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Normativa e prassi

Spese di migliorie su beni di terzi:
sì alla rettifica della detrazione Iva

Sollecitata da un’istanza di interpello, l’Agenzia ritiene corretto il comportamento tenuto da una società in relazione agli interventi aventi carattere di manutenzione straordinaria

Mani su una calcolatrice

In base alla disciplina europea e nazionale, con riguardo alle spese di migliorie per interventi di manutenzione straordinaria effettuati su immobili di terzi, in caso di retrocessione dell’usufrutto, è corretta la rettifica della detrazione dell’Iva. Si tratta, infatti, di spese che vanno considerate relative a beni ammortizzabili.
È questa, in sintesi, la soluzione prospettata dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 131/2019.

 
Quesito
A rivolgersi all’Amministrazione è una società che gestisce alcuni immobili, in parte ricevuti in usufrutto dalla fondazione da cui è controllata e in parte di sua proprietà.
A seguito della concessione dell’usufrutto, l’istante ha locato a terzi gli immobili, riscuotendo un canone su cui è stata applicata l’Iva (locazioni imponibili).
Nel corso degli anni, l’interpellante ha effettuato sugli immobili in usufrutto lavori di manutenzione straordinaria e migliorie funzionali all’attività di locazione. Queste spese sono state capitalizzate tra le immobilizzazioni immateriali alla voce “migliorie su beni di terzi”. L’Iva pagata sui lavori è stata portata integralmente in detrazione in quanto riconducibile a locazioni imponibili.
Nel dicembre del 2015, l’istante ha ceduto il diritto di usufrutto alla fondazione e ha cancellato la voce dell’attivo immobilizzato “migliorie su beni di terzi” mediante imputazione a conto economico dell’insussistenza passiva. Inoltre, ha rettificato l’Iva detratta sulle spese di migliorie. La rettifica è stata indicata nella dichiarazione Iva relativa al periodo d’imposta 2015.
La società istante, tuttavia, pensa di aver erroneamente rettificato l’Iva e, di conseguenza, ritiene corretto effettuarne il recupero, presentando una dichiarazione integrativa. Tale conclusione, secondo l’interpellante, trova fondamento nella disposizione del decreto Iva che estende gli obblighi di rettifica della detrazione Iva soltanto alle immobilizzazioni immateriali e non agli oneri pluriennali (quali le migliorie su beni di terzi) nel cui novero avrebbero dovuto essere classificate le spese in esame.
L’istante, quindi, ha interpellato l’Agenzia per sapere qual è il comportamento corretto da tenere.
 
Risposta
Nell’articolare il proprio parere, l’Amministrazione sottolinea, innanzitutto, la necessità di fare riferimento alla normativa europea, come interpretata dalla Corte di giustizia, e, a tal proposito, ricorda che la rettifica della detrazione Iva, disciplinata dagli articoli 184 e seguenti della direttiva 2006/112/Ce, secondo il costante orientamento dalla giurisprudenza comunitaria, “è parte integrante del sistema di detrazione dell’Iva”; meccanismo, quest’ultimo, diretto ad assicurare la neutralità dell’imposta.
Per quanto riguarda la nascita di un eventuale obbligo di rettifica della detrazione, la direttiva (articolo 185, paragrafo 1) stabilisce la regola secondo la quale la rettifica deve essere operata, in particolare, quando, dopo la dichiarazione, sono intervenuti dei mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione.
Queste variazioni sono probabili soprattutto nel caso dei beni d’investimento, spesso utilizzati per un certo numero di anni, nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui sono destinati. La direttiva, peraltro, individua un periodo minimo di cinque anni per la rettifica della detrazione che, per i beni d’investimento, può essere prolungato dagli Stati membri fino a venti anni.
 
Sulla base di quanto previsto dalla disciplina europea, il decreto Iva (articolo 19-bis2, Dpr 633/1972) prevede la rettifica (in aumento o in diminuzione) della detrazione inizialmente operata:
- per i beni non ammortizzabili e i servizi utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata (ai fini di tale rettifica si tiene conto esclusivamente della prima utilizzazione dei beni e dei servizi (comma 1)
- per i beni ammortizzabili, in rapporto al diverso utilizzo che si verifica nell’anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi ed è calcolata con riferimento a tanti quinti dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio (comma 2).
 
Per i beni immobili, la stessa disposizione (comma 8, secondo periodo) prevede che, ai fini della rettifica della detrazione, “i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili e il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”.
La rettifica della detrazione riguarda i fabbricati o porzioni di fabbricati acquistati od oggetto di un diritto reale di godimento (ad esempio, come nel caso descritto nell’istanza, l’usufrutto).
 
Peraltro, prosegue l’Agenzia, è utile richiamare i principi costantemente affermati, a livello di prassi, riguardo ai beni immobili estromessi dall’impresa per i quali l’imposta non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione e recupero per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (cfr circolare n. 40/2002; risoluzione n. 194/2002). In questi casi, il contribuente, in relazione all’imposta relativa a tali spese, deve operare la rettifica della detrazione, qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione.
 
In conclusione, quindi, secondo l’Agenzia appare corretto che la società abbia effettuato la rettifica della detrazione relativa all’Iva assolta per le spese di migliorie aventi carattere di “manutenzione straordinaria”: si tratta, infatti, di spese che, ai fini della disciplina della rettifica della detrazione, vanno considerate relative a beni ammortizzabili e, come tali, soggette alla stessa disciplina applicabile ai beni ammortizzabili di cui incrementano il valore. Per tali spese, inoltre, l’interpellante correttamente ha considerato il “dies a quo” del periodo decennale di osservazione fiscale coincidente con quello dell’ultimazione della manutenzione straordinaria del bene immobile.
Rispetto al caso in esame, non assume alcun rilievo il comma 8, primo periodo, dell’articolo 19-bis2, del decreto Iva, che, nel prevedere l’applicabilità delle disposizioni normative relative ai beni ammortizzabili anche ai beni immateriali (ad esempio, opere dell’ingegno, diritti di brevetto) si riferisce a quelle ipotesi, diverse dal caso concreto, che, ai fini Iva, integrano servizi a utilità pluriennale che hanno caratteristiche analoghe a quelle normalmente attribuite ai beni ammortizzabili.

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