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Normativa e prassi

Scissione parziale “asimmetrica”:
quando non c’è abuso del diritto

Si tratta di un’operazione legittima se fisiologicamente rientra nell’ambito della riorganizzazione di due società ed è sostenuta da valide ragioni extrafiscali non marginali

Non configura un’ipotesi di abuso del diritto la scissione parziale non proporzionale asimmetrica effettuata da due società, operanti nell’ambito della gestione di immobili, finalizzata esclusivamente alla riorganizzazione delle due compagini e volta a consentire ai due gruppi familiari titolari del capitale sociale di continuare la gestione commerciale già di propria pertinenza e di godere del vantaggio patrimoniale e finanziario derivante dalla proprietà e gestione di immobili dati in locazione. È questa, in sintesi, la conclusione a cui è giunta l’Agenzia delle entrate nella risposta n. 68/2018 fornita a seguito della presentazione di un’istanza di interpello.
 
Il quesito
La richiesta di parere è finalizzata a ottenere il parere dell’Agenzia delle entrate sulla compatibilità di un’operazione di scissione parziale asimmetrica realizzata tra due società (il cui capitale è posseduto da due distinti gruppi familiari) operanti nel settore della gestione di immobili (sia a vocazione abitativa sia commerciali).
In tal modo, sottolinea l’istante, si vogliono rendere più razionali le gestioni immobiliari e commerciali delle due società, superando le sovrapposizioni di proprietà e ottimizzando i flussi di cassa.
Nel descrivere in concreto l’operazione che si intende realizzare, la società interpellante precisa che non sono previste operazioni di alcun genere grazie alle quali i soci delle due società possano da queste ottenere finanziamenti o garanzie. Peraltro, non sussiste in capo ai soci delle due società alcuna intenzione di cedere le proprie partecipazioni né ad altri soci né a terzi.
Inoltre, la scissione avverrà ai valori contabili in regime di neutralità fiscale, di modo che la tassazione sui plusvalori dei diversi beni resti latente in capo a entrambe e dunque sia rinviata al successivo realizzo.
Per tali ragioni, l’istante ritiene che l’operazione non rappresenti una fattispecie di abuso del diritto in quanto sostenuta da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che non sono dirette ad aggirare obblighi o divieti tributari, né a ottenere indebite riduzioni di imposte.
 
La risposta
L’Agenzia delle entrate, sulla base degli elementi e dei documenti prodotti dalla società istante, ritiene che l’operazione descritta non configuri un’operazione abusiva, non consentendo la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito. Infatti, rileva l’Amministrazione, in base alle dichiarazioni e alle affermazioni dell’istante, nonché all’analisi del contenuto dell’istanza di interpello e della documentazione integrativa, si può ritenere che la scissione prospettata non si è in contrasto con la ratio di disposizioni fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.
Quella in esame appare un’operazione fisiologica nell’ambito della riorganizzazione delle due società, volta a consentire a ciascun gruppo familiare di continuare la gestione commerciale già di propria pertinenza e di godere del vantaggio patrimoniale e finanziario derivante dalla proprietà e gestione di immobili dati in locazione. 
 
Riferimenti normativi
Articolo 10-bis, legge 212/2000 (Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale)
Articolo 173, Tuir (Scissione di società)
Articolo 2506-bis, codice civile (Progetto di scissione)
Articolo 4, comma 1, lettera b, Tariffa Parte prima, allegata al Dpr 131/1986
Articolo 2, comma 3, e articolo 19-bis2, comma 7, Dpr 633/1972.
 
Prassi
Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016 (Commento alla revisione della disciplina degli interpelli).
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