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Normativa e prassi

Vendita con riserva della proprietà:
niente integrativa se c’è risoluzione

Il periodo d’imposta in cui un componente positivo concorre alla formazione del reddito è quello della conclusione del negozio e non quello in cui si ha l’effetto traslativo

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In caso di risoluzione della compravendita con riserva di proprietà di un complesso aziendale per inadempimento del cessionario, il venditore reimmesso nel possesso dell’azienda non deve presentare una dichiarazione integrativa a favore per portare in diminuzione la plusvalenza venuta meno a causa del mancato incasso del prezzo stabilito. Inoltre, ai fini fiscali, l’ammortamento dei beni facenti parte del complesso aziendale (rientrati nella titolarità e nel possesso del venditore) deve iniziare ex novo.
Sono queste, in sintesi, le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia nella risposta n. 92/2019.
 
Quesito
L’istanza di interpello è stata presentata da una società che, dopo la risoluzione di un contratto di compravendita con riserva di proprietà di un’azienda commerciale per inadempimento della controparte, è stata reimmessa nel possesso del complesso aziendale e ha riaperto la partita Iva.

La società specifica che:

  • nel 2017 ha presentato la dichiarazione dei redditi, indicando nel rigo RG6 una plusvalenza che, a sua volta, ha prodotto riflessi sulla fiscalità e sui modelli dichiarativi dei soci
  • dopo la risoluzione del contratto, avvenuto a causa dell’inadempimento contrattuale del compratore, si è avuto il mancato incasso del prezzo stabilito, per effetto del quale la plusvalenza è venuta meno.

Alla luce di queste circostanze, l’interpellante si è rivolta all’Agenzia per sapere se:

  • possa presentare una dichiarazione integrativa a favore relativa al periodo d’imposta 2016 per portare in diminuzione la plusvalenza e ridurre la base imponibile del reddito d’impresa societario, con i dovuti riflessi sulle dichiarazioni dei redditi dei soci
  • possa riprendere il piano di ammortamento.

Risposta
L’Agenzia, innanzitutto, ricorda che, con riferimento al soggetto che cede un bene con riserva di proprietà, il Tuir individua come periodo d’imposta nel quale il componente positivo concorre alla formazione del reddito quello in cui avviene la conclusione del negozio e non il verificarsi dell’effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia (articolo 109, comma 2, circolare n. 41/2002, paragrafo 6 e risoluzione n. 91/2016).
Mediante tale disposizione, il legislatore ha voluto evitare possibili iniziative dei contribuenti finalizzate a rilevare il componente positivo emergente dall’operazione solo al momento del successivo trasferimento formale della proprietà (risoluzione n. 338/2008).
 
Alla luce della normativa e della prassi richiamate, l’Agenzia, con riguardo al caso sottoposto alla sua attenzione, ritiene che la società istante non debba presentare alcuna dichiarazione integrativa a favore con riferimento al periodo d’imposta 2016, poiché il componente positivo di reddito imputato nel periodo concorre, anche in presenza di una clausola di riserva della proprietà, alla formazione del reddito imponibile di quel periodo.
 
La risoluzione del contratto per inadempimento (l’acquirente non ha pagato l’importo a saldo pattuito) produce un nuovo evento rilevante ai fini fiscali, consistente nel ritrasferimento dell’azienda. Pertanto, nel momento della riconsegna del complesso, la società interpellante:

  • vedrà riattribuirsi l’azienda a un valore pari al valore normale dei beni che la compongono
  • dovrà stornare il valore residuo del credito derivante dalla cessione per un importo pari al valore dell’azienda riconsegnata.

Nel caso in cui il valore dell’azienda sia inferiore al valore residuo del credito, la differenza rappresenterà una perdita su crediti, deducibile ai fini Ires (articolo 101, comma 5, Tuir). Di contro, se il valore dell’azienda dovesse risultare superiore al valore residuo del credito, emergerà una sopravvenienza attiva, che concorrerà alla formazione della base imponibile Ires (articolo 88, Tuir).
 
Per quanto riguarda il secondo quesito, l’Agenzia ritiene che il procedimento di ammortamento dei beni facenti parte del complesso aziendale (rientrati nella titolarità e nel possesso della società interpellante), ai fini fiscali, debba iniziare ex novo. A seguito del nuovo evento realizzativo relativo al periodo d’imposta in cui si determina il ritrasferimento, la società istante vedrà attribuirsi l’azienda a un valore pari al valore normale dei beni che la compongono. Questi valori rappresentano il costo fiscale dei singoli beni dell’impresa, cui commisurare gli ammortamenti in base ai coefficienti stabiliti dal Dm 31 dicembre 1988.

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