in tal caso ­ a giudizio degli organi verificatori ­ le aziende manifatturiere avrebbero potuto individuare delle anomalie nell'attività dei missing traders.

Tanto premesso, la società fa presente che le contestazioni fiscali elevate nei suoi confronti erano state oggetto di contenzioso tributario, oggetto di definizione delle liti fiscali pendenti (ex art. 6 Dl n. 119/2018), con il pagamento degli importi in corso di esecuzione. Inoltre, le contestazioni elevate nei confronti delle società del gruppo, tra cui l’istante, erano state, altresì, fonte di contenzioso, anche esso definito in via stragiudiziale e transattiva.

Ebbene, odiernamente il fornitore si trova a esercitare la rivalsa ''tardiva'' dell'Iva pagata all'Erario ­ a seguito di accertamento e definizione del conseguente contenzioso ­ nei confronti dell’istante, in quanto originariamente destinataria finale di talune forniture della banda stagnata, ai sensi dell’articolo 60, ultimo comma Dpr n. 633/1972. Il fornitore, quindi, indirizzando la propria iniziativa di rivalsa ''tardiva'' nei confronti delle società destinatarie finali della merce, e non già nei confronti dei missing traders, si focalizza sul rapporto tra primo fornitore e destinatario finale della banda stagnata, sicché l'operazione originariamente triangolare viene ricondotta ad una ''vendita diretta'' effettuata dal fornitore alla società istante, destinataria finale di talune forniture di banda stagnata.
Il fornitore si era già rivolto all’Agenzia con l’interpello ordinario chiedendo se, a fronte dei pagamenti effettuati nell'ambito della definizione agevolata fosse legittimata ad esercitare la rivalsa nei confronti dei soggetti che gli atti impositivi ad ella notificati avevano qualificato come i reali cessionari della merce oggetto delle cessioni contestate e quali fossero le formalità per esercitare la rivalsa. Inoltre, si chiedeva se le società destinatarie delle fatture per rivalsa ''tardiva'' ­ tra le quali, l’istante ­ fossero legittimate alla detrazione dell'Iva, secondo gli ordinari principi, nonché nel quadro dell'applicazione dell'articolo 60 Dpr n.633/1972.

L'Agenzia ha riconosciuto la possibilità di emissione delle fatture di rivalsa ''tardiva'' nei confronti dell'effettivo cessionario/committente dell'operazione originaria, laddove non coincidente con quello cartolare indicato nelle fatture contestate dall'Amministrazione finanziaria.
Il fornitore, sulla scorta della predetta risposta ad interpello, ha quindi richiesto all’istante, destinataria finale di alcune forniture di banda stagnata, il pagamento dell'Iva dalla stessa versata all'Erario, ai sensi del citato art. 60. Quanto, invece, al quesito sulla detraibilità dell'Iva da parte dei destinatari finali della merce, tra cui l’istante, l'Agenzia, dopo aver dichiarato l'inammissibilità del quesito, ha incidentalmente affermato che il diritto alla detrazione dovrebbe sussistere per le società destinatarie finali della banda stagnata, a condizione che le società destinatarie delle fatture in parola non abbiano già detratto l'Iva sulla stessa fornitura.

Tanto premesso, la società ritiene necessario formulare, a sua volta, un’istanza di interpello per chiedere chiarimenti in merito alla spettanza del diritto alla detrazione dell'Iva ad essa addebitata dal fornitore a titolo di rivalsa ''tardiva''.

L’Agenzia premette che, ai sensi dell'articolo 60, comma 7 Dpr n. 633/1972, “il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione” (cfr. anche circolari nn. 35/2013, 6/2019, 10/2019, risposte ad interpello nn. 128 e 129 del 2019, nn. 422 e 510 del 2021).

Per quanto riguarda il diritto alla detrazione dell'imposta addebitata dalla cedente alla società istante in via di rivalsa (a seguito di accertamento), la circolare n. 35/2013 sottolinea che l'articolo 60, comma 7 citato àncora l'esercizio del diritto a detrazione da parte del cessionario o committente alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell'originaria operazione e lo subordina all'avvenuto pagamento dell'Iva accertata addebitatagli in via di rivalsa dal cedente o prestatore. In tal senso, il legislatore ha inteso scongiurare il rischio di un ingiusto arricchimento che il cessionario o committente conseguirebbe se detraesse l'imposta senza provvedere al suo effettivo pagamento. La norma – chiarisce la circolare da ultimo citata - non prevede particolari oneri a carico del committente/cessionario in ordine al riscontro dell'avvenuto versamento all'Erario dell'imposta oggetto di accertamento, pertanto questi è tenuto solo all'osservanza degli ordinari doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della fattura (o della nota di variazione in aumento) emessa da parte del cedente/prestatore.

Nel caso in esame, osserva l’Agenzia, l'Iva pagata a suo tempo ai missing traders ­ e portata in detrazione ­ è stata poi ''riversata'' integralmente all'Erario a seguito dell'azione di accertamento dell'Agenzia delle Entrate e della conseguente definizione transattiva omnibus.
Infatti, come affermato dalla società istante, la stessa, in sede di definizione delle proprie pendenze, ha ''riversato'' all'Erario tutta l'Iva detratta sulle operazioni di acquisto della merce dai missing traders, rispetto alle quali sono state avviate le attività di accertamento da parte della Guardia di Finanza e dell'Amministrazione finanziaria.
Inoltre, continua l’Agenzia, all'epoca della effettuazione delle forniture di cui trattasi, l’istante svolgeva attività produttiva soggetta ad Iva, godeva di un diritto pieno alla detrazione dell'Iva e l'Iva passiva di cui trattasi era inerente all'attività di impresa svolta dall’istante all'epoca dei fatti oggetto di accertamento (acquisti di banda stagnata impiegata per la produzione di imballaggi per alimenti la cui cessione era soggetta ad Iva).

In conclusione, il versamento a favore dell'Erario dell'intero ammontare dell'Iva originariamente detratta su tutte le forniture effettuate dai missing traders, nell'arco di tempo considerato, effettuato dalla società istante in esecuzione dell'accordo tombale, costituisce un elemento idoneo di per sé ad escludere che la detrazione dell'Iva oggetto delle fatture di rivalsa emesse dal fornitore ai sensi dell’art. 60 citato dia luogo a una duplicazione della detrazione dell'imposta da parte della società.

Pertanto, la società istante può esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva pagata a fronte di fatture emesse dal fornitore, ai sensi del citato articolo 60, comma 7 Dpr n. 633/1972.

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