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Normativa e prassi

Uso promiscuo del telefonino:
da tassare i rimborsi al dipendente

Si applica il principio di onnicomprensività, secondo cui tutte le somme e i valori, a qualunque titolo percepiti durante il periodo d’imposta, costituiscono reddito imponibile

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 74/E del 20 giugno 2017, rispondendo a un’istanza di interpello, fornisce un interessante chiarimento in materia di trattamento fiscale delle spese rimborsate dal datore di lavoro in relazione all’utilizzo, da parte del dipendente, del telefono cellulare per finalità sia aziendali sia private.
 
Il quesito
L’istanza di interpello è stata presentata da una società che, per finalità aziendali, mette a disposizione dei propri dipendenti telefoni cellulari. I dipendenti sono altresì autorizzati all’uso privato dei telefoni aziendali con addebito a loro carico dei relativi costi (in questi casi, la telefonata deve essere preceduta da un prefisso identificativo necessario per quantificare il traffico privato).
I telefoni forniti dalla società, però, sono assoggettati a stringenti misure di sicurezza, il che impedisce l’accesso a molte funzioni, limitandone quindi l’uso. Di conseguenza, i dipendenti sono in possesso di due telefoni: uno aziendale e uno diverso (non sottoposto a limitazioni d’uso).
 
La società istante, per ragioni di efficienza e di riduzione dei costi, vorrebbe introdurre una nuova e diversa modalità di gestione del servizio di telefonia aziendale (alternativa a quella adottata finora), consentendo ai dipendenti di disporre di un solo apparecchio utilizzabile sia per finalità aziendali sia per finalità private e non sottoposto a limitazioni tecniche di sorta.
Più specificamente, il progetto ipotizzato dalla società prevede, per i lavoratori che ne facciano richiesta, la possibilità di acquistare il telefono, sottoscrivendo personalmente il contratto di fornitura del servizio con l’operatore scelto. In ogni caso, il telefono continuerebbe a essere usato promiscuamente, ma tutte le spese d’uso (traffico, canone, tassa di concessione governativa e Iva) sarebbero sostenute dai dipendenti. Il progetto, peraltro, prevede, a favore dei dipendenti, il rimborso forfettario del 50% delle spese stesse.
 
La società chiede all’Agenzia delle Entrate di chiarire quale sia il corretto trattamento fiscale da riservare alle somme rimborsate ai dipendenti in relazione all’uso aziendale dei telefoni.
L’istante ritiene che il rimborso debba essere escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, in quanto relativo a costi necessari per lo svolgimento della prestazione lavorativa.
 
Il parere dell’Agenzia delle Entrate
L’amministrazione disattende la soluzione interpretativa prospettata dalla società, ritendendo che il rimborso forfettario nella misura del 50% dei costi sostenuti dai propri dipendenti per l’utilizzo del telefono cellulare debba concorrere alla determinazione del loro reddito.
Il punto di partenza del ragionamento dell’Agenzia è rappresentato dal principio di onnicomprensività, in base al quale “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito imponibile per il dipendente (articolo 51, comma, 1, Tuir).
Pertanto, ricadono nel campo di applicazione del principio anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese, fatto salvo quanto previsto per le trasferte e i trasferimenti (commi 5 e seguenti, articolo 51, Tuir).
 
In materia di rilevanza reddituale dei rimborsi spese, l’amministrazione ricorda che, in linea generale, “possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa” (cfr circolare min. Finanze n. 326/1997).
Inoltre, l’Agenzia precisa che, in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate dal datore in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui tale criterio sia stato previsto dal legislatore. Viceversa, qualora il legislatore non abbia indicato nessun criterio forfetario, “i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente”.
 
Al contrario, nel caso di specie, non solo manca qualsiasi indicazione del legislatore, ma si registra anche l’assenza di elementi certi e oggettivi (ad esempio, numero e/o durata delle telefonate) sulla base dei quali quantificare i costi sostenuti dal lavoratore nell’esclusivo interesse del datore.
Peraltro, “il collegamento tra l’uso del cellulare e l’interesse del datore di lavoro è dubbio in quanto il contratto relativo al servizio di telefonia e traffico dati è stipulato dal dipendente con il gestore da lui scelto e non dal datore di lavoro che, limitandosi a concorrere al sostenimento dei costi, rimarrebbe estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore telefonico”.
 
La conclusione, quindi, è che, nel caso di specie, il rimborso spese non può essere escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente.
In altre parole, nell’ambito della nuova modalità di fruizione del servizio di telefonia mobile previsto dal progetto illustrato dalla società, le somme, che i lavoratori riceverebbero a titolo di rimborso forfettario (nella misura del 50%) delle spese sostenute per l’uso dei telefoni cellulari, costituiscono reddito di lavoro dipendente e devono conseguentemente essere sottoposte a tassazione.
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