Il medico che oltre alla propria attività professionale ricopre l’incarico di consigliere di amministrazione presso una clinica sanitaria può usufruire del regime di vantaggio solo nel caso in cui l’ammontare complessivo dei redditi percepiti per entrambi i ruoli non superi la soglia di 65mila euro annui, come previsto dallo speciale regime agevolativo. È questa, in sintesi, la risposta dell’Agenzia all’interpello n. 202/2019.
Quesito
A chiedere il chiarimento è un chirurgo che ricopre, dietro compenso, l’incarico di consigliere di amministrazione presso la clinica privata dove svolge in misura prevalente la sua attività professionale. Il medico dichiara che il compenso percepito come amministratore è un reddito da lavoro dipendente e che il volume del suo fatturato per l’attività di libero professionista si attesta sotto il tetto dei 65mila euro fissato per usufruire del regime forfetario.
L’istante chiede se può applicare il sistema agevolativo alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2019 e, in particolare, dall’articolo 1, comma 57, lettera d-bis), in base al quale non possono applicare il forfetario le persone fisiche che svolgono la propria attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano in corso nei due precedenti periodi d’imposta, o sono a questi riconducibili. Il chirurgo ritiene che il motivo ostativo non debba applicarsi e che l'applicazione del regime fiscale agevolato non vada a sostituire un rapporto di lavoro dipendente o assimilato ma risulti in continuità con la prestazione professionale svolta negli anni precedenti.
Il parere dell’Agenzia
L’Agenzia ricorda innanzitutto che il regime forfetario, introdotto dalla legge 190/2014 (articolo 1, commi da 54 a 89), è a favore di contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in forma individuale in possesso di determinati requisiti e che la legge di bilancio 2019 ha ampliato la platea dei possibili fruitori del sistema (articolo 1, commi da 9 a 11, legge n. 145/2018).
In particolare, come stabilisce l’articolo 1, comma 54, della legge n. 190/2014, possono usufruire di tale regime i professionisti che nell’anno precedente non hanno ricevuto compensi superiori a 65mila euro e che non incorrono in una delle ipotesi ostative previste dal successivo comma 57.
Tornando al quesito, l’Agenzia afferma che i compensi corrisposti al chirurgo per l’attività di consigliere di amministrazione possono essere assimilati a quelli di lavoro autonomo e non di lavoro dipendente, condizione, quest’ultima, che impedisce l’applicazione del regime forfetario.
La risposta all'istanza, a tal proposito, richiama la circolare n. 105/2001 dell'Agenzia, con la quale si precisava che l’attrazione dei compensi, come quelli oggetto dell’interpello in esame, alla categoria dei redditi di lavoro autonomo (articolo 53 Tuir) opera, tra l'altro, nel caso in cui l’incarico di amministratore di una società o di un ente sia evidentemente connesso alla sua attività professionale abituale, ipotesi che le Entrate ritrovano nel caso in osservazione. Pertanto, il medico che sia anche membro del consiglio di amministrazione della struttura sanitaria percepisce un ammontare di compensi da ricondurre nell'ambito delle mansioni professionali tipiche abituali e da intendersi come redditi di lavoro autonomo.
Di conseguenza, le somme maturate dall’istante nella sua qualità di chirurgo e di consigliere di amministrazione presso una clinica privata si considerano redditi di lavoro autonomo e se superiori a 65mila euro non consentono l'applicazione del regime forfetario.
Tutto autonomo il reddito del medico
e amministratore della clinica
L’incarico di consigliere svolto nella struttura sanitaria è considerato strettamente connesso all’attività professionale e quindi vincolante per l’ammissione del regime forfetario
