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Normativa e prassi

Titoli di magazzino a doppio binario:
lo spartiacque è il 1° gennaio 2016

Disciplina fiscale previgente, per quelli acquisiti prima e posseduti ancora negli esercizi successivi; criterio del costo ammortizzato, invece, per quelli acquisiti dopo tale data

Il nuovo criterio del costo ammortizzato, utilizzato per la valutazione dei titoli di magazzino, assume rilevanza fiscale solo per i titoli acquisiti a partire dal 1° gennaio 2016, poiché per quelli acquisiti prima continuano ad applicarsi le regole fiscali previgenti.
Ne deriva la necessità di gestire due regole fiscali differenti e di imputare le vendite dei titoli effettuate a partire dal 2016 in modo proporzionale ai titoli acquisiti ante e post 2016.
A queste conclusioni è giunta la risoluzione 10/E del 29 gennaio 2018, che ha analizzato il caso di una società che utilizza i criteri civilistici nella redazione del bilancio d’esercizio e chiede come valutare fiscalmente i titoli di debito che, contabilmente, sono valutati con il nuovo criterio del costo ammortizzato.
 
Il dubbio interpretativo nasce dal fatto che la società utilizza, per tutti i titoli, il nuovo criterio contabile del costo ammortizzato, mentre da un punto di vista fiscale l’applicazione del nuovo criterio anche ai titoli acquisiti prima del 2016 determinerebbe fenomeni di tassazione anomala, intesi come salti o duplicazioni d’imposta.
Il criterio del costo ammortizzato, infatti, introdotto con il Dlgs 139/2015, implica che i costi di transazione, e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza del titolo, sono considerati interessi e ripartiti lungo la durata attesa del titolo con logiche finanziarie.
Il precedente criterio del costo, invece, considerava i suddetti costi – e la ricordata differenza – secondo la loro natura, contabilizzandoli lungo la vita utile del rapporto di finanziamento.
 
In tale contesto, le norme fiscali “gestiscono” i due differenti criteri con l’articolo 13-bis del Dl 244/2016, che, da un lato, recepisce la rappresentazione di bilancio del costo ammortizzato e dall’altro prevede che gli effetti reddituali e patrimoniali delle operazioni, già avviate e che si protraggono per i periodi d’imposta successivi alla prima adozione delle nuove regole contabili, dovranno essere assoggettate alla disciplina fiscale previgente.
La risoluzione in esame chiarisce, al riguardo, che, pur essendo valutati contabilmente con un unico criterio contabile (costo ammortizzato), ai fini fiscali occorre:
  1. applicare le precedenti regole fiscali ai titoli acquisiti prima del 2016
  2. recepire la rappresentazione di bilancio del costo ammortizzato per i titoli acquisiti dal 2016 in poi.
Questa soluzione ha il pregio di evitare una tassazione anomala delle componenti reddituali dei titoli che hanno già avuto rilevanza fiscale nei periodi d’imposta precedenti al 2016, in ragione della differente rilevazione contabile.
Ciò si verificherebbe, in particolare, sulle componenti che determinano una differenza tra il prezzo di acquisto e il valore di rimborso dei titoli obbligazionari che hanno assunto rilevanza fiscale nei periodi precedenti al 2016 lungo la durata dei titoli obbligazionari (così come ripartiti contabilmente) e che continuano a essere fiscalmente rilevanti dal 2016, poiché ricompresi nel criterio del costo ammortizzato.
 
La risoluzione chiarisce, inoltre, come imputare le operazioni di vendita effettuate dal 2016 dei titoli che possiedono le medesime caratteristiche.
In presenza di due differenti regimi fiscali, infatti, occorre stabilire se le vendite effettuate dal 2016 riducono il magazzino titoli assoggettato alle precedenti regole (ossia quello ante 2016) ovvero quello assoggettato al nuovo criterio del costo ammortizzato.
Per i titoli fungibili aventi le stesse caratteristiche, infatti, non si procede analiticamente a collegare la vendita con l’acquisto.
 
In tale contesto, la risoluzione in commento individua nel criterio proporzionale l’attribuzione delle vendite ai due magazzini dei titoli.
In sostanza, occorre attribuire la vendita dei titoli, in ciascun periodo d’imposta, in base al rapporto tra l’ammontare dei titoli giacenti in ciascun dei due “magazzini fiscali” e l’ammontare complessivo dei medesimi titoli posseduti dalla società.
Si tratta di una soluzione che ha il pregio di evitare una scelta arbitraria e che è coerente con quanto affermato in passato in relazione a fattispecie nelle quali, in assenza di un criterio normativo, occorreva individuare in via interpretativa un criterio fiscale.
Si pensi, in particolare, alla risoluzione 127/2006 sul riallineamento dei valori fiscali dei fondi accantonamento, alla risoluzione 55/2004 sulla determinazione del valore minimo delle partecipazioni e alla risoluzione 232/2003 sulla deducibilità delle prestazioni previdenziali erogate dal datore di lavoro.
 
Un esempio pratico
Una società possiede 100 titoli obbligazionari aventi le medesime caratteristiche, di cui 60 acquisiti nel 2016 e 40 acquisiti in periodi precedenti al 2016. A fine 2016, la società effettua una vendita dei predetti titoli per una quantità pari a 10.
In tal caso, l’applicazione del criterio proporzionale determina che la vendita è attribuita come segue:
  1. per una quantità pari a 4 (40:100 = 40% x 10) ai titoli acquisiti prima del 2016 che, quindi, dopo la cessione risulteranno pari a 36 (40 - 4) – a questi titoli si applica la disciplina fiscale previgente al 2016 caratterizzata dal criterio del costo
  2. per una quantità pari a 6 (60:100 = 60% x 10) ai titoli acquisiti nel 2016 che, quindi, dopo la cessione risulteranno pari a 54 (60 – 6) – per questi titoli assume rilevanza la nuova disciplina fiscale che recepisce il criterio contabile del costo ammortizzato.
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