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Normativa e prassi

Rivalutazione dei beni d'impresa nella legge Finanziaria del 2002

La circolare n. 57 illustra la disciplina della rivalutazione facoltativa dei beni d'impresa e delle partecipazioni, in vigore dall'8 maggio

La circolare n. 57/E del 25 giugno 2002 illustra la disciplina della rivalutazione facoltativa dei beni d'impresa e delle partecipazioni contenuta nell'art. 3 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) e nel decreto ministeriale 19 aprile 2002, n. 86, in vigore dall'8 maggio. Si tratta della riproposizione, con alcune modifiche, della rivalutazione dei beni d'impresa già prevista dalla legge n. 342 del 2000, cosiddetto collegato fiscale alla legge finanziaria per il 2000.
In proposito la circolare precisa che le due normative coesistono e indica a quali condizioni ed in quale modo i contribuenti possono applicare l'una, l'altra o entrambe le discipline di rivalutazione.
La rivalutazione dei beni e delle partecipazioni, consiste nell'attribuzione facoltativa di maggiori valori ai beni rivalutati, entro il limite del loro valore economico. Tali maggiori valori sono riconosciuti anche fiscalmente con il pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap.
Le modalità di attuazione della "nuova" rivalutazione, contenute nel decreto n. 86/2002, in gran parte si avvalgono delle disposizioni della precedente rivalutazione di cui al decreto ministeriale 13 aprile 2001, n. 162.

Le principali novità rispetto alla precedente rivalutazione
- Sono rivalutabili anche i beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31.12. 2000 (in precedenza solo quelli risultanti dal bilancio chiuso al 31.12.1999);
- la rilevanza fiscale dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati, per il calcolo degli ammortamenti e delle plus/minusvalenze, decorre dal secondo esercizio successivo a quello nel quale la rivalutazione è eseguita;
- per le società di capitali e gli enti commerciali l'imposta sostitutiva liquidata concorre immediatamente a formare i canestri ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta ai soci.

Come si effettua la rivalutazione
La rivalutazione deve riguardare i beni risultanti dal bilancio chiuso entro il 31.12.2000, e deve essere effettuata nel bilancio successivo.
Di conseguenza, i contribuenti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare devono aver effettuato la rivalutazione nel bilancio o rendiconto chiuso al 31.12.2001 e dovranno liquidare l'imposta sostitutiva nel quadro RY del modello Unico 2002.
Per i contribuenti tenuti all'approvazione del bilancio, che lo hanno approvato prima dell'entrata in vigore l'8 maggio 2002 del decreto n. 86/2002, rimane aperta la possibilità, già prevista nella precedente disciplina di effettuare la rivalutazione nel bilancio successivo, quello cioè chiuso entro il 31.12.2002. I beni da rivalutare, tranne i beni immateriali, devono essere raggruppati per categorie omogenee, secondo le disposizioni del d.m. n. 162/2001.
Il maggiore valore attribuito ai beni non può eccedere il loro valore economico calcolato, in modo uniforme per ogni categoria omogenea, in base ad uno dei criteri indicati nel comma 2, dell'art. 11, della legge n. 342/2000.
La rivalutazione deve essere eseguita sulla base di un unico criterio per tutti i beni appartenenti a ciascuna categoria omogenea.

Dal punto di vista contabile, per effettuare la rivalutazione possono essere utilizzati liberamente e contestualmente diversi metodi previsti dall'art. 5 del d.m. n. 162/2001.
Le aliquote dell'imposta sostitutiva rimangono quelle indicate dall'art. 12 della legge n. 342/2000, pari al 19 per cento e al 15 per cento, rispettivamente, per i beni ammortizzabili e i beni non ammortizzabili.

L'imposta sostitutiva può essere versata in un massimo di tre rate annuali di pari importo con scadenza entro il termine per il versamento a saldo delle imposte risultanti dalla dichiarazione relativa al periodo d'imposta nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita: di regola, quindi, la scadenza per il versamento dell'intera imposta o della prima rata è quella del 20 giugno o, al più, quella del prossimo 20 luglio 2002, con l'applicazione della maggiorazione dello 0,40 per cento. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi pari al 6 per cento annuo.

Gli effetti fiscali
Il differimento degli effetti fiscali della rivalutazione costituisce una delle principali differenze della "nuova" rivalutazione, rispetto a quella della legge n. 342/2000. Nella "nuova" rivalutazione tutti gli effetti fiscali decorrono dal secondo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita. Come detto, di regola gli effetti fiscali decorreranno dal 1° gennaio 2003, salvo che la durata dell'esercizio sociale sia diversa dall'anno solare. Vediamo di seguito come opera nella pratica il differimento degli effetti fiscali, in relazione a particolari fattispecie.

Ammortamento dei beni rivalutati
Le quote d'ammortamento dei beni rivalutati fiscalmente deducibili potranno essere commisurate al nuovo valore solo a partire dal 1° gennaio 2003.
Nei precedenti esercizi, gli eventuali maggiori ammortamenti civilistici, daranno origine a variazioni in aumento del reddito imponibile per la parte che eccede quelli deducibili sulla base del valore fiscale dei beni.
I maggiori ammortamenti non dedotti, saranno recuperati al termine del processo di ammortamento civilistico, nel rispetto dei coefficienti di ammortamento fiscalmente ammessi. In sostanza il processo di ammortamento fiscale continuerà, eventualmente, anche dopo che è cessato quello civilistico.
Per gli ammortamenti finanziari dei beni gratuitamente devolvibili, dopo la decorrenza degli effetti fiscali, le quote d'ammortamento deducibili devono essere ricalcolate in funzione del valore residuo fiscale del bene, come modificato per effetto della rivalutazione, e dei residui anni di durata della concessione.

Spese di manutenzione
Il costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili, ai fini del calcolo del limite del 5 per cento di deducibilità delle spese di manutenzione, comprenderà gli eventuali maggiori valori attribuiti in sede di rivalutazione solo a partire dall'esercizio dal quale decorrono gli effetti fiscali della rivalutazione. Fino a tale esercizio, quindi, il costo complessivo di riferimento non potrà tener conto di tali maggiori valori.

Dismissione dei beni prima della decorrenza degli effetti fiscali
Nel caso di cessione, conferimento, assegnazione ai soci, autoconsumo o destinazione a finalità estranee al regime di impresa, dei beni rivalutati prima della decorrenza degli effetti fiscali, la rivalutazione, con riferimento a quei particolari beni, non ha alcun effetto.
Di conseguenza le plus/minusvalenze sono determinate senza tenere conto della rivalutazione. La circolare chiarisce che per determinare la plus/minusvalenza non occorre prendere a riferimento il "costo" dei beni prima della rivalutazione, come si legge nell'art. 3 del d.m. n. 86/2002, ma ovviamente il loro valore fiscale corrente, che non tiene ancora conto della rivalutazione. Diversamente, per i beni che abbiano subito ammortamenti o svalutazioni fiscalmente rilevanti, le plusvalenze o minusvalenze sarebbero determinate sulla base di un maggior valore fiscale.
Al soggetto che ha eseguito la rivalutazione spetta un credito d'imposta proporzionale all'imposta sostitutiva riferibile alla rivalutazione dei beni ceduti, conferiti, assegnati ai soci, ecc..
In particolare:
- il credito spetta nei limiti dell'importo dell'imposta sostitutiva pagata;
- nel caso di rateizzazione dell'imposta, le rate non ancora pagate dovranno essere rideterminate tenendo conto della parte di imposta sostitutiva non più dovuta;
- il credito d'imposta dovrà essere evidenziato nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui i beni sono stati ceduti, conferiti, assegnati ai soci, ecc.;
- l'imposta sostitutiva riconosciuta a credito, nonché quella rateizzata e non più dovuta, va portata ad aumento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione e si considera "libera" la parte di saldo attivo riferibile ai medesimi beni.

Svalutazione di partecipazioni
La svalutazione delle partecipazioni sarà deducibile, per la parte riferibile al maggior valore attribuito in sede di rivalutazione, solo a partire dall'esercizio di decorrenza degli effetti fiscali e qualora ricorrano ancora le condizioni previste dall'art. 61 del TUIR per operare la svalutazione anche fiscalmente.

Disciplina del saldo attivo di rivalutazione
Il saldo attivo risultante dalla rivalutazione è costituito dall'importo iscritto nel passivo, al netto dell'imposta sostitutiva dovuta, in contropartita dei maggiori valori attribuiti ai beni e deve essere imputato al capitale o accantonato in apposita riserva.
Nel caso di distribuzione del saldo attivo ai soci, l'importo attribuito concorre al reddito imponibile della società e dei soci. Alla società è concesso un credito d'imposta pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva proporzionale alla parte di saldo attivo distribuito.
Queste disposizioni valgono anche nel caso in cui la distribuzione del saldo attivo si verifica in data anteriore a quella di decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione.
In tal caso, l'art. 4, comma 3, del d.m. n. 86/2002, deroga espressamente al principio del differimento degli effetti fiscali e prevede che i maggiori valori attribuiti ai beni si considerano fiscalmente riconosciuti "dalla stessa data".

La circolare chiarisce che tale ultima locuzione "deve essere interpretata nel senso che i maggiori valori sono riconosciuti fiscalmente a partire dall'inizio del periodo d'imposta nel quale il saldo attivo distribuito ha concorso al reddito".
Nel caso di distribuzione solo parziale del saldo attivo, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori opera fino a concorrenza dell'importo distribuito ai soci e la società dovrà indicare i beni ai quali intende attribuire tali maggiori valori.
L'utilizzo del saldo attivo a copertura delle perdite, invece non ha alcuna conseguenza ai fini della rivalutazione, anche se avviene prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione.

Memorizzazione dell'imposta sostitutiva nei canestri
L'art. 3, comma 3, della legge n. 448/2001 ha previsto che l'imposta sostitutiva liquidata deve essere memorizzata nei "canestri" ai sensi dell'art. 105, commi 2 e 3, del TUIR.
Come visto, nei casi di distribuzione del saldo attivo e di dismissione dei beni rivalutati prima della decorrenza degli effetti fiscali della rivalutazione, il d.m. n. 86/2002 prevede che al soggetto che ha effettuato la rivalutazione spetta un credito d'imposta pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile al saldo attivo distribuito o ai maggiori valori attributi ai beni dismessi.
In tali casi è previsto anche che il credito d'imposta riconosciuto deve essere computato in riduzione dell'imposta sostitutiva già memorizzata nei canestri.
La circolare affronta il problema dell'eventuale incapienza, in tutto o in parte, dei canestri al momento della riduzione. In tale ipotesi occorrerà tenere memoria dell'imposta sostitutiva che non ha trovato capienza nei canestri, al fine di computarla in diminuzione delle imposte che dovranno essere memorizzate nei canestri successivamente.
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