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Normativa e prassi

Trasporti locali in emergenza Covid:
niente Iva sui contributi ricevuti

Anche se versati dagli enti locali sono fuori dal campo dell’imposta, in quanto ristori fissati per legge, non relativi a un rapporto contrattuale e senza alcuna discrezionalità da parte dell’erogatore

trasporto

I “contributi in conto gestione”, erogati dalle Regioni e dalle Province autonome, previsti dal decreto “Rilancio” (articolo 200, comma 1, Dl n. 34/2020), a titolo di ristoro dei mancati ricavi realizzati, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, dagli operatori del trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri, sottoposti a obbligo di servizio pubblico, sono fuori campo applicazione dell’Iva, in quanto anticipati sulla base di specifici criteri senza alcuna discrezionalità da parte dell’ente erogatore, delegato dal soggetto pubblico e non operante quale parte contrattuale.

Questi i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 22/E del 31 marzo 2021.

La norma ha previsto, per lo scopo, l’istituzione presso il Mit di un fondo “destinato a compensare la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 23 febbraio 2020 al …[omissis]… rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio”, la cui ripartizione è disciplinata dal decreto interministeriale Mit-Mef n. 340/2020,

Gli enti territoriali, stabilisce il provvedimento, hanno il compito di anticipare il pagamento degli indennizzi alle imprese di trasporto pubblico locale beneficiarie della misura, sulla base delle risorse stanziate sul fondo, ripartite tra le diverse Regioni e Province autonome, tenendo conto dei ricavi da traffico, risultanti, per ciascun ente, dalla banca dati dell’Osservatorio sulle politiche del trasporto pubblico locale. L’importo del contributo, maggiorato dal decreto “Agosto” (articolo 44, Dl n. 104/2020), è stato inoltre esteso, nel limite di spesa di 300 milioni di euro, anche per il finanziamento dei servizi aggiuntivi relativi al trasporto pubblico locale e regionale degli studenti, necessari in attuazione delle misure adottate con lo scopo di arginare la pandemia in corso.

Per districare la problematica relativa al corretto trattamento Iva di tali contributi, l’Agenzia mette in chiaro il rapporto giuridico tra la Pubblica amministrazione che versa il ristoro in denaro e il soggetto ricevente, i relativi meccanismi d’interrelazione e gli accordi che li regolano, distinguendo le erogazioni qualificabili come “contributi” dai “corrispettivi” connessi a prestazioni di servizi o cessioni di beni. Soltanto i secondi, infatti, sono soggetti a tassazione Iva. I contributi in senso stretto, invece, sono esclusi dal campo dell’imposta, in quanto mere movimentazioni di denaro.
Con la circolare n. 34/2013, l’Agenzia delle entrate ha precisato, in estrema sintesi, che i contributi erogati dalla Pa a soggetti, pubblici o privati, rientrano in campo Iva quando costituiscono il compenso per un servizio effettuato o per un bene ceduto, viceversa non sono soggetti all’imposta quando chi riceve il contributo non è obbligato a rendere alcuna controprestazione (vedi articolo “Somme erogate dalla PA e Iva: conta la natura della prestazione”).
La natura della somma erogata va individuata, in primo luogo, in base a norme di legge, specifiche o generali, o comunitarie. Di conseguenza, spiega la circolare n. 20/2015, la classificazione di una erogazione va ricercata nella legge che l’ha istituita. Tra i criteri utili per una corretta interpretazione rilevano il fatto che la somma sia assegnata “in esecuzione di norme che prevedono l’erogazione di benefici al verificarsi di presupposti predefiniti” e che la disposizione istitutiva individui “in modo diretto o indiretto i beneficiari delle somme (che possono svolgere anche una attività commerciale, in via esclusiva o meno)” o definisca “l’erogazione come aiuto o come agevolazione”.  Diversamente, se non è possibile riscontrare nella legge elementi che chiaramente qualificano l’erogazione specifica nel senso di contributo o corrispettivo, si dovrà fare ricorso ai criteri suppletivi individuati dalla circolare n. 34/E, secondo l’ordine gerarchico (acquisizione da parte dell’ente erogante dei risultati dell’attività finanziata, previsione di una clausola risolutiva espressa o di risarcimento del danno da inadempimento, presenza di una responsabilità contrattuale).

Tornando al caso in esame, l’Agenzia ricorda che i ristori oggetto dell’interpello sono assegnati a parziale compensazione delle perdite economiche e finanziare subite dal settore del trasporto pubblico locale a causa del Coronavirus e del conseguente calo di viaggiatori.
È lo stesso articolo 200 del decreto “Rilancio”, che ha introdotto il beneficio, a definire la natura dell’agevolazione quale erogazione finalizzata a sostenere il settore attraverso contributi pubblici a fondo perduto, connessi alla situazione eccezionale e non di tipo strutturale. La norma istitutiva, inoltre, specifica che lo scopo è attenuare gli effetti negativi dell’emergenza sanitaria e rinvia a un successivo decreto le modalità per il concreto riconoscimento del contributo.

L’Agenzia continua la sua analisi ed evidenza che le somme attribuite costituiscono, sotto il profilo tecnico, un “contributo in conto gestione” (articolo 3 del decreto interministeriale n. 340/2020) quantificato dalla norma stessa visto che alle imprese beneficiarie non sono richiesti, per il suo riconoscimento, adempimenti aggiuntivi, se non la trasmissione all’Osservatorio per le politiche del trasporto pubblico dei dati economici, entro il 31 luglio 2021, informazione necessaria esclusivamente per effettuare la ripartizione delle risorse disponibili.
Le società non devono formalmente richiedere il beneficio e gli enti territoriali assegnano ed erogano l’indennizzo sulla base dei fondi stanziati (attraverso decreti del Mit di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze) senza alcuna discrezionalità sulla spettanza della somma e sul suo ammontare.
È competenza del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti gestire l’istruttoria, verificare le perdite subite e quantificare l’entità del ristoro da assegnare alle singole imprese.

In conclusione, il sostegno finanziario riconosciuto alle imprese di trasporto pubblico locale per il calo dei ricavi conseguente all’emergenza sanitaria, è assegnato, per legge, sulla base di specifici criteri fissati dal decreto n. 340/2020, senza alcun intervento discrezionale da parte dell’ente territoriale che lo eroga e rientra, quindi, tra i contributi pubblici, fuori campo Iva, secondo i chiarimenti forniti con la più volte richiamata circolare n. 34/2013.

L’Agenzia osserva, inoltre, che la coincidenza dei destinatari del beneficio con soggetti che hanno con l’ente territoriale un contratto per l’erogazione di un servizio pubblico, non trasforma il contributo in compenso per servizi forniti nell’ambito di un rapporto giuridico di natura contrattuale. Le Regioni e le Province autonome che “anticipano” la somma, infatti, sono soltanto dei “delegati” al pagamento, incaricati da un soggetto pubblico identificato dalla norma e l’erogazione non assume connotato di “corrispettivo” in quanto non prevede obblighi da parte del destinatario.

Tuttavia l’Agenzia precisa che l’irrilevanza ai fini Iva riguarda esclusivamente i contributi erogati in assenza di “servizi aggiuntivi”. Il ragionamento cambia per le prestazioni di diversa natura a cui è riservata una quota del fondo che potrà essere utilizzata “anche per il finanziamento di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale…”.

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